Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 06 luglio 2016, n. 13775

Appalto - Mancato ripristino del rapporto - Risarcimento danni - Risoluzione consensuale del rapporto di lavoro - Violazione della legge 223/1991

 

Fatto

 

Con ricorso del 5.4.2007 al Tribunale di Napoli D.N.S., già dipendente della società P.S.P.D. srl ed impegnato nel servizio di ristorazione da essa gestito in appalto presso il comando 22° G.R.A.M. di Licola (NA), agiva nei confronti della predetta società nonché della società S. srl, subentrata nell'appalto, chiedendo al giudice del lavoro di accertare l'obbligo di assunzione della società S. srl - ai sensi dell'articolo 8 del contratto di appalto - e, per l'effetto, emettere sentenza costitutiva del rapporto di lavoro e condannare la società al risarcimento dei danni, anche nella ipotesi di mancato ripristino del rapporto.

In subordine chiedeva al Tribunale di accertare nei confronti della società P.S.P.D. srl che la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, da essa comunicata, dissimulava un licenziamento collettivo assunto in violazione della legge 223/1991, con condanna della società alla reintegrazione nel posto di lavoro ed al risarcimento del danno ex articolo 18 L. 300/1970 ovvero, gradatamente, un licenziamento privo di giustificato motivo oggettivo, con le medesime conseguenze.

In via di ulteriore subordine, chiedeva dichiararsi il proprio diritto alla assunzione alle dipendenze della società S. srl ai sensi dell'articolo 2932 cc. e dell'articolo 346 del CCNL TURISMO, con condanna della società al risarcimento del danno, anche nella ipotesi di mancata applicazione dell'articolo 2932 cc.

La società D. chiedeva in via riconvenzionale, per la ipotesi di accoglimento delle domande svolte nei propri confronti, la condanna del ricorrente alla restituzione delle somme percepite a titolo di TFR nonché della società S. srl a tenerla indenne da ogni conseguenza pregiudizievole derivante dall'accoglimento delle domande.

Con sentenza del 15.10.2010 (nr 22753/2010) il Tribunale rigettava le domande del ricorrente e dichiarava assorbita la domanda proposta da D. verso la società S.

Con ricorso del 4.3.2011 proponeva appello il D.N., chiedendo al giudice del gravame:

- di modificare le ragioni del rigetto delle domande proposte nei confronti della società S. srl, dichiarando, in luogo della infondatezza della pretesa, la impossibilità sopravvenuta della prestazione per la perdita dell'appalto;

- di accogliere le domande subordinate proposte nei confronti della D.S. srl- già P.S.P.D. srl.

Con sentenza dell'8 gennaio- 11 febbraio 2013 - nr. 62/2013 - la Corte d'Appello di Napoli accoglieva parzialmente l'appello, dichiarando la illegittimità del licenziamento intimato all'appellante e condannando la società D.S. srl a reireintegrare il D.N. nel posto di lavoro ed al risarcimento del danno ex art. 18 L. n. 300/70. Dichiarava inammissibile l'appello incidentale.

Rilevava che l'appellante non aveva interesse alla mera correzione della motivazione della pronunzia di rigetto delle domande proposte nei confronti della S. srl e che, comunque, la motivazione del giudice del primo grado risultava corretta .

Quanto alle domande proposte nei confronti della D. srl, rilevava che il primo giudice aveva erroneamente reputato essere intervenuta acquiescenza del D.N. al licenziamento per la mancata accettazione dell'offerta della D. di inserirlo presso altro appalto, come dichiarato dal teste L.

Riteneva, infatti, che la offerta non configurasse revoca del licenziamento ma piuttosto proposta di un nuovo contratto di lavoro, con inserimento presso una nuova sede e dunque senza ripristino del precedente rapporto, con la medesima anzianità e condizioni. La precedente comunicazione del 2.8.2006 si qualificava come licenziamento, a seguito del venire meno della condizione per potersi parlare di risoluzione consensuale (la assunzione del D.N. presso la stessa unità produttiva da parte dell'impresa subentrante).

Reputava assenti le condizioni di cui all'articolo 24 L. 223/1991 per la qualificazione di licenziamento collettivo ed accoglieva la domanda per assenza del giustificato motivo oggettivo, sotto il profilo della mancanza di prova della impossibilità di un utile reimpiego del D.N.

Per la Cassazione della sentenza ricorre la società D.S. srl , articolando quattro motivi.

Resiste con controricorso D.N.S., che propone altresì ricorso incidentale condizionato all'accoglimento del ricorso principale, diretto all' accoglimento della domanda di qualificazione del licenziamento come licenziamento collettivo, articolato in un unico motivo.

D.S. srl ha depositato memoria.

 

Diritto

 

1. Con il primo motivo la società ricorrente denunzia- ai sensi dell'articolo 360 nr. 3 cpc violazione o falsa applicazione degli articoli 347-349 e 350 del CCNL TURISMO PUBBLICI ESERCIZI e dell'articolo 1362 e segg. cc.

Espone che la norma dell'articolo 347 CCNL TURISMO PUBBLICI ESERCIZI portava a ritenere che nella fattispecie dì cambio dell'appalto non si configurava un licenziamento ma una risoluzione consensuale del rapporto anche a prescindere dalla successiva assunzione del lavoratore da parte della azienda subentrante.

Pacificamente il CCNL TURISMO era applicato al servizio di ristorazione in appalto in cui il D.N. era stato impiegato; dal tenore delle clausole degli articoli 347, 349 e 350 del CCNL TURISMO emergeva che il passaggio del lavoratore alle dipendenze della impresa subentrante avveniva automaticamente con la comunicazione del cambio di appalto (nella specie avvenuto a parità di condizioni contrattuali) sicché il rapporto con la impresa cessante era oggetto di risoluzione consensuale.

Il motivo, nella parte in cui assume che la disciplina collettiva prevederebbe la risoluzione consensuale automatica dei contratto di lavoro per effetto della mera comunicazione del passaggio di cantiere, è infondato.

La norma dell'articolo 349 del CCNL TURISMO non dispone il passaggio diretto dei rapporti di lavoro dalla azienda cessante alla impresa subentrante nell'appalto- per effetto della comunicazione del cambio di appalto- ma pone le condizioni per una (nuova) assunzione dei lavoratori da parte della gestione subentrante, previa , all'evidenza, cessazione del rapporto di lavoro con la azienda cessante secondo le regole comuni (licenziamento, dimissioni o risoluzione consensuale) e non già in via automatica.

Per la integrazione della fattispecie della risoluzione consensuale è dunque necessaria la prova della effettiva e concreta volontà del lavoratore di porre fine al rapporto di lavoro in carico alla azienda già impegnata nel cantiere; se tale volontà è in re ipsa in caso di instaurazione di un nuovo rapporto di lavoro con la impresa subentrante nell'appalto, nelle ipotesi di mancato perfezionamento della nuova assunzione occorre ricostruire la effettiva volontà delle parti considerando tutte le circostanze del caso concreto.

2. Con il secondo motivo la società ricorrente denunzia omessa, insufficiente contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ovvero la risoluzione del rapporto di lavoro anche a seguito delle dimissioni di fatto del lavoratore. Espone che la Corte d'appello, escludendo di poter ravvisare una risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, aveva omesso di valutare altre circostanze- da essa dedotte in primo ed in secondo grado ed accertate nel primo grado- da cui risultava per fatti concludenti una condotta del lavoratore incompatibile con la volontà di volere proseguire il rapporto ed in particolare:

- la accettazione delle spettanze di fine rapporto;

- il rifiuto della proposta di assunzione della S.;

- la impugnazione dell'assunto licenziamento attribuendo la illegittimità del recesso ad un fatto successivo ad esso - la mancata assunzione da parte della S.- e, comunque, senza offrire la propria prestazione lavorativa;

- il mancato riscontro alla offerta della D. nel settembre 2006 di reinserirlo in altri servizi di appalto nell'area di Napoli, neppure a seguito del sollecito dell'ottobre 2006, come dai documenti 10 ed 11 della produzione del primo grado;

- la mancanza di interesse del D.N. rispetto alle proposte della D. - anche in via telefonica- come riferito dal teste L. alla udienza del 16 settembre 2009;

- la proposizione della domanda giudiziaria verso la D. soltanto in via subordinata rispetto alla domanda di assunzione proposta nei confronti della S.

3. Con il terzo motivo la società ricorrente lamenta - ai sensi dell'articolo 360 nr. 5 cpc - omessa insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo del giudizio, consistente nel comportamento del D.N. successivo alla cessazione del rapporto di lavoro con D.

Ribadisce che il giudice del merito aveva omesso di considerare la condotta assunta dal D.N. rispetto alla proposta di rientro in altri servizi di appalto nell'area di Napoli, alla quale questi non aveva dato riscontro, come dai documenti 10 ed 11 della produzione del primo grado e dalle dichiarazioni rese dal teste L. alla udienza del 16.9.2009.

I due motivi devono essere esaminati congiuntamente, in quanto, almeno parzialmente, sovrapponibili,

Si premette che nella fattispecie trova applicazione ratione temporis (ai sensi dell'art. 54, co. 3 DL 83/2012) il nuovo testo dell'art. 360 co. 1 nr. 5 cpc, in quanto la sentenza impugnata è stata pubblicata in data successiva all'11 settembre 2012 sicché il vizio della motivazione è deducibile soltanto in termini di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.

La rubrica dei motivi è impropriamente formulata secondo il previgente testo dell'articolo 360 nr. 5.; tale circostanza non è tuttavia ex se ragione di inammissibilità del motivo. Nella sua esposizione, infatti, parte ricorrente ha adempiuto agli oneri imposti dal nuovo testo dell'articolo 360 nr. 5 cpc, come chiariti dalle sezioni Unite di questa Corte (Cass. S.U. 22.9.2014 nr 19881; Cass. S.U. 7.4.2014 nr. 8053), avendo individuato:

- Il "fatto storico" non esaminato in sentenza ovvero: la condotta, rispettivamente, del datore di lavoro e del lavoratore successivamente alle due comunicazioni del 2.8.2006 (qualificate dalla Corte di merito come atto di licenziamento) e la pacifica cessazione del cantiere cui il D.N. era stato adibito, come si esporrà nel prosieguo;

- il "dato" testuale da cui esso risulterebbe esistente (deposizione del teste L., resa alla udienza del 16 settembre 2009; documenti 10 e 11 del fascicolo di parte resistente);

- il "come" e il "quando" tale fatto è stato oggetto di discussione tra le parti (giudizio di primo grado e relativa sentenza);

- la sua "decisività", sotto il profilo dell'accertamento della volontà, rispettivamente, del datore di lavoro e del D.N..

I motivi appaiono fondati.

Per quanto risulta dalla sentenza la società D., con distinti telegrammi del 2.8.2006, "comunicava al ricorrente di prendere atto dell'assunzione a seguito di cambio d'appalto presso la società subentrante, ritenendo il rapporto risolto consensualmente a far data dal 31/7/2006".

A giudizio della Corte:

- La mancata assunzione "ha generato un elemento patologico rispetto al normale avvicendarsi delle società occupate nella ristorazione sulla base del CCNL TURISMO in atti e dunque non è a parlarsi di risoluzione consensuale del rapporto, ma di un licenziamento ..."

- "nel settembre 2006 non si revocava il predetto ritenuto licenziamento, ma piuttosto si offriva nuovo contratto di lavoro, con inserimento presso nuova sede e dunque senza ripristinare il rapporto tal quale era, con la medesima anzianità, le stesse condizioni e sulla scorta del pregresso contratto di lavoro".

Sicché il giudice del merito:

- da un lato, ha interpretato la volontà del datore di lavoro di cui alla comunicazione del 2.8.2006 - (nel senso del licenziamento del D.N.) - alla luce di un fatto non rientrante nella sua sfera di controllo, verificatosi in epoca successiva e non prevedibile (la mancata assunzione del lavoratore presso la nuova aggiudicataria dell'appalto);

- dall'altro, ha affermato che nel mese di settembre la società aveva offerto al D.N. un nuovo contratto di lavoro senza ripristinare il precedente rapporto ritenendo decisiva la circostanza dell' "inserimento presso una nuova sede e dunque senza ripristinare il rapporto tal quale era".

Tale giudizio omette di considerare il fatto pacifico della cessazione dell'appalto, da cui derivava la impossibilità di riadibire il lavoratore allo stesso cantiere sicché per la interpretazione della volontà della D. (nel senso della costituzione di un nuovo rapporto) non era determinante il mutamento di sede.

La comunicazione della società del settembre 2006, infatti, ben avrebbe potuto essere alternativamente configurata come assegnazione del lavoratore ad altro cantiere nell’ambito della medesima unità produttiva o - comunque - come legittimo esercizio del potere di trasferimento, nell'uno e nell'altro caso attuandosi il ripristino della funzionalità del rapporto di lavoro in corso e non la costituzione di un nuovo rapporto di lavoro.

Ritenuta la decisività del mutamento di cantiere, la Corte di merito non ha valutato i contenuti delle due comunicazioni della P.S.P.D. dell'11 settembre e 27 ottobre 2006 (documenti 10 ed 11 della produzione di parte), nei quali non vi è riferimento alla costituzione di un nuovo rapporto di lavoro ma si ribadisce la assenza di un licenziamento e si prendono contatti con il D.N. per "ricostituire il rapporto di lavoro" e per un "inserimento lavorativo".

Così come non risulta esaminata la deposizione del teste L., resa alla udienza del 16.9.2009,.il quale riferiva di avere contattato telefonicamente il D.N. in almeno due occasioni per la sua assunzione in altri appalti nel napoletano.

I fatti non esaminati - contenuto delle proposte e comunicazioni di D. da un lato e condotta del lavoratore dall'altro- sono potenzialmente decisivi della controversia, in quanto il giudice del merito non ha verificato la possibilità di attribuire la cessazione del rapporto di lavoro alla volontà del lavoratore invece che ad un atto di licenziamento.

La sentenza deve essere pertanto cassata in accoglimento del secondo e del terzo motivo e la causa rinviata ad altro giudice, che si individua nella Corte di appello di Napoli in diversa composizione, il quale provvederà alla ricostruzione della volontà delle parti in merito alla cessazione del rapporto di lavoro esaminando le circostanze non valutate.

Resta assorbito il quarto motivo, con il quale si censura la motivazione relativa alla affermata insussistenza del giustificato motivo oggettivo di licenziamento.

Parimenti è assorbito il ricorso incidentale condizionato, con il quale il D.N. lamenta - ai sensi dell'articolo 360 nr. 3 cpc - violazione falsa applicazione dell'articolo 24 L. 223/1991 per la ritenuta assenza dei presupposti del licenziamento collettivo.

La statuizione impugnata con il ricorso incidentale, dipendente dalla qualificazione della comunicazione del 2.8.2006 come atto di licenziamento, resta assorbita - ex art. 336 co. 1 cpc. - dall'accoglimento del secondo e terzo motivo del ricorso principale.

Le spese seguono la soccombenza.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il primo motivo del ricorso principale, accoglie il secondo ed il terzo motivo, assorbito il quarto.

Dichiara assorbito il ricorso incidentale. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia - anche per le spese - alla Corte di Appello di Napoli in diversa composizione.