Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 02 novembre 2017, n. 26098

Pubblico impiego - Docenza - Supplenza temporanea - Pagamento della retribuzione nei mesi estivi - Documentazione prodotta non idonea

 

Rilevato

 

che la Corte di Appello di Milano, in riforma della sentenza del locale Tribunale che aveva accolto il ricorso, ha respinto la domanda proposta nei confronti del Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca da P.M., insegnante in quiescenza, la quale aveva chiesto il riconoscimento ad ogni effetto della supplenza temporanea, asseritamente prestata per complessivi mesi 2 e giorni 18 nel periodo settembre/dicembre 1972 presso la scuola speciale statale "Treves" di via (...) di Milano, plesso distaccato di via (...); che la Corte territoriale ha ritenuto non provati i fatti posti a fondamento della domanda ed ha rilevato che la documentazione prodotta non era idonea a dimostrare che il servizio fosse stato reso anche nel periodo settembre/dicembre 1972 e che non poteva, a tal fine, essere ritenuto determinante il pagamento della retribuzione per i mesi estivi, in quanto spettante, non solo ai supplenti che avessero prestato servizio per almeno sette mesi, ma anche a coloro che nell'arco temporale febbraio/giugno avessero lavorato in modo continuativo; che avverso tale sentenza P.M. ha proposto ricorso affidato ad un unico motivo, illustrato da memoria ex art. 380 bis 1 cod. proc. civ., al quale il MIUR ha resistito con tempestivo controricorso.

 

Considerato

 

1. che P.M., dopo avere indicato al punto 1 "il quadro probatorio a disposizione" ed al punto 2 il corretto "... ragionamento deduttivo della sentenza del Tribunale di Milano..", con l'unico motivo di ricorso denuncia "falso apprezzamento dei presupposti di fatto e di diritto - falsa applicazione dell'art. 5 R.d.lgs. n. 539/1946" e censura la decisione impugnata per avere disatteso le diverse e corrette conclusioni alle quali era pervenuto il giudice di prime cure;

1.1. che secondo la ricorrente la Corte territoriale avrebbe errato nel ritenere la documentazione prodotta non idonea a dimostrare i fatti posti a fondamento della domanda, perché doveva essere valorizzato il pagamento della retribuzione nei mesi estivi, possibile solo a fronte di prestazione protrattasi per oltre sette mesi;

1.2. che la M. assume che nella fattispecie, essendo pacifica la non continuità del servizio prestato nell'arco temporale febbraio/giugno, il pagamento della retribuzione poteva essere giustificato solo dall'incarico temporaneo conferito nel periodo settembre/dicembre 1972, del quale l'amministrazione non aveva tenuto conto al momento della ricostruzione della carriera;

2. che il ricorso è inammissibile per plurime ragioni concorrenti;

2.1. che il motivo, infatti, è formulato senza il necessario rispetto dell'onere di specificazione imposto dall' art. 366 n. 6 cod. proc. civ. perché fonda la censura sul contenuto di documenti che non sono trascritti, se non in minima parte, nel corpo del motivo;

2.2. che la ricorrente, nel denunciare l'errata interpretazione e applicazione dell'art. 5 r. d.lgs. n. 539 del 1946, non coglie la ratio della decisione perché la Corte territoriale non ha affermato che la disposizione di legge consentisse il pagamento della retribuzione dei mesi estivi anche in caso di servizio non continuativo, avendo solo rilevato che l'amministrazione aveva ritenuto di non dovere tener conto delle interruzioni, tanto che aveva provveduto a versare i contributi all'INPS per l'intero arco temporale in questione;

2.3. che per il resto il motivo sollecita una diversa valutazione delle risultanze processuali, contrapponendo alla motivazione della sentenza impugnata gli argomenti sui quali il Tribunale aveva fondato l'accoglimento della domanda;

2.4. che il controllo di logicità consentito a questa Corte ex art. 360 n. 5 c.p.c. non equivale alla revisione del ragionamento decisorio, ossia dell'opzione che ha condotto il giudice del merito ad una determinata soluzione della questione esaminata, posto che ciò si tradurrebbe, pur a fronte di un possibile diverso inquadramento degli elementi probatori valutati, in una nuova formulazione del giudizio di fatto (fra le più recenti in tal senso Cass. n. 16526/2016; Cass. n. 91/2014; Cass. n. 5024/2012);

2.5. che la Corte territoriale ha proceduto ad un approfondito esame della documentazione prodotta e con motivazione logica e coerente ha escluso che la prova della diversa durata del servizio prestato potesse essere desunta solo dal pagamento della retribuzione nei mesi estivi ed ha anche risolto la antinomia, ritenuta solo apparente, fra le diverse certificazioni relative alla durata del servizio prestato;

3. che, pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate nella misura indicata in dispositivo;

4. che non sussistono ratione temporis le condizioni di cui all'art. 13 c. 1 quater dPR 115 del 2002

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 2.500,00 per competenze professionali, oltre spese prenotate a debito.