Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 09 gennaio 2019, n. 367

Accertamento - Riscossione - Cartella di pagamento - Socio - Reddito percepito

 

Rilevato che

 

1. C.M. impugnava la cartella esattoriale notificatagli il 15 settembre 2006 avente ad oggetto l'importo dovuto a titolo di Irpef, addizionale regionale, addizionale comunale ed accessori per l'anno 2002 rinvenienti dal reddito percepito in qualità di socio nella misura del 50% della società C.R. s.n.c di D.A. e C.. La commissione tributaria provinciale di Palermo accoglieva il ricorso con sentenza che era confermata dalla commissione tributaria regionale della Sicilia sul rilievo che l'avviso di accertamento era illegittimo per violazione dell'articolo 7, comma 1, della legge 212/2000; inoltre il patrimonio della società di cui il contribuente era socio era stato sottoposto a sequestro giudiziario in data 18 luglio 2002 ed in data 25 settembre 2003 ne era stata ordinata la confisca. Conseguentemente per l'anno 2002 il contribuente non aveva percepito alcun reddito data la mancata disponibilità dei beni da parte della società.

2. Avverso la sentenza della CTR propone ricorso per cassazione l'agenzia delle entrate e del territorio affidato a tre motivi. Il contribuente non si è costituito in giudizio.

 

Considerato che

 

1. Con il primo motivo il ricorrente deduce nullità della sentenza, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., per violazione dell'obbligo della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato in quanto i giudici di appello hanno ritenuto illegittimo l'avviso di accertamento per violazione dell'articolo 7, comma 1, della legge 212/2000 laddove il contribuente nelle controdeduzioni prodotte in appello non aveva sollevato alcuna contestazione in merito alla motivazione dell'avviso di accertamento.

2. Con il secondo motivo deduce violazione di legge, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., in relazione agli articoli 1 e 5 del d.p.r. 917/86. Sostiene che il patrimonio della società C.R. s.n.c di D.A. e C.. era stato assoggettato a sequestro giudiziario in data 18 luglio 2002 e, successivamente, a confisca in data 25 settembre 2003. Ne consegue che nel periodo dal 1 gennaio al 17 luglio 2002 la società aveva avuto la piena disponibilità del suo patrimonio e, conseguentemente, il socio aveva percepito redditi in relazione a tale periodo. Ha errato, pertanto, la CTR nell'affermare che dal sequestro operato in data 18 luglio 2002 era derivata l'impossibilità per il socio di percepire reddito alcuno.

3. Con il terzo motivo deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., in relazione agli articoli 1 e 5 del d.p.r. 917/86. Sostiene che la confisca del patrimonio sociale è stata revocata il 26 ottobre 2005 e che, anche per il periodo in cui la società è stata sottoposta a sequestro e poi a confisca, essa ha prodotto reddito in quanto l'amministratore giudiziario ha curato la gestione del patrimonio per conto di un soggetto non ancora individuato sicché il contribuente ne è venuto in possesso al momento della revoca della confisca.

4. Osserva la Corte che il primo motivo è fondato. Invero la CTR ha dichiarato l'illegittimità dell'avviso di accertamento prodromico all'emissione della cartella per violazione dell’articolo 7, comma 1, della legge 212/2000 pronunciandosi, così, su questione che il contribuente non aveva dedotto nell'atto di controdeduzioni in appello, che la ricorrente ha allegato al ricorso in adempimento dell'onere dell'autosufficienza.

5. Il secondo motivo è parimenti fondato in quanto la CTR ha escluso che il contribuente avesse percepito reddito nella qualità di socio della società per il solo fatto che il patrimonio di essa era stato assoggettato a sequestro giudiziario in data 18 luglio 2002 e, successivamente, a confisca in data 25 settembre 2003 senza considerare che nel periodo dal 1 gennaio al 17 luglio 2002 la società aveva avuto la piena disponibilità del suo patrimonio e, conseguentemente, il socio avrebbe potuto percepire reddito.

6. Il terzo motivo è infondato dovendosi considerare che, quand'anche il contribuente abbia percepito, dopo la revoca della confisca, reddito maturato nel periodo in cui il patrimonio è stato amministrato dall'amministratore giudiziario, si tratterebbe di reddito percepito in. un periodo di imposta diverso da quello oggetto dell'accertamento.

7. Vanno, dunque, accolti il primo ed il secondo motivo e rigettato il terzo; l'impugnata decisione va cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia in diversa composizione che, adeguandosi ai principi esposti, procederà alle necessarie verifiche e deciderà nel merito oltre che sulle spese di questo giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il primo ed il secondo motivo, rigetta il terzo, cassa l'impugnata decisione e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia in diversa composizione.