Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 08 marzo 2017, n. 5856

Lavoro - CCNL comparto sanità - Licenziamento - Assenza per malattia - Sospensione del periodo di prova - Conservazione del posto

 

Svolgimento del processo

 

1. La Corte d'Appello di Firenze con la sentenza n. 442 del 2011, in riforma della sentenza del Tribunale di Firenze del 10 giugno 2008, accogliendo l'appello proposto dall'Azienda ospedaliera universitaria di C., nei confronti di G.S., ha ritenuto la legittimità del recesso intimato alla G., durante il periodo di prova, mentre la stessa era in malattia, atteso che ciò sarebbe stato consentito dalla previsione dell'art. 15 del CCNL comparto sanità del 1995, secondo la quale la malattia non impediva il recesso una volta trascorso il tempo minimo stabilito per il periodo di prova e il recesso era stato motivato.

2. La Corte d'Appello rigettava la domanda della G. e ordinava alla stessa la restituzione di quanto percepito in esecuzione della sentenza di primo grado.

3. Per la cassazione ricorre la G. prospettando tre motivi di impugnazione.

4. Resiste l'Azienda ospedaliera universitaria di C. con controricorso.

 

Motivi della decisione

 

1. Occorre premettere, come esposto nel ricorso e non contestato nel controricorso, che la G. veniva assunta con contratto a tempo indeterminato in data 27 gennaio 2005 dall'Azienda ospedaliera universitaria di C., con mansioni di collaboratore professionale sanitario infermiere.

Tale assunzione operava con decorrenza 7 febbraio 2005.

All'approssimarsi del termine di sei mesi di prova previsto dal contratto, l'Azienda con provvedimento del 26 luglio 2005 recedeva dal rapporto di lavoro (inidoneità della G. allo svolgimento delle mansioni assegnatele sulla base della valutazione negativa espressa nei pareri del caposala e del coordinatore infermieristico).

Al momento della comunicazione del recesso la G. si trovava in malattia.

La stessa, quindi, ricorreva al Tribunale chiedendo che fosse dichiarata l'illegittimità del recesso operato dall'Azienda durante il periodo di malattia.

2. Tanto premesso può passarsi all'esame dei motivi di ricorso.

3. Ha priorità logico-giuridica l'esame del secondo motivo, con il quale è dedotta la violazione di legge quale erronea interpretazione dell'art. 15, comma 3, del CCNL si settore.

Assume la G. che, durante la malattia, la previsione contrattuale richiamata sancisce la sospensione del periodo di prova e il diritto alla conservazione del posto di lavoro.

Tale previsione non può essere derogata da quanto previsto dal successivo comma 6 del medesimo art. 15, che prevede la possibilità di recesso dopo la metà del periodo di prova, essendo espressamente prevista dallo stesso la salvezza di quanto stabilito ai commi 3 e 4.

Erroneamente, la Corte d'Appello aveva affermato che la circostanza che la lavoratrice era in malattia non era ostativa al recesso una volta che fosse trascorsa la metà del periodo di sei mesi prevista per il patto di prova, atteso che la salvezza dei commi 3 e 4 andava intesa nel senso che il periodo di malattia non poteva essere computato nel periodo di prova.

4. Il motivo è fondato e deve essere accolto.

Occorre premettere (Cass., n. 6335 del 2014) che la denuncia di violazione o di falsa applicazione dei contratti o accordi collettivi di lavoro, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., come modificato dall'art. 2 del d.lgs. 2 febbraio 2006 n. 40, è parificata sul piano processuale a quella delle norme di diritto, sicché, anch'essa comporta, in sede di legittimità, l'interpretazione delle loro clausole in base alle norme codicistiche di ermeneutica negoziale (artt. 1362 ss. cod. civ.) come criterio interpretativo diretto e non come canone esterno di commisurazione dell'esattezza e della congruità della motivazione, senza più necessità, a pena di inammissibilità della doglianza, di una specifica indicazione delle norme asseritamente violate e dei principi in esse contenuti, né del discostamento da parte del giudice di merito dai canoni legali assunti come violati o di una loro applicazione sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti (Cass. n. 1 del 2017).

L'art. 15 (periodo di prova) del CCNL del 1° settembre 1995 di settore, stabilisce al comma 3: «Il periodo di prova è sospeso in caso di assenza per malattia. In tal caso il dipendente ha diritto alla conservazione del posto per un periodo massimo di sei mesi, decorso il quale il rapporto è risolto. In tale periodo, al dipendente compete lo stesso trattamento economico previsto per il personale non in prova. In caso di infortunio sul lavoro o malattia per causa di servizio si applica l'art. 24».

Al successivo comma 6 prevede: «Decorsa la metà del periodo di prova di cui al comma 1, nel restante periodo ciascuna delle parti può recedere dal rapporto in qualsiasi momento senza obbligo di preavviso né di indennità sostitutiva del preavviso, fatti salvi i casi di sospensione previsti dai commi 3 e 4. Il recesso opera dal momento della comunicazione alla controparte. Il recesso dell'amministrazione deve essere motivato».

Osserva il Collegio, alla luce dei canoni ermeneutici di cui all'art. 1362 ss. cod. civ., che rappresentano delle vere e proprie norme cogenti, le quali sono ordinate secondo un principio di gerarchia interna, in forza del quale i canoni strettamente interpretativi prevalgono su quelli interpretativi - integrativi, tanto da escluderne la concreta operatività allorquando l'applicazione dei primi risulti da sola sufficiente a rendere palese la comune intenzione delle parti stipulanti (cfr., Cass., n. 14432 del 2016), che la previsione contenuta nel comma 3 del citato art. 15 della sospensione del periodo di prova in caso di assenza per malattia deve essere interpretata quale sospensione del rapporto di lavoro in caso di malattia, che in detta fase si caratterizza proprio per lo svolgimento della prova.

Il verificarsi della sospensione del rapporto di lavoro, con diritto alla conservazione del posto per il periodo di sei mesi, esclude, quindi, la possibilità del recesso durante la malattia, anche qualora sia decorsa la metà del periodo di prova, ed in tal senso va letto il richiamo operato, nel comma 6 dell'art. 15 citato, al comma 3.

Come previsto sempre dal comma 3 dell'art. 15, la sospensione può durare al massimo sei mesi, periodo decorso il quale il rapporto è risolto.

Sicché, l'interpretazione del CCNL in oggetto operata della Corte di merito (ora direttamente devoluta anche a questa Corte regolatrice, per le ragioni illustrate) non appare corretta e risulta viziata dal vizio di diritto denunciato.

5. All'accoglimento del secondo motivo del ricorso, segue l'assorbimento del primo e del terzo motivo del ricorso, che vertono, rispettivamente, sul vizio di omessa e/o insufficiente motivazione, e sulla erronea interpretazione dell'art. 2110 c.c.

6. La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso. Dichiara assorbiti gli ulteriori motivi di ricorso. Cassa la sentenza impugnata in ordine al motivo accolto e rinvia anche per le spese del presente giudizio alla Corte d'appello di Firenze in diversa composizione.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il secondo motivo di ricorso. Dichiara assorbiti gli ulteriori motivi di ricorso. Cassa la sentenza impugnata in ordine al motivo accolto e rinvia anche per le spese del presente giudizio alla Corte d'appello di Firenze in diversa composizione.