Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 29 agosto 2016, n. 17398

Inps - Pensione di invalidità - Ripristino - Reddito da lavoro dipendente - Divieto di cumulo - Deroga

 

Svolgimento del processo

 

1. La Corte d'appello di Roma, con sentenza depositata il 14 maggio 2009, ha rigettato l'appello proposto dall’Inps contro la sentenza resa dal Tribunale di Roma che aveva riconosciuto il diritto di F.S. al ripristino del trattamento pensionistico erogatoli in quanto cieco, ritenendo che il disposto dell'art. 68, comma 1°, legge n. 153 del 1969, abbia introdotto per i ciechi una deroga al generale divieto di cumulare la pensione di invalidità con il reddito da lavoro dipendente.

2. Contro la sentenza, l'Inps propone ricorso per cassazione sostenuto da due motivi. Lo S. non svolge attività difensiva. L'Inps deposita memoria ex art. 378 cod.proc.civ.

 

Motivi della decisione

 

1. Il primo motivo di ricorso è costituito dalla violazione e falsa applicazione degli artt. 6 e 8 legge 11 novembre 1983, n. 638 e dell'art. 68 della legge 30 aprile 1969, n. 153, in relazione all’art. 12 delle preleggi, si ritiene che, sulla base del quadro normativo di riferimento, il disposto degli articoli indicati rubrica, che derogano in favore dei non vedenti al generale divieto di cumulare la pensione di invalidità con reddito anche elevato, non è applicabile ai ciechi titolari di pensione di invalidità civile prevista dalla legge 10 febbraio 1962, n. 66 e successive modifiche e integrazioni. La deroga riguarda la pensione di invalidità a carico dell'assicurazione generale obbligatoria, cioè di una pensione che presuppone comunque il versamento di una pur minima contribuzione versata dagli interessati, non anche la pensione di invalidità civile che è una prestazione esclusivamente assistenziale. Invoca la pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte numero 3814 del 2005. Il motivo si conclude con un quesito di diritto ai sensi dell'art. 366 bis cod.proc.civ., applicabile ratione temporis.

2. Il secondo motivo è invece fondato sulla violazione e falsa applicazione dell'art. 1 legge 10 febbraio 1962, n. 66, in relazione all'art. 5 della legge 27 maggio 1970, n. 382, e all'art. 14 septies del decreto-legge 30 dicembre 1979, n. 663, convertito in legge 29 febbraio 1980, n. 33, come interpretato dalla legge 8 ottobre 1984, n. 600. Assume l'erroneità della pronuncia nella parte in cui ha riconosciuto il diritto alla pensione di invalidità già goduta dallo S. in quanto cieco civile assoluto, nonostante avesse superato i limiti di reddito previsti dalla legge n. 382 del 1970, come integrata dall'art. 14 septies cit., per il quale la pensione non reversibile di cui alla legge n. 66 del 1962 spetta ai ciechi civili sempre che il beneficiario non possegga redditi assoggettabili all'imposta sul reddito delle persone fisiche in un ammontare superiore ai limiti previsti dalla stessa legge.

Chiede che si dichiari che doveva applicarsi al caso di specie la disciplina di cui agli artt. 1 e ss. della legge n. 66/1962 in relazione alle altre norme indicate rubrica, con conseguente sospensione della pensione non reversibile riconosciuta l'interessato in quanto cieco civile assoluto, titolare di un reddito lavorativo superiore alla normativa in vigore.

3. I motivi, che per la loro connessione possono essere congiuntamente esaminati, sono fondati. Questa Corte ha in materia più volte osservato che il diritto dei ciechi civili alla cosiddetta pensione non reversibile (avente una funzione assistenziale, rientrante nell'ambito di cui all’art. 38, primo comma, Cost.), introdotto dalla legge 10 febbraio 1962 n. 66, è rimasto subordinato, diversamente da quello all'indennità di accompagnamento a favore dei ciechi assoluti, alla sussistenza di uno stato di bisogno, individuato dall'art. 5 della legge n. 382 del 1970 nella non iscrizione nei ruoli per l'imposta complementare sui redditi e successivamente nel possesso di redditi assoggettabili all’imposta sul reddito delle persone fisiche di ammontare inferiore a un certo limite (art. 6 D.L. n. 30 del 1974, convertito dalla legge n. 114 del 1974, e poi art. 14 septies del D.L. n. 663 del 1979, convertito con modificazioni dalla legge n. 33 del 1980) (in tal senso, Cass. 5 agosto 2000, n. 10335; Cass. n. Cass. 25 ottobre 2013, n. 24192).

4. In tale ultima pronuncia, in particolare, è stata statuita la cessazione dell'erogazione al superamento del limite di reddito previsto per la pensione di inabilità di cui all'art. 12 della legge 30 marzo 1971, n. 118, di conversione del d.l. del 30 gennaio 1971, n. 5, dovendosi ritenere inapplicabili a detta prestazione sia l'art. 68 della legge 30 aprile 1969, n. 153, dettato per la pensione di invalidità erogata dall'INPS, sia l'art. 8, comma 1 bis, del d.l. 12 settembre 1983, n. 463, convertito con modificazioni in legge 11 novembre 1983, n. 638, che consentono l'erogazione della pensione INPS in favore dei ciechi (avente natura previdenziale: il R.D.L. n. 636 del 1939, art. 9, fa riferimento alta pensione riconosciuta all'invalido a qualsiasi età quando siano maturati determinati requisiti contributivi) che abbiano recuperato la capacità lavorativa, trattandosi di norme di stretta interpretazione (aventi quale presupposto non uno stato di invalidità generica bensì di invalidità lavorativa), il cui fondamento si rinviene nella diversa disposizione di cui all'art. 38, secondo comma, Cost., intese a favorire il reinserimento del pensionato cieco nel mondo del lavoro senza che subisca la perdita della pensione e, dunque, insuscettibili di applicazione analogica (nello stesso senso cfr. Cass. 15 aprile 2014, n. 8752; Cass. ord. 11 novembre 2014, nn. 24003-24011; Cass. 10 aprile 2015, n. 7289, sicché il principio può dirsi consolidato).

5. La fattispecie in esame rientra nelle ipotesi contemplate dalla normativa suindicata e pertanto, in conformità ai precedenti, trova adesso applicazione il principio secondo cui "La pensione non reversibile per i ciechi civili assoluti di cui all’art. 7 legge 10 febbraio 1962, n. 66, è erogata a condizione della permanenza in capo al beneficiario dello stato di bisogno economico, trattandosi di prestazione assistenziale rientrante nell'ambito di cui all'art. 38, primo comma, Cost., con conseguente cessazione dell'erogazione al superamento del limite di reddito previsto per la pensione di inabilità di cui all'art. 12 della legge 30 marzo 1971, n. 118 di conversione del d.l. del 30 gennaio 1971, n. 5, dovendosi ritenere inapplicabili a detta prestazione sia l'art. 68 della legge 30 aprile 1969, n. 153, dettato per la pensione di invalidità erogata dall'INPS, sia l'art. 8, comma 1 bis, del d.l. 12 settembre 1983, n. 463, convertito con modificazioni in legge 11 novembre 1983, n. 638, che consentono l'erogazione della pensione INPS in favore dei ciechi che abbiano recuperato la capacità lavorativa, trattandosi di norme di stretta interpretazione, il cui fondamento si rinviene nella diversa disposizione di cui all'art. 38, secondo comma, Cost., intese a favorire il reinserimento del pensionato cieco nel mondo del lavoro senza che subisca la perdita della pensione e, dunque, insuscettibili di applicazione analogica" (in tal senso, oltre alle sentenze succitate, Cass., 28 settembre 2015, n. 19150).

6. Il ricorso deve pertanto accogliersi, la sentenza impugnata cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti, la causa decisa nel merito direttamente da questa Corte, con il rigetto della domanda proposta dallo S.. Le alterne fasi del giudizio ed il recente stabilizzarsi dell'orientamento di legittimità consigliano la compensazione delle spese dell'intero processo.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta dallo S. in primo grado. Compensa tra le parti le spese dell'intero processo.