Giurisprudenza - COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE SALERNO - Sentenza 13 febbraio 2017, n, 910

Tributi - Reddito d’impresa - Accertamento analitico induttivo - Presunzione di ricavi non dichiarati - Grave scostamento che indica un comportamento antieconomico - Assenza completa del titolare per detenzione - Causa di forza maggiore - Nullità dell’accertamento

 

Svolgimento del processo

 

(...) presentato e difeso dall’avv. (...) con studio in Nocera Inferiore (SA, Via (...), presso il quale viene eletto domicilio, con ricorso diretto all'Agenzia delle Entrate (...), ha impugnato l'Avviso di Accertamento TF9010901453/2016, notificato in data 25.3.2006, con il quale, relativamente all’anno 2011, è stato rideterminato il reddito d'impresa del ricorrente, ai sensi dell'art. 39, comma 1, lett. d) del DPR 600/73, ricostruito induttivamente.

Con l'atto impugnato, l'Ufficio, sulla base dei dati desunti dalle dichiarazioni, ha rilevato che, dai dati economici reddituali, emergono delle anomalie, quali l'assoluta incoerenza dei redditi dichiarati ( € 2.337,00) rispetto ai ricavi (€ 44.852,00) ed al valore dei beni strumentali impiegati. L'andamento dei risultati reddituali risultano appena sufficienti per le esigenze minime della vita ordinaria della persona, per cui emerge una manifesta antieconomicità dell'attività esercitata (altra attività dei disegnatori grafico-pubblicitari), non giustificata dai dati contabili e dall'andamento gestionale, circostanze che fanno presumere l'esistenza di ricavi non dichiarati. Induttivamente, quindi, viene ricostruito il reddito imponibile, ridefinito in complessivi € 13.349,00.

Il ricorrente impugna l'accertamento, eccependo l'assenza di delega alla firma dell'atto di accertamento (violazione e falsa applicazione art. 42 DPR 600/73), l'omesso invio dell'invito a comparire (violazione e falsa applicazione dell'art. 32 del DPR 600/73), insufficiente motivazione, con riferimento all'esclusivo utilizzo dei dati degli studi di settore, senza il riscontro di ulteriori elementi, la non coerenza e non normalità legata a cause di forza maggiore. Conclude per l'annullamento del provvedimento, con vittoria di spese da attribuire al procuratore antistatario.

L’Ufficio si costituisce con memoria depositata in data 7.12.2016, insistendo sulla legittimità del proprio operato.

Rileva che, nell’accertamento in questione, nessuna norma impone il contraddittorio e che, secondo giurisprudenza costante, la presenza di scritture contabili formalmente corrette non esclude la legittimità dell’accertamento analitico induttivo del reddito d’impresa ai sensi del DPR 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), qualora la contabilità stessa possa considerarsi complessivamente inattendibile in quanto confliggente con i criteri della ragionevolezza, anche sotto il profilo dell’antieconomicità del comportamento del contribuente, essendo in tali casi consentito all’Ufficio dubitare della veridicità delle sexies citato - non prevede espressamente il requisito della gravità dello scostamento. Nella pronuncia, la Cassazione, nell’avallare il comportamento dell’ufficio, riconosce la validità di una ricostruzione reddituale - ex articolo 39 del Dpr 600/1973 - che tragga la propria ragionevolezza dallo scostamento dei dati del contribuente rispetto ad alcuni elementi ritenuti "sintomatici" per l’attività svolta. Quanto sopra costituisce un assunto consolidato nella giurisprudenza di legittimità (cfr Cassazione, sentenza 17038/2002). In sostanza, i giudici di legittimità, in via interpretativa, sono andati oltre la previsione legislativa di riferimento, statuendo che lo strumento standardizzato può essere utilizzato anche solo "parzialmente": l’ufficio non è obbligato a prendere in considerazione tutti i dati emergenti dagli studi di settore, ma basta il riferimento solo ad alcuni di essi, a condizione che siano particolarmente - e oggettivamente - significativi. Il contribuente, dal canto suo, deve attivarsi e dimostrare l’inutilizzabilità della presunzione, con argomentazioni puntuali e non generiche.

E’ utile, a tal riguardo, evidenziare che il principio, in base al quale colui che ha posto in essere un comportamento antieconomico ha l’onere di fornire una giustificazione razionale della propria scelta, trova conferma, nel campo delle imposte dirette, nella disposizione di legge secondo cui "sono inopponibili all’Amministrazione finanziaria gli atti, i fatti e i negozi, anche collegati tra loro, privi di valide ragioni economiche, dirette ad aggirare obblighi o divieti previsti dall’ordinamento tributario" (articolo 37-bis del DPR n. 600/73). Pertanto, è onere del contribuente motivare le scelte che non sono in linea con i criteri di gestione economica della propria attività, ovvero quelle scelte che appaiono incomprensibili in base ai normali criteri di valutazione.

Nella circostanza, tenuto presente che la contestazione dell'antieconomicità peraltro riguarda un solo anno, appaiono evidenti le cause di forza maggiore che possono giustificare le anomalie di risultato dell'esercizio finanziario. La rappresentata circostanza (detenzione per effetto di condanna definitiva che, come da documento, occupa l'intero anno 2011), non viene tenuta in alcun conto da parte dell'Ufficio, se non per una ipotesi di riduzione dell'accertamento, ma, soprattutto, dà atto dell'effettiva "mancanza" di ogni ipotesi di contraddittorio, ancorché non obbligatorio, ovvero della necessità che le presunzioni, in queste circostanze, debbono essere avvalorate da ulteriori criteri che giustifichino l'accertamento. L'assenza, assolutamente provata, per l'intero anno, del titolare dell'attività, che certamente non può aver operato e, soprattutto, non ha potuto verificare effettivamente l'andamento dell'attività, non può non aver influito, in maniera sostanziale, sul regolare svolgimento della stessa, per cui l'accertamento risulta certamente anomalo e viziato. L’Ufficio, allorché ravvisi gravi incongruenze fra i valori dichiarati e quelli ragionevolmente attesi in base alle caratteristiche dell’attività svolta od agli studi di settore, può fondare l’accertamento di maggiori ricavi, rispetto a quelli dichiarati, anche su tali gravi incongruenze e, quindi, anche al di fuori delle ipotesi previste dall’art. 39 citato, il che costituisce, in pratica un ulteriore elemento presuntivo, di carattere legale, certamente ammissibile anche in presenza di contabilità formalmente regolare, ma, non può, come nella circostanza, non tener conto dell'anomalia di un accertamento eseguito in "assenza" completa del titolare, il quale non può essere in condizioni di valutare eventualmente altrui comportamenti, il che comporta una situazione che può essere ridefinita quale di forza maggiore.

Il ricorso va perciò accolto. Sussistono, però, evidenti motivi di giustizia per ritenere compensate le spese del giudizio.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso. Compensa le spese del giudizio.