Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 07 febbraio 2018, n. 2975

Pensione di invalidità ex L. n. 222/1984 - Conclusioni del consulente tecnico d'ufficio - Impossibilità assoluta e permanente di svolgere qualsiasi attività lavorativa confacente alle proprie attitudini che sia non usurante, non dequalificante, e remunerativa - Inabilità al lavoro non assoluta - Non rileva

Rilevato

 

che la Corte d'appello di Cagliari (sentenza del 29.12.2011) ha rigettato l'impugnazione proposta dall'Inps avverso la sentenza del Tribunale di Sassari che, avendo accolto la domanda di G.L. volta al riconoscimento del suo stato di inabilità, aveva condannato lo stesso ente a corrispondere a quest'ultimo la pensione di invalidità ex lege n. 222/1984; che nel respingere il gravame la Corte di merito ha osservato che le gravi malattie dalle quali era risultato essere affetto l'assistito (linfoma non hodgkin a localizzazione dorso-lombare e grave cardiopatia) ponevano ancora a rischio la sua vita e non gli consentivano l'espletamento di alcuna attività lavorativa; che per la cassazione della sentenza ricorre l'Inps con un solo motivo; che rimane solo intimato G.L.;

 

Considerato

 

che con un solo motivo, dedotto per violazione e falsa applicazione dell'art. 2 della legge n. 222 del 12 giugno 1984 ai sensi dell'art. 360 n. 3 c.p.c., nonché per vizio di motivazione ex art. 360 n. 5 c.p.c., l'Inps lamenta che l'errore in cui è incorsa la Corte territoriale consiste nell'aver affermato, richiamandosi alle conclusioni del consulente tecnico d'ufficio di primo grado, che le malattie che avevano colpito il G. non gli consentivano l'espletamento di alcuna attività lavorativa, giacché ponevano a rischio la sua vita; che già nell'atto d'appello si era evidenziato che il perito d'ufficio aveva disatteso ogni considerazione sull'attività lavorativa svolta dall'assistito e che ai fini della valutazione dell'inabilità di cui alla legge n. 222/84 era stata erroneamente adoperata la tabella allegata al D.M. del 5.2.1992; che anche la Corte d'appello, nel condividere le conclusioni peritali, aveva finito per omettere l'accertamento della sussistenza in capo all'assicurato di una residua capacità lavorativa idonea ad ipotizzare lo svolgimento di utili e proficue attività, limitandosi a recepire il giudizio del consulente in ordine ai ravvisati rischi del verificarsi di una recidiva dello stato di salute, rischi, questi, da ritenere invece ininfluenti ai fini della valutazione, che qui rileva, della impossibilità assoluta e permanente per il G. di svolgere qualsiasi attività lavorativa;

che il motivo è infondato, atteso che questa Corte ha già avuto occasione di precisare (Cass. Sez. Lav. n. 4046 del 27.2.2004) che "sussiste il diritto alla pensione di inabilità, ai sensi dell'art. 2 della legge n. 222 del 1984, qualora l'assicurato si trovi, a cagione della sua invalidità, nella impossibilità assoluta e permanente di svolgere qualsiasi attività lavorativa confacente alle sue attitudini che sia non usurante, non dequalificante, e remunerativa; la sussistenza o meno di tale situazione di impossibilità va valutata in concreto, avendo riguardo al possibile impiego delle energie lavorative residue in relazione al tipo di infermità e alle generali attitudini del soggetto"; che si è, altresì, specificato (Cass. Sez. Lav. n. 1026 del 25.1.2001) che "il tenore letterale dell'art. 2 della legge n. 222 del 1984 non legittima un'interpretazione che ammetta alla pensione di inabilità solo i soggetti impossibilitati ad espletare qualsiasi attività lavorativa, anche non proficua, dato che, alla luce dei precetti contenuti negli artt. 1 e 38 Cost., deve ritenersi che il lavoro che non consente il conseguimento della prestazione previdenziale è quello che, espletato in attività confacenti alle attitudini dell'assicurato e non dequalificanti, abbia il requisito della remuneratività, e sia quindi idoneo ad assicurare un'esistenza libera e dignitosa (art. 36 Cost.). (Nella specie la S.C. ha annullato con rinvio la sentenza impugnata, che aveva escluso il diritto alla pensione di inabilità di soggetto - già espletante attività di carpentiere - che era affetto da neoplasia con prognosi infausta e aveva subito un intervento di cistectomla totale con deviazione urinaria cutanea; il giudice di merito aveva disatteso il parere del consulente tecnico, che aveva formulato un giudizio di invalidità al cento per cento, dando rilevanza alle buone condizioni generali e alla possibilità di svolgimento di attività non gravose, come quelle di custodia o di portineria)";

che nella fattispecie la Corte d'appello ha correttamente valutato, con motivazione congrua ed immune da vizi logici e di diritto, l'assoluta e permanente impossibilità di G.L. a svolgere qualsiasi attività lavorativa confacente alle sue attitudini nel momento in cui, dopo aver accertato tramite il consulente d'ufficio che il linfoma a localizzazione dorsolombare dal quale era affetto l'assicurato era a prognosi sfavorevole nonostante il trattamento chemioterapico e radioterapico praticato e che la grave forma di cardiopatia aveva reso necessario l'impianto di un "pacemaker", ha condiviso il giudizio tecnico dell'ausilare sul fatto che le indicate gravi malattie ponevano a rischio la vita dell'appellato e non gli consentivano l'espletamento di alcuna attività lavorativa, né tanto meno quella sua abituale di conduttore di macchine operatrici, attività indubbiamente stressante che sollecitava la sede in cui era posto il tumore;

che, pertanto, il ricorso va rigettato;

che non va adottata alcuna statuizione in ordine alle spese di lite dal momento che G.L. è rimasto solo intimato nel presente giudizio;

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso. Nulla spese.