Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 13 febbraio 2017, n. 3759

Contenzioso tributario - Ricorso - Tardività

 

Fatto e diritto

 

Costituito il contraddittorio ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ. (come modificato dal decreto-legge 31 agosto 2016, n. 168, convertito con modificazioni dalla legge 25 ottobre 2016, n. 197), osserva:

G.S., con atto spedito dall’ufficiale giudiziario mercoledì 26 novembre 2014 e notificato all’Agenzia delle entrate il 28 novembre 2014, ricorre per la cassazione della sentenza della CTR dell’Emlia-Romagna n. 87 del 10 dicembre 2013, notificata il 25 settembre 2014. L’Agenzia si difende con controricorso eccependo preliminarmente la tardività del ricorso.

Il contribuente replica con memoria e, con apposita certificazione, documenta la tempestiva presentazione del ricorso all’ufficiale giudiziario il 21 novembre 2011.

Così superato il rilievo preliminare di tardività, il ricorso deve, comunque, essere dichiarato inammissibile sia pure sotto diversi profili (v. Cass. s.u., 8999/09).

In primo luogo è da escludere l’ipotesi dell’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, adombrata nel primo motivo declinato sub art. 360/5 cod. proc. civ..

Infatti, contrariamente all’assunto del contribuente, il giudice d’appello esamina, sia pure succintamente, le risultanze penali, ma ne dà una valutazione diversa da quella dell’A.G. penale. Il che è consentito in ragione del doppio binario di separata cognizione dei medesimi fatti su cui si fonda l'accertamento dell’ufficio finanziario, correlato anche al diverso regime probatorio che regola i due processi (Cass. 19786/11, 2938/15). Sicché l’odierno ricorrente non fa altro che sollecitare una rivalutazione di merito che introduce una inammissibile terza istanza di giudizio (Cass. s.u., 8053/14; v. anche Cass. s.u., 7931/13 in motiv.).

In secondo luogo è da escludere l’ipotesi della violazione o falsa applicazione di norme di diritto.

Mancando ogni specificazione in rubrica delle norme di diritto sostanziali e/o processuali asseritamente disattese dal giudice d’appello, dal contenuto del secondo motivo si ricava che la critica del ricorrente s’incentra essenzialmente sull’art. 2729 co. 2 cod. civ. che vieta la prova per presunzioni laddove, in via generale, non sia ammessa la prova per testimoni, il tutto in presumibile correlazione all’art. 7 proc. trib. laddove vieta l’ingresso della prova testimoniale nel processo tributario.

Invece il ricorso alle presunzioni è ammissibile, essendo positivamente esclusi dall'art. 7 cit. solo il giuramento e la prova testimoniale e non comportando il divieto di ammissione di quest'ultima la conseguente inammissibilità della prova per presunzioni ai sensi dell'art. 2729 cit. in quanto detto divieto, stante la natura della materia e i mezzi d’indagine a disposizione degli uffici e dei giudici tributari, non è applicabile nel contenzioso tributario (Cass. 12854/1997; conf. 7509/16, 22804/06, 12210/02).

Conseguentemente il ricorso può essere deciso in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375, comma 1, cod. proc. civ. con ordinanza d’inammissibilità in forma semplificata.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente alle spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 2300 per compensi oltre alle spese prenotate a debito.

Dà atto che sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo previsto dall’art. 13, co. 1-quater e co. 1-bis, DPR n. 115 del 2002.