Giurisprudenza - TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE LAZIO - Ordinanza 16 dicembre 2015

Imposte e tasse - Esenzione dell'IMU agricola per i terreni ubicati in comuni montani o parzialmente montani ove posseduti o condotti da coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali - Decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 4, convertito, con modificazioni, nella legge 24 marzo 2015, n. 34, art. 1, comma 1, lett. a) e b).

 

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

1. - Il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, istitutivo dell'imposta comunale sugli immobili ha previsto, all'art. 7, comma 1, lettera h), l'esenzione da tale imposta per "... i terreni agricoli ricadenti in aree montane o di collina delimitate ai sensi dell'art. 15 della legge 27 dicembre 1977, n. 984".

I Comuni ricorrenti espongono che, rientrando a pieno titolo tra quelli espressamente individuati ai sensi dell'art. 15 della legge n. 984 del 1977, sono stati coerentemente inseriti nell'elenco allegato alla circolare ricognitiva del Ministero delle finanze del 16 giugno 1993, n. 9 (con cui si era provveduto alla ricognizione di tutti i Comuni ritenuti "montani" o di "collina" ai fini dell'esenzione dall'ICI).

Soggiungono che la situazione non è cambiata con l'istituzione della nuova imposta municipale propria (IMU), che ha sostituito l'ICI in quanto l'art 9, comma 8, decreto legislativo n. 23 del 2011 ha mantenuto, anche per la nuova imposta, la stessa esenzione già prevista dall'art. 7, comma 1, lettera h), del decreto legislativo n. 504 del 1992.

Rappresentano altresì che il Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministero dell'interno e con il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, con decreto del 28 novembre 2014, adottato ai sensi dell'art. 4, comma 5-bis, del decreto-legge n. 66 del 2014, ha assunto quale criterio di riferimento per l'esenzione dalla c.d. IMU agricola la sola quota altimetrica della Casa comunale.

Di talché, i Comuni ricorrenti (tectius: i Comuni di Castroreale e Rodi Milici), hanno impugnato con separati ricorsi il decreto interministeriale del 28 novembre 2014 e tali ricorsi sono stati definiti con sentenze di questa Sezione 4 agosto 2015, numeri 10657 e 10659, che, per sopravvenuta carenza di interesse, hanno dichiarato l'improcedibilità degli stessi.

Successivamente, è stato adottato il decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 4, che ha dettato altri criteri per l'individuazione dei comuni esenti.

I ricorrenti hanno premesso che né l'elenco dei Comuni classificati "montani" e "parzialmente montani" predisposto dall'Istat e richiamato dall'art. 1, comma 1, del decreto-legge n. 4 del 2015, né le tabelle sulle variazioni compensative al Fondo di Solidarietà Comunale richiamate ai commi successivi della medesima disposizione sarebbero oggetto di un rinvio recettizio idoneo ad attribuire loro forza e valenza di legge formale, con conseguente sottoposizione alla giurisdizione amministrativa.

In particolare, la mancata specificazione degli estremi di pubblicazione dell'elenco richiamato dalla norma impedirebbe di cristallizzare nel corpo della disposizione richiamante uno specifico contenuto.

Né sarebbe stato indicato, a differenza che nel passato, il criterio normativo sulla cui base dell'Istat dovrebbe provvedere nei propri elenchi ad attribuire le qualifiche necessarie ad ottenere ovvero escludere l'esenzione tributaria.

La medesima natura di atto amministrativo dovrebbe essere conseguentemente riconosciuta alle tabelle richiamate ai commi sette, otto e nove dell'art. 1 del decreto legislativo n. 5 del 2014 che, contenendo l'indicazione delle variazioni compensative da applicarsi al Fondo di Solidarietà a seguito della previsione di maggior gettito dell'imposta, sarebbero strettamente dipendenti dall'elenco di cui al primo comma e parteciperebbero della medesima natura amministrativa di tale elenco.

Il ricorso è articolato nei seguenti motivi di impugnativa:

Violazione del principio di riserva di legge ex art. 23 della Costituzione. Violazione dei principi di uguaglianza e ragionevolezza dell'imposizione tributaria. Violazione degli artt. 29, legge n. 142 del 1990, 7, del decreto legislativo n. 504 del 1992 e 15, della legge n. 984 del 1977. Eccesso di potere per difetto di motivazione, disparità di trattamento ed ingiustizia manifesta.

L'art. 1 del decreto-legge n. 4 del 2015 rinvia "all'elenco dei Comuni italiani predisposto dall'Istituto nazionale di statistica" sia per l'individuazione dei Comuni totalmente montani, nel cui territorio tutti i terreni agricoli sono esenti, dall'Imposta Municipale Propria, che per l'individuazione dei Comuni parzialmente montani, nel cui territorio i terreni agricoli sono esenti dall'imposta solo se posseduti e condotti dai coltivatoti diretti e dagli imprenditori agricoli professionali di cui all'art. 1 del decreto legislativo n. 99 del 2004, iscritti nella previdenza agricola.

I criteri per l'applicazione dell'esenzione tributaria non potrebbero essere stabiliti dall'Istat mediante i propri elenchi, ma avrebbero dovuti essere predeterminati in modo formale con l'atto legislativo. Viceversa, sarebbe violato il principio di cui all'art. 23 della Costituzione a mente del quale nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge.

Infatti, l'esenzione dall'imposta, in precedenza, era regolata dalla disposizione contenuta al primo comma, lettera h), dell'art. 7, decreto legislativo n. 504 del 1992.

I Comuni ricorrenti avrebbero i requisiti oggettivi fissati dalla legge n. 991 del 1952 per il riconoscimento del carattere di "montanità".

Illegittimità derivata. Eccesso di potere per travisamento, difetto di istruttoria e sviamento dalla causa tipica. Difetto assoluto di motivazione. Irragionevolezza e ingiustizia manifesta.

Violazione dei principi comunitari di legittimo affidamento e certezza del diritto.

Le censure dedotte, in ragione del rapporto di consequenzialità tra l'esenzione dall'imposta e la decurtazione delle risorse finanziarie in danno dei Comuni ricorrenti, refluirebbero in via derivata sull'illegittimità delle variazioni compensative disposte con le tabelle allegate al decreto-legge n. 5 del 2014.

Le variazioni compensative, peraltro, sarebbero affette anche da vizi propri quale, in particolare, la mancata elaborazione sulla base di una effettiva stima del maggior gettito conseguente per ciascun Comune dal venir meno dell'esenzione dall'imposta.

I Comuni, in ogni caso, non potrebbero imporre retroattivamente in capo ai contribuenti il pagamento dell'IMU agricola per il 2014, ostandovi il fondamentale principio, di derivazione comunitaria, del legittimo affidamento.

Il preteso maggior gettito d'imposta che i Comuni sono obbligati ad iscrivere in bilancio determinerebbe riflessi negativi sul patto di stabilità interno.

L'Avvocatura Generale dello Stato, fin via preliminare, ha sollevato le seguenti eccezioni processuali:

inammissibilità del ricorso collettivo in quanto non si riscontrerebbe un interesse univoco che accomuna le posizioni di tutti i ricorrenti. In particolare, non si comprenderebbe quale interesse al ricorso possa avere un comune i cui terreni, esenti sulla base dei vecchi criteri, continuano ad essere esenti;

mancata integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti gli altri enti territoriali che avrebbe interesse alla conservazione degli atti impugnati;

inammissibilità del ricorso in quanto l'elenco dei comuni italiani pubblicato sulla pagina web dell'Istat non potrebbe essere configurato come un provvedimento amministrativo e comunque non sarebbe autonomamente impugnabile, atteso che, oltre ad essere privo delle caratteristiche e dei requisiti tipici del provvedimento amministrativo, costituirebbe il risultato di una raccolta di dati ed informazioni, riportati in una tabella per ciascun comune italiano, in virtù dell'attività di cui all'art. 1, decreto legislativo n. 322 del 1989;

carenza di legittimazione passiva dell'Istat che non avrebbe elaborato la classificazione censurata né avrebbe concorso ad adottare gli atti impugnati, sicché dovrebbe essere estromesso dal giudizio. L'Istat, per quanto concerne la qualificazione montana/parzialmente montana/non montana, si sarebbe limitato a raccogliere e diffondere sul proprio sito istituzionale informazioni derivanti da fonti diverse;

assenza di qualunque doglianza volta a contestare presunti vizi di legittimità dell'elenco impugnato;

inammissibilità per carenza di interesse in quanto il ricorso sarebbe principalmente rivolto avverso un atto ex se non impugnabile e privo dei presupposti tipici del provvedimento amministrativo ed in quanto, inoltre, non si evincerebbe che parte ricorrente abbia subito un pregiudizio diretto ed immediato dall'elenco impugnato;

inammissibilità della richiesta di rimessione della questione di legittimità costituzionale.

Nel merito, ha contestato la fondatezza delle censure dedotte concludendo per il rigetto del ricorso.

I ricorrenti hanno depositato altra memoria a sostegno delle proprie ragioni.

All'udienza pubblica del 4 novembre 2015, la causa è stata trattenuta per la decisione.

2. - Il Collegio ritiene che sia rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, del decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 4, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2015, n. 34, nella parte in cui, alle lettere a) e b), prevede l'esenzione dall'IMU agricola per i terreni ubicati nei comuni classificati totalmente montani o parzialmente montani (in tal caso, ove posseduti e condotti da coltivatori diretti e da imprenditori agricoli professionali) nell'elenco dei comuni italiani predisposto dall'Istat.

2.1. - La questione si presenta all'evidenza rilevante ai fini della decisione della controversia in quanto la legittimità dell'impugnato elenco Istat e delle conseguenti tabelle riportanti gli importi delle variazioni compensative sulle risorse precedentemente stanziate a valere sul Fondo di Solidarietà Comunale e, quindi, la definizione del presente giudizio discende inevitabilmente dalla risoluzione della questione di legittimità costituzionale della norma nella parte in cui determina che l'esenzione dall'IMU per i terreni agricoli situati in ogni singolo Comune discende dalla classificazione del grado di montanità dei Comuni stessi contenuta nell'elenco predisposto dall'Istat.

2.2. - Detta questione, oltre che rilevante ai fini della decisione della controversia, non è manifestamente infondata con riferimento alla possibile violazione dell'art. 23 della Costituzione secondo cui nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge. La riserva di legge di cui all'art. 23 della Costituzione, già prevista nello Statuto albertino, contiene il principio classico delle democrazie liberali "no taxation without representation" e, attraverso la locuzione "in base alla legge", si configura come una riserva relativa e non assoluta, per cui la legge può non regolare integralmente il rapporto tributario, demandando ad un regolamento, o ad altra fonte subordinata, la disciplina specifica degli elementi fissati in generale dalla norma primaria.

La problematica di maggiore rilievo, quindi, si concreta nell'individuazione di quale contenuto minimo la legge debba avere nel disciplinare la fattispecie tributaria e, di tale contenuto minino, è stato ritenuto essere elemento ineliminabile la specificazione del presupposto di fatto fonte dell'obbligazione.

La Corte costituzionale ha avuto modo di chiarire come, in linea di principio, non vi sia dubbio che le norme di agevolazione tributaria siano anch'esse, al pari delle norme impositive, sottoposte alla riserva relativa di legge di cui all'art. 23 della Costituzione perché realizzano un'integrazione degli elementi essenziali del tributo (sentenze n. 60 del 2011 e n. 123 del 2010).

Ne consegue che i profili fondamentali della disciplina agevolativa, così come di quella impositiva, devono essere regolati direttainente dalla fonte normativa primaria.

Nel caso esaminato nella sentenza n. 60 del 2010, ad esempio, nel dichiarare infondata la questione di legittimità costituzionale con riferimento all'art. 23 della Costituzione, la Corte costituzionale ha rappresentato che le norme censurate hanno attribuito alla Giunta regionale la possibilità di concedere agevolazioni fiscali "nei limiti stabiliti annualmente con legge finanziaria regionale", per cui, affinché la riserva di legge sia rispettata, è necessario che il riferimento alla legge finanziaria sia inteso nel senso che quest'ultima non deve limitarsi a fissare i tetti massimi dell'importo delle agevolazioni accordate, ma deve determinare in modo sufficiente anche le fattispecie di agevolazioni, individuandone gli elementi fondamentali, quali, tra gli altri, i presupposti soggettivi ed oggettivi per usufruire del beneficio.

L'art. 1, del decreto-legge 24 gennaio 2015, n, 4, come innanzi precisato, ha previsto che, a decorrere dall'anno 2015, l'esenzione dall'imposta municipale propria (IMU) prevista dalla lettera h), del comma 1, dell'art. 7 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, si applica:

"a) ai terreni agricoli, nonché a quelli non coltivati, ubicati nei comuni classificati totalmente montani di cui all'elenco dei comuni italiani predisposto dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT);

b) ai terreni agricoli, nonché a quelli non coltivali, posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali ... ubicati nei comuni classificati parzialmente montani di cui allo stesso elenco ISTAT".

Di talché, la norma di legge ha fissato il criterio generale per ottenere l'esenzione dall'IMU, vale a dire l'ubicazione dei terreni agricoli e di quelli non coltivati nei comuni totalmente montani e l'ubicazione dei terreni agricoli e di quelli non coltivati, posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali, nei comuni parzialmente montani, ma ha demandato la classificazione dei comuni come totalmente montani, parzialmente montani o non montani all'Istat, vale a dire all'elenco predisposto da tale istituto.

Il presupposto di fatto per l'applicazione dell'agevolazione e, di converso, per l'applicazione dell'imposta, quindi, discende da una variabile esogena al dettato legislativo, la classificazione dei singoli Comuni nell'elenco predisposto dall'Istat.

Il rispetto o meno della riserva relativa di legge, di conseguenza, postula la verifica della natura del potere amministrativo nella formazione del suddetto elenco, nel senso che se il potere esercitato è vincolato da norme di legge, sia pure differenti rispetto alla norma di cui all'art. 1, decreto-legge n. 4 del 2015, il presupposto di fatto dell'agevolazione deve comunque ritenersi stabilito dalla legge con conseguente compatibilità costituzionale della norma, mentre se il potere esercitato nella predisposizione dell'elenco non è vincolato ma è espressione di discrezionalità amministrativa, il presupposto di fatto dell'agevolazione e, di contro, dell'imposizione non può ritenersi stabilito dalla legge, con conseguente sospetto di incostituzionalità della norma attributiva del beneficio e, in definitiva, indicativa del perimetro di applicazione dell'imposta.

L'Avvocatura Generale dello Stato, nella propria memoria, ha rilevato, quanto alla classificazione per grado di montanità, che l'elenco impugnato - che prevede la suddivisione dei Comuni in "totalmente montani", "parzialmente montani" e "non montani" - non è stato direttamente elaborato dall'Istat, ma dalla Commissione censuaria centrale che operava presso il Ministero dell'economia e delle finanze. In particolare, la legge n. 991 del 1952 assegnava proprio a tale Commissione il compito di compilare un elenco nel quale venivano individuati i terreni montani, al fine di concedere talune agevolazioni contributive. Tale classificazione è stata fino al 2009 oggetto di attività di revisione svolta dall'UNCEM (Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani ora confluita nell'ANCI).

L'art. 1 della legge n. 991 del 1952 considerava territori montani i Comuni censuari situati per almeno l'80% della loro superficie al di sopra di 600 metri di altitudine sul livello del mare e quelli nei quali il dislivello tra la quota altimetrica inferiore e la superiore del territorio comunale non è minore di seicento metri, sempre che il reddito imponibile medio per ettaro fosse inferiore a certe soglie, attribuendo alla Commissione censuaria centrale il compito di compilare e tenere aggiornato un elenco ed altresì la facoltà di includere nell'elenco stesso i Comuni, o le porzioni di Comune, anche non limitrofi ai precedenti, i quali, pur non trovandosi nelle condizioni anzidette, presentino pari condizioni economico-agrarie, con particolare riguardo ai Comuni già classificati montani nel catasto agrario ed a quelli riconosciuti, per il loro intero territorio, danneggiati per eventi bellici.

Tale articolo è stato prima sostituito dall'articolo unico della legge n. 657 del 1957 e successivamente abrogato dall'art. 29 della legge n. 142 del 1990.

Ne consegue che, se durante la vigenza dell'art. 1, della legge n. 991 del 1952 l'elenco formato dalla Commissione censuaria poteva dirsi sostanzialmente vincolato dalla norma di legge, una volta abrogata tale disposizione, i parametri per la formazione dell'elenco sono divenuti discrezionali e se l'Istat, o qualunque altra amministrazione abbia il potere di incidere sulla formazione dell'elenco stesso, ha deciso di mantenere la classificazione effettuata prima dalla Commissione censuaria e dopo dall'Uncem lo ha fatto in modo del tutto volontario e svincolato da un dettato legislativo non più esistente.

In altri termini, con l'entrata in vigore del decreto-legge n. 4 del 2015, il criterio di esenzione dall'IMU agricola è basato sulla classificazione dei Comuni di cui all'elenco Istat, sicché, abrogate già nel 1990 le norme del 1952 che dettavano i parametri per la redazione dell'elenco, l'eventuale riferimento agli stessi parametri da parte dell'amministrazione competente costituisce una determinazione discrezionale e non più vincolata dalla norma di legge.

Il Collegio, sulla base di tali considerazioni, ritiene che la norma di cui all'art. 1 del decreto-legge n. 4 del 2015, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge n. 34 del 2015, possa rivelarsi violativa della riserva relativa di legge di cui all'art. 23 della Costituzione nella parte in cui, alle lettere a) e b), prevede l'esenzione dall'IMU agricola per i terreni ubicati nei comuni classificati totalmente montani o parzialmente montani (in tal caso, ove posseduti e condotti da coltivatori diretti e da imprenditori agricoli professionali) nell'elenco dei comuni italiani predisposto dall'Istat.

Infatti, il presupposto di fatto fonte dell'esenzione tributaria è demandato ad una classificazione del grado di montanità dei Comuni contenuta in un atto amministrativo non predisposto nell'attuazione vincolata di criteri prefissati da una norma di legge, ma frutto di discrezionalità dell'amministrazione che redige l'elenco o, eventualmente (anche se dagli atti del giudizio non risulta chiaro quale sia l'autorità amministrativa effettivamente competente, fermo restando, ovviamente, che un'amministrazione competente deve necessariamente esserci), di altra amministrazione che abbia il potere di incidere sui criteri di formazione dello stesso.

3. - Il Collegio, diversamente, ritiene che siano manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale astrattamente ipotizzabili con riferimento agli artt. 3, 81 e 119 della Costituzione nonché quelle relative alla violazione del principio di irretroattività delle norme.

3.1. - Nel caso di specie, non viene in rilievo il canone di ragionevolezza di cui all'art. 3 della Costituzione, assurto nella giurisprudenza costituzionale a clausola generale, anche quale limite immanente all'esercizio della discrezionalità del legislatore, in quanto la questione di compatibilità costituzionale della norma riguarda proprio l'assenza di criteri utili a definire il grado di montanità - che in una materia coperta da riserva relativa di legge dovrebbero essere necessariamente presenti - e non già la presenza di criteri che possano essere reputati irragionevoli o lesivi del principio di uguaglianza.

5.2. - In relazione agli artt. 81 e 119 della Costituzione, inoltre, il Collegio rileva che se è vero, ed in questo è individuabile l'interesse al ricorso, che un Comune, precedentemente classificato come montano, può essere leso dalla sostituzione di un'entrata certa, quale quella derivante dal finanziamento a carico del fondo di solidarietà comunale, con un'entrata presunta e più difficile da realizzare immediatamente e per intero, oltre che più onerosa per i proprietari dei terreni agricoli stanziati sui territori comunali non più esentati dal pagamento dell'imposta, quale il gettito derivante dal pagamento dell'IMU agricola, è altrettanto vero che non può da questa previsione di legge desumersi alcuna violazione dei precetti costituzionali.

In particolare, non è ravvisabile alcuna lesione delle prerogative costituzionalmente riconosciute agli enti locali atteso che, come in modo condivisibile posto in rilievo dall'Avvocatura Generale dello Stato in fattispecie analoghe, il versamento di un tributo ha ontologicamente insito un profilo di incertezza per ciò che riguarda sia la corresponsione dello stesso, dipendente dalla volontà del contribuente o dall'eventuale accertamento del Comune, sia la quantificazione della prestazione che può dar luogo ad errori o inesattezze, per le quali il Comune è comunque dotato degli strumenti adeguati per accertare l'evasione o l'inesattezza dei versamenti e ripristinare così la regolarità della posizione tributaria.

3.3. - Per quanto concerne, infine, la prospettata violazione del principio di irretroattività, occorre in primo luogo rilevare che la riduzione delle esenzioni dall'IMU agricola per farne derivare un maggior gettito annuo complessivo è stata prevista dall'art. 4, comma 5-bis, del decreto-legge n. 16 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 44 del 2012, come sostituito dall'art. 22, comma 2, del decreto-legge n. 66 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 89 del 2014.

Ne consegue che la modifica del regime di esenzione dall'IMU agricola, avente decorrenza dal periodo d'imposta 2014, non può dirsi abbia effetto retroattivo e, comunque, non può ritenersi leso il principio di affidamento dei contribuenti prima esentati in quanto, almeno dal 24 aprile 2014 (data di pubblicazione del decreto-legge n. 66 del 2014), gli stessi erano in grado di conoscere che il regime di esenzione, sarebbe variato per ricavarne un maggior gettito complessivo annuo.

Inoltre, per l'ipotesi in cui un determinato terreno, esente in base alla previsione del decreto interministeriale del 28 novembre 2014, sia invece assoggettato all'IMU agricola in base alla previsione dell'art. 1 del decreto-legge n. 4 del 2015, ai sensi del quarto comma 4 dello stesso art. 1, conserva efficacia in parte qua il decreto interministeriale con esclusivo riferimento all'anno di imposta 2014.

A ciò si aggiunga, ad ogni buon conto, che fra i precetti costituzionali preposti all'ordinamento tributario non esiste il divieto di retroattività delle norme, come invece accade per il diritto penale ai sensi dell'art. 25 della Costituzione.

4. - Per tutte le ragioni sopraesposte, il Collegio ritiene rilevante ai fini della decisione della controversia e non manifestamente infondata, per violazione dell'art. 23 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, del decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 4, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2015, n. 34, nella parte in cui, alle lettere a) e b), prevede l'esenzione dall'IMU agricola peri terreni ubicati nei comuni classificati totalmente montani o parzialmente montani (in tal caso, ove posseduti e condotti da coltivatori diretti e da imprenditori agricoli professionali) nell'elenco dei comuni italiani predisposto dall'Istat, sicché deve essere disposta la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e la sospensione del giudizio ai sensi dell'art. 134 della Costituzione, dell'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e dell'art. 23 della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 87.

 

P.Q.M.

 

Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sezione Seconda, riservata al definitivo ogni ulteriore statuizione in rito, nel merito e sulle spese, così provvede:

Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in relazione all'art. 23 della Costituzione, la, questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 del decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 4, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2015, n. 34, nella parte in cui, alle lettere a) e b), prevede l'esenzione dall'IMU agricola per i terreni ubicati nei comuni classificati totalmente montani o parzialmente montani (in tal caso, ove posseduti e condotti da coltivatori diretti e da imprenditori agricoli professionali) nell'elenco dei comuni italiani predisposto dall'Istat;

Dispone la sospensione del giudizio e ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;

Ordina che, a cura della Segreteria della Sezione, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei ministri nonché comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.

 

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Provvedimento pubblicato nella G.U. del 24 agosto 2016, n. 34