Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 16 maggio 2018, n. 11993

Licenziamento - Per giustificato motivo oggettivo - Tutela reale ex art. 18 L. n. 300/1970

 

Premesso

 

che con sentenza n. 2975/2015, pubblicata il 20 aprile 2015, la Corte di appello di Roma, decidendo in sede di rinvio nella causa promossa da V.L. e F.O. nei confronti di R.D.S. S.p.A. per l'accertamento della illegittimità dei licenziamenti loro intimati per giustificato motivo oggettivo, ha applicato la tutela reale ex art. 18 I. n. 300/1970, in luogo di quella obbligatoria disposta con la sentenza annullata, con detrazione dall'indennità spettante ai lavoratori a titolo risarcitorio (nella misura delle retribuzioni globali di fatto dal licenziamento all'esercizio del diritto di opzione) di quanto dagli stessi percepito per effetto dello svolgimento di altri rapporti, secondo le risultanze dei CUD depositati nel medesimo giudizio;

- che avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione il U. e l'O. con unico motivo;

- che la società ha resistito con controricorso, con il quale ha proposto ricorso incidentale, affidato a quattro motivi;

 

Rilevato

 

che con il motivo proposto i ricorrenti deducono la violazione e falsa applicazione degli artt. 1227 e 2697 cod. civ., dell'art. 18 I. n. 300/1970 e degli artt. 345, 394, 416, 420 e 437 cod. proc. civ., avendo la Corte accolto l'eccezione di aliunde perceptum nonostante che essa fosse stata formulata in difetto dell'indicazione del momento in cui era stata acquisita dalla società datrice di lavoro la conoscenza dei fatti a sostegno della stessa: indicazione da ritenersi invece necessaria, nell'incontestata ammissibilità dell'eccezione anche in sede di giudizio di rinvio, al fine di verificare che le relative circostanze fossero sopravvenute o quanto meno che la loro notizia fosse stata appresa successivamente alle precedenti fasi del processo;

- che con i propri motivi di ricorso (incidentale) la società denuncia: 1) omesso esame dell'eccezione di inammissibilità della domanda nuova di pagamento della "retribuzione" fino alla "riassunzione" proposta in sede di riassunzione ex art. 392 cod. proc. civ. e di decadenza dalla domanda di "risarcimento del danno" ex art. 18 I. n. 300/1970, in quanto non riproposta nella medesima sede del giudizio di rinvio; 2) omesso esame, ai sensi dell'art. 360 n. 4, dell'eccezione di risoluzione dei rapporti per mutuo consenso; 3) omesso esame, ai sensi dell'art. 360 n. 5, di fatti decisivi, costituiti dalle circostanze inerenti la risoluzione per mutuo consenso; 4) omesso esame di istanze istruttorie il cui accoglimento avrebbe con certezza portato a conclusioni diverse da quelle della sentenza impugnata (ordine di esibizione delle dichiarazioni dei redditi e richiesta di informazioni presso i competenti uffici erariali e previdenziali);

osservato

che il ricorso principale è inammissibile;

- che, infatti, i ricorrenti hanno riportato soltanto una parte (pagine 4, 13 e 14) della memoria di costituzione di R.D.S. S.p.A. nel giudizio in riassunzione ed hanno inoltre omesso di trascrivere o riportare, quanto meno nelle parti significative ai fini dell'esame del motivo proposto, gli atti dei precedenti gradi di giudizio dai quali eventualmente desumere che la società aveva già avuto notizia delle attività lavorative intraprese dai ricorrenti dopo la risoluzione dei loro rapporti di lavoro;

- che il motivo proposto non risulta di conseguenza conforme al consolidato orientamento per il quale, in virtù del principio di autosufficienza (art. 366 cod. proc. civ.), il ricorso per cassazione deve contenere in sé tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito ed altresì a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio e accedere a fonti estranee allo stesso ricorso e quindi ad elementi o atti del pregresso giudizio di merito (cfr., fra le molte conformi, Cass. n. 14728/2001);

- che consegue da quanto sopra l'inefficacia ex art. 334, comma 2°, cod. proc. civ. del ricorso incidentale, in quanto notificato il 30 maggio 2016 e, pertanto, oltre il termine di un anno dalla pubblicazione della sentenza impugnata, termine applicabile ratione temporis in presenza di giudizio instaurato anteriormente all'entrata in vigore della I. n. 69/2009 e, con essa, della riduzione alla metà del termine di cui all'art. 327, comma 1°;

ritenuto

conclusivamente che il ricorso principale deve essere dichiarato inammissibile e il ricorso incidentale inefficace;

- che i ricorrenti principali sono tenuti alla rifusione delle spese sostenute nel presente giudizio dalla controparte (Cass. n. 4074/2014), così come liquidate in dispositivo;

- che quest'ultima non può essere condannata al pagamento del doppio del contributo unificato, trattandosi di sanzione conseguente alle sole declaratorie di infondatezza nel merito ovvero di inammissibilità o improcedibilità dell'impugnazione, ex art. 13, comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 (Cass. n. 18348/2017)

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibile il ricorso principale; dichiara inefficace il ricorso incidentale; condanna i ricorrenti principali al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in euro 200,00 per esborsi e in euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese generali al 15% e accessori di legge.

Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti principali, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.