Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 19 aprile 2017, n. 9932

Impresa individuale - Accertamento - Dichiarazione dei redditi - Studi di settore

 

L’Agenzia delle Entrate ha effettuato un accertamento induttivo nei confronti dell’impresa individuale di F.A., svolgente di ristorazione di cibi da asporto, sulla base della sua stessa dichiarazione dei redditi, che l’Agenzia ha ritenuto inattendibile, per via della antieconomicità dell’attività.

Partendo dal dato di tale antieconomicità, l’Agenzia ha ritenuto, utilizzando studi di settore, che le percentuali di ricarico indicate dall’impresa individuale dovessero essere aumentate del 200%, determinando, in tal modo, un maggiore reddito, su cui è stata recuperata una maggiore imposta.

Il contribuente ha impugnato l’atto impositivo, ottenendo ragione delle sue tesi dai giudici di merito, che, in grado di appello, hanno ritenuto ingiustificata ed anche non provata adeguatamente dall’ufficio, una percentuale di ricarico del 200%, stabilendo come congrua la diversa percentuale del 100%.

L’Agenzia propone ricorso per cassazione con due motivi, cui resiste con controricorso il contribuente.

Il ricorso è infondato.

Con il primo motivo, infatti, l’Agenzia denuncia omessa motivazione su un fatto controverso. Ritiene che la CTR ha deciso l’infondatezza della percentuale di ricarico stimata dall’Agenzia senza tenere conto degli elementi offerti dall’Agenzia stessa, e senza motivare dunque sulla loro irrilevanza, stabilendo apoditticamente che la percentuale doveva essere della metà.

In via preliminare, il motivo difetta di autosufficienza, in quanto non sono riportati e "localizzati" i documenti sui quali l’eccezione si fonda (art. 366 primo comma n. 6 c.p.c.).

In realtà la CTR motiva sufficientemente, in quanto ritiene eccessiva la stima del Fisco tenendo conto dell’elevata concorrenza nella zona, ed inoltre ritiene che l’Agenzia non avesse specificato quali fossero le imprese prese a paragone, né quale il periodo preso in considerazione.

Cosi che v’è motivazione (che non è omessa) sulle ragioni che hanno portato a disattendere la valutazione operata dal Fisco in ordine ai ricarichi attribuiti alla contribuente.

Altro discorso essendo quello relativo alla adeguata valutazione degli indizi offerti dall’Agenzia, che è cosa diversa dalla omessa motivazione in merito (trattandosi del merito del giudizio, che è insindacabile in Cassazione se congruamente motivato ed immune da vizi logici).

Con il secondo motivo si denuncia violazione dell’art. 39 DPR 633 del 1972, sul presupposto che la CTR ha attribuito all’Agenzia l’onere di fornire ulteriori prove, oltre allo studio di settore.

Ma la ratio della decisione è diversa. Essa non richiede all’Agenzia una prova in più, semplicemente assume che la prova fornita non è sufficiente, perché lo stesso studio di settore non indicherebbe quale periodo è stato considerato e quali le imprese prese a parametro di confronto.

Non dunque un onere probatorio ulteriore rispetto a quello richiesto dalla legge, ma l’insufficienza delle prove fornite nell’adempimento dell’onere di legge.

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

Poiché la parte soccombente è un’amministrazione dello Stato, non è dovuto il raddoppio del contributo unificato (Sez. 6 - L, Ordinanza n. 1778 del 29/01/2016, Rv. 638714; Sez. 3, Sentenza n. 5955 del 14/03/2014, Rv. 630550).

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso.

Condanna l’Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore in carica a pagare alla società contribuente le spese di lite del presente giudizio, che liquida nella somma di € 5.600,00, oltre € 200,00 di esborsi, oltre il 15% di spese generali, oltre accessori di legge.