Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 16 maggio 2017, n. 12222

Professioni - Compenso professionale - Parcella

 

Ritenuto

 

che il Giudice del Tribunale di Bologna, con decreto in data 12 marzo 2014, a fronte di una notula delle spese per complessivi euro 976, liquidava in favore dell'Avv. J.M., quale difensore d'ufficio dell'imputato irreperibile I.C., l'importo di euro 340 a titolo di compenso professionale, oltre IVA e CAP, in adozione dei parametri minimi di cui al d.m. n. 140 del 2012, ivi compresa la decurtazione di 1/3 prevista dall'art. 106-bis T.U. spese giustizia;

che l'Avv. J.M. proponeva opposizione ex artt. 170 del d.P.R. n. 115 del 2002 e 702-bis cod. proc. civ.;

che il Tribunale di Bologna, con ordinanza in data 13 ottobre 2015, in accoglimento dell'opposizione, ha disposto la liquidazione a carico dello Stato dell'importo complessivo di euro 500 a titolo di compenso professionale, oltre 12,50% per spese generali, IVA e CPA, nonché del 50% delle spese del giudizio di opposizione, liquidate in complessivi euro 18,50 per spese e 315 per compenso professionale (ossia la metà dell'importo di euro 630), oltre il 15% per spese generali, IVA e CPA;

che — per quanto qui ancora rileva — il Tribunale ha giustificato la compensazione del 50% in ragione della mancanza di difese da parte del Ministero e della riduzione comunque attuata sull'importo richiesto;

che per la cassazione dell'ordinanza del Tribunale l'Avv. M. ha proposto ricorso, con atto notificato il 18 aprile 2016, sulla base di un motivo;

che il Ministero della giustizia ha resistito con controricorso;

che la proposta del relatore, ai sensi dell'art. 380-bis cod. proc. civ., è stata notificata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza in camera di consiglio;

che il ricorrente ha presentato memoria e istanza per l'assegnazione alle Sezioni Unite.

 

Considerato

 

che con l'unico mezzo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 91, primo comma, e 92, secondo comma, cod. proc. civ., dolendosi della disposta parziale compensazione;

che il motivo è manifestamente infondato, essendosi di fronte ad una ipotesi di accoglimento parziale dell'opposizione, avendo il giudice accolto la domanda di liquidazione in misura inferiore all'ammontare preteso di euro 976 (tale essendo l'importo indicato nella notula spese presentata);

che pertanto, la disposta compensazione parziale era giustificata ai sensi dell'art. 92, secondo comma, cod. proc. civ.;

che difatti, questa Corte ha già statuito che la regolazione delle spese di lite può avvenire in base alla soccombenza integrale, che determina la condanna dell'unica parte soccombente al pagamento integrale di tali spese (art. 91 cod. proc. civ.), ovvero in base alla reciproca parziale soccombenza, che si fonda sul principio di causalità degli oneri processuali e comporta la possibile compensazione totale o parziale di essi (art. 92, secondo comma, cod. proc. civ.); a tale fine, la reciproca soccombenza va ravvisata sia in ipotesi di pluralità di domande contrapposte formulate nel medesimo processo fra le stesse parti, sia in ipotesi di accoglimento parziale dell'unica domanda proposta, tanto allorché quest'ultima sia stata articolati in più capi, dei quali siano stati accolti solo alcuni, quanto nel caso in cui sia stata articolata in un unico capo e la parzialità abbia, come nella specie, riguardato la misura meramente quantitativa del suo accoglimento (Cass., Sez. III, 22 febbraio 2016, n. 3438);

che si tratta di orientamento che ha trovato conferma anche nella giurisprudenza successiva (il che esclude che possa essere accolta l'istanza di assegnazione alle Sezioni Unite o di rinvio all'udienza pubblica della sezione ordinaria, presentata dal ricorrente in prossimità dell'adunanza camerale);

che la sentenza della II Sezione civile 31 marzo 2017, n. 8483, ha infatti ribadito: che l'accoglimento parziale della domanda (che può aversi anche quando la parzialità abbia riguardato la misura meramente quantitativa del suo accoglimento), implica soccombenza reciproca;

che questa è tra i motivi di compensazione previsti dall'art. 92 cod. proc. civ.; che l'apprezzamento che il giudice del merito compie a tal fine non è sindacabile in sede di legittimità neppure sotto il profilo delle proporzioni della soccombenza reciproca;

che il ricorso è rigettato;

che le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza e vanno poste a carico del ricorrente;

che ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115/02 (inserito dall'art. 1, comma 17, della legge n. 228/12), applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), ricorrono i presupposti per il raddoppio del versamento del contributo unificato da parte del ricorrente, a norma del comma 1- bis dello stesso art. 13;

che il presente ricorso, infatti, non è esente dal pagamento del contributo, perché l'invocato art. 32 disp. att. cod. proc. pen. esenta dal pagamento di bolli, imposte e spese le procedure per il recupero dei crediti professionali vantati dai difensori d'ufficio nei confronti degli indagati, degli imputati e dei condannati inadempienti, laddove nella specie si è di fronte alla diversa ipotesi della liquidazione richiesta nei confronti dello Stato dal difensore d'ufficio che ha inutilmente esperito le procedure per il recupero del credito professionale, ai sensi dell'art. 116 del d.P.R. n. 115 del 2002.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali sostenute dal Ministero, che liquida in curo 500 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115/02, inserito dall'art. 1, comma 17 legge n. 228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.