Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 23 ottobre 2017, n. 25016

Insolvenza del proprio datore di lavoro - Fondo di garanzia per il pagamento del tfr - Trattenute a titolo di imposte non versate - Approvazione dello stato passivo - Credito liquidato al netto delle ritenute fiscali - Allegare e dimostrare di aver subito le dovute ritenute fiscali - Onere del lavoratore

 

Fatti di causa

 

Con sentenza n. 7610/2011 la Corte d'Appello di Bari ha rigettato l'appello proposto dall'Inps avverso la sentenza di primo grado che ha aveva respinto la sua opposizione al decreto ingiuntivo concesso a B.M. per ottenere l'importo residuo di € 2.180,05 (su un complessivo credito di € 8.513,59) pari all'importo che l'Inps, quale gestore del fondo di garanzia per il pagamento del TFR, non gli aveva pagato a seguito dell'insolvenza del proprio datore di lavoro, operandone la trattenuta a titolo di imposte non versate, dovendo operare come sostituto di imposta.

A fondamento della domanda la Corte riteneva che nell'opposizione a decreto ingiuntivo l’Inps, in quanto avente la posizione sostanziale di convenuto, fosse venuto meno agli oneri di cui all'articolo 416, 3° comma c.p.c., non avendo specificamente contestato i fatti affermati dall'attore opposto, in particolare negando che il credito ex adverso vantato fosse stato liquidato in sede di approvazione dello stato passivo al netto delle ritenute fiscali; talché doveva ritenersi che il fatto addotto dall'appellato a fondamento della domanda, ovvero il diritto ad un importo netto di euro 20.705,791 a titolo di TFR, certificato dalla procedura, dovesse ritenersi accertato in via definitiva.

Contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'Inps.

B.M. non si è costituito ed è rimasto intimato.

 

Ragioni della decisione

 

1. - Con il primo motivo l'INPS deduce la violazione e falsa applicazione degli articoli 633, 645 e 416 c.p.c. in relazione all'articolo 2697 c.c.(art. 360, n. 3 c.p.c.). Nonché insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 n. 5 c.p.c.) per avere la Corte d'appello ritenuto che l'INPS fosse venuto meno all'onere ex art. 416 c.p.c., invertendo gli oneri della prova, in quanto il lavoratore nel corso dell'intero giudizio si era limitato ad allegare di essere stato ammesso al passivo della procedura concorsuale del proprio datore di lavoro per la somma di € 8.513,59 senza null'altro provare in ordine al fatto che detto credito per TFR fosse stato ammesso al netto delle ritenute erariali. Inoltre l'INPS nella predetta opposizione a decreto ingiuntivo non si era limitato a contestare genericamente i fatti affermati dall'attore sostanziale, come sostenuto dalla corte territoriale, ma aveva preso specifica posizione in ordine agli stessi, affermando di essersi attenuto nella liquidazione ai dati risultanti dal modello TFR 3bis fornitogli dal curatore; rimarcando di essere l'unico sostituto di imposta e che il pagamento dei crediti del lavoratore dovesse essere effettuato al lordo, giusto il criterio legale affermato nella pronuncia di questa Corte n. 6337/2003.

2. - Col secondo motivo l'Inps lamenta la violazione falsa applicazione dell’articolo 2 della legge 29 maggio 1982, n. 297 e del combinato disposto costituito dall'art. 23 del decreto del presidente della Repubblica del 29 settembre 1973 n. 600 e dall'art. 11 del decreto legislativo del 18 febbraio 2000, n. 47 (art. 360, n.3 c.p.c.). Insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (articolo 360 n. 5 c.p.c.) in quanto a differenza di quanto affermato dal giudice di merito, restando pacifica l'insolvenza del datore, l'obbligazione di pagamento del TFR a carico del Fondo di Garanzia aveva natura previdenziale, e non andava considerata identica all'obbligazione di pagamento del tfr a carico del datore di lavoro, avente natura retributiva; da ciò discendendo che l'INPS fosse sostituto di imposta dell'obbligazione previdenziale e che perciò l'Istituto, ferma la pacifica insolvenza del datore, in sede di liquidazione della propria obbligazione dovesse trattenere l'importo dovuto per imposte erariali in applicazione del principio secondo cui il calcolo dei crediti dovuti al lavoratore per differenze retributive e tfr devono essere operati al lordo.

3. I motivi di ricorso, i quali possono essere esaminati unitariamente per la connessione che li correla, sono fondati.

4. - Va in primo luogo affermato che in base alla giurisprudenza consolidata di questa Corte (Sez. L, Sentenza n. 18044 del 14/09/2015, n. 3375 del 11/02/2011, n. 21010 del 13/09/2013, n. 18584/2008) le spettanze del lavoratore maturano al lordo. Da ciò discende che se il lavoratore pretende in giudizio il pagamento di una somma netta deve allegare e dimostrare che siano state già operate le dovute ritenute fiscali. E che ciò vale anche in relazione al pagamento del TFR.

5. Nel caso in esame è pure dimostrato in giudizio, in base alla trascrizione del ricorso per decreto ingiuntivo del lavoratore e dei successivi atti processuali, che il lavoratore non ha mai affermato che il proprio credito per TFR insinuato nel passivo concorsuale fosse stato determinato al netto dell'imposte; limitandosi a produrre una certificazione del Commissario giudiziale attestante un credito complessivo di € 8513,59 ed a reclamare il mancato pagamento dell'intera somma, lamentando che l'INPS avesse trattenuto l'importo di € 2180,05 a titolo di imposte.

6. Ha perciò errato il giudice ad applicare il principio di non contestazione in relazione a circostanze di fatto mai allegate dalla parte che ne era onerata, in quanto, contrariamente a quanto affermato nella sentenza impugnata, non è stato mai allegato in giudizio dall'attore che il credito per TFR fosse stato liquidato in sede di approvazione dello stato passivo al netto delle ritenute.

7. Va inoltre affermato, in base al consolidato orientamento secondo cui (Cass. 10.5.2016 n. 9495, 13 ottobre 2015, nn. 20547 e 20548/2015; 9 giugno 2014 n. 12971, 9 settembre 2013 n. 20675, 23 luglio 2012, n. 12852) le prestazioni a carico del Fondo di garanzia hanno natura previdenziale e non retributiva, che pertanto l'INPS debba operare in qualità di sostituto di imposta tutte le dovute trattenute, sempre che ovviamente le stesse non fossero state già operate in sede di ammissione al passivo (non potendo l'INPS operare una seconda trattenuta che incida una seconda volta sull'importo effettivo da erogare, posto che il meccanismo voluto dalla legge è inequivoco e non legittima l'INPS a pretendere che un lavoratore sia assoggetto per due volte alle medesima trattenuta di natura fiscale; cfr. Cass. 22516/2013).

8. In conclusione, alla luce delle premesse, la sentenza impugnata deve essere cassata, e non essendo necessari ulteriori accertamenti la causa deve essere decisa nel merito con accoglimento dell'opposizione proposta dall'INPS al decreto ingiuntivo concesso al Bisceglia, che deve ritenersi quindi revocato.

9. Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza; quelle dei giudizi di merito possono essere compensate considerata la natura della controversia e la mancanza di specifici precedenti.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito accoglie l'opposizione proposta dall'INPS.

Compensa le spese processuali dei giudizi di merito e condanna la parte intimata alla rifusione delle spese processuali liquidate in € 1150 di cui € 950 per compensi professionali, oltre al 15% di spese processuali ed oneri accessori.