Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 16 giugno 2017, n. 14992

Imposte dirette - IRPEF - Redditi determinati in base alle scritture contabili - Compensi in nero

Fatti di causa

M.B. propone ricorso per cassazione con tre motivi, illustrati con successiva memoria, nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia che, accogliendo l'appello dell'Agenzia delle entrate, ha confermato il fondamento della pretesa avanzata con l'avviso di accertamento ai fini dell'IRPEF per l'anno 2000, con il quale gli era stata contestata la percezione, dalla srl S.S., di compensi in nero.

Il giudice d'appello ha infatti rilevato che dal verbale di constatazione redatto in sede di verifica si riscontrava il ritrovamento, presso la srl S.S., di "appunti manoscritti, copia del libretto di risparmio etc." ove erano contabilizzate operazioni in nero effettuate dalla verificata e pagamenti in nero fatti a un certo B.. L'identificazione della persona corrispondente al nome B. aveva portato a M. B., amministratore della B. spa, soggetto con il quale la società verificata intrattenere regolari rapporti.

Nella sentenza impugnata si osserva che "in realtà il sig. B. è anche il responsabile legale della B. srl. Se ne deduce che o come persona fisica o come rappresentante legale, (del)le somme indicate nella contabilità in nero dello S.S. srl, pagate al B., sempre lui è stato il percettore. Gli indizi forniti dall'ufficio, appunti manoscritti, copia del libretto di risparmio etc. hanno i requisiti di gravità precisione e concordanza che spostano la prova contraria sul contribuente. Prova che lo stesso avrebbe potuto fornire con la presentazione della contabilità societaria dalla quale risultavano i pagamenti ricevuti. Prova, comunque, che il ricorrente non ha apportato, insistendo solo sulla mancanza di certezza della persona alla quale detti pagamenti sono stati effettuati".

L'Agenzia delle entrate ha depositato atto di costituzione al solo scopo di partecipare all'udienza di discussione.

 

Ragioni della decisione

 

Con i tre motivi del ricorso il contribuente si duole, rispettivamente sotto il profilo dell'error in procedendo, della violazione di legge e dell'omessa motivazione, della mancata indicazione della prova in base alla quale il giudice d'appello ha ritenuto che la somma indicata nell'avviso è stata percepita dalla persona fisica M.B..

I tre motivi del ricorso, da trattare congiuntamente siccome strettamente legati, sono infondati.

Nell'accertamento delle imposte sui redditi - come questa Corte ha in più occasioni avuto modi affermare - "l'art. 39, primo comma, lett. c), del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, consente di procedere alla rettifica del reddito anche quando l'incompletezza della dichiarazione risulta "dai verbali relativi ad ispezioni eseguite nei confronti di altri contribuenti", da cui derivino presunzioni semplici, desumibili anche da documentazione extracontabile ed in particolare da "contabilità in nero", costituita da appunti personali ed informazioni dell'imprenditore, dovendo ricomprendersi tra le scritture contabili disciplinate dagli artt. 2709 e ss. cod. civ. tutti i documenti che registrino , in termini quantitativi o monetari, i singoli atti d'impresa, ovvero rappresentino la situazione patrimoniale dell'imprenditore ed il risultato economico dell'attività svolta" (Cass. n. 2094 del 2014: fattispecie relativa ad accertamento fondato sulla documentazione extracontabile di altro contribuente, reperita in sede di verifica nei confronti di quest'ultimo; Cass. n. 9210 del 2011).

Si è più volte chiarito come la cd. contabilità in nero, "costituita da appunti personali ed informazioni dell'imprenditore, rappresenta un valido elemento indiziario, dotato dei requisiti di gravità, precisione e concordanza prescritti dall'art. 39 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600. Ne consegue che detta "contabilità in nero", per il suo valore probatorio, legittima di per sé, ed a prescindere dalla sussistenza di qualsivoglia altro elemento, il ricorso all'accertamento induttivo di cui al citato art. 39, incombendo al contribuente l'onere di fornire la prova contraria, al fine di contestare l'atto impositivo notificatogli" (Cass. n. 24052 del 2011 e n. 4080 del 2015).

Una prova siffatta nella specie, secondo il giudice d'appello, non è stata offerta dal ricorrente.

Con riguardo all'individuazione del soggetto percipiente i pagamenti in nero, infatti, la tesi della "assoluta mancanza di un elemento di collegamento tra il documento extra contabile e la persona fisica di M.B." non sembra poggiare su solide basi.

La sentenza impugnata ha accertato, davanti all'asciutta indicazione del destinatario "B." nei documenti extra contabili, che l'identificare della persona corrispondente al nome B. aveva portato al sig. B.M. che - come si evince dallo stesso ricorso per cassazione, a pag. 1, era della B. spa (oltre che socio) legale rappresentante; a pag. 2 il ricorso si riferisce alla stessa persona rilevando invece che "esiste una persona fisica M. B., attuale ricorrente" - risultava essere amministratore della B. spa, con la quale la verificata, la srl S.S. intratteneva rapporti d'affari.

In altri termini, davanti alla denominazione "B.", l'ufficio ha cercato nell'ambito dei soggetti con i quali lo S. già intratteneva regolari rapporti e, una volta censita la srl B., ha individuato il soggetto denominabile "B." a quest'ultima più prossimo, vale a dire il suo legale rappresentante M. B. - e cioè la persona fisica che, in forza del rapporto organico, di quella società era espressione nella gestione dei regolari rapporti d'affari.

Il giudice d'appello ha ritenuto che dalla ricostruzione di cui sopra, sulla base di presunzioni logicamente coerenti fondate sulla prossimità commerciale, considerate gravi, precise e concordanti, risultava provato che il nome B. non poteva che corrispondere al sig. M. B., che era quindi il percettore delle somme indicate nel brogliaccio ed escluse dalla contabilità legale ("o come persona fisica o come rappresentante legale, delle some indicate nella contabilità in nero dello S. srl, pagate al B., sempre lui è stato il percettore") .

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in euro 2.000 oltre alle spese prenotate a debito.