Giurisprudenza - COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE MILANO - Sentenza 13 dicembre 2016, n. 9408

Tributi - Accertamento induttivo - Scritture contabili sono correttamente tenute - Necessari gravi indizi idonei a sostenere il sospetto di una non veritiera esposizione dei valori contabili

 

Ricorso avverso avviso di accertamento n. (...), notificato in data 17 novembre 2015 con il quale venivano pretesi maggiori importi ai fini ERES, IRAP e IVA, in relazione all'anno d’imposta 2010.

Con ricorso depositato il 29 aprile 2016, l’ente ricorrente "(...) Associazione Sportiva Dilettantistica" impugnava l’atto in epigrafe. La controversia traeva origine dalla redazione del PVC a seguito della conclusione di una specifica verifica fiscale.

Eccepiva l’illegittimità dell’avviso per il disconoscimento dei requisiti di cui all’art. 148, comma 8 del TUIR e art. 4, comma 7 del D.P.R. 633/72. Precisava che rispettava tutti i requisiti previsti dall’articolo da ultimo citato, poiché lo statuto era conforme. Affermava poi che era iscritta al CONI, al FISE (Federazione Italiana Sport Equestri) e che la stessa agenzia, non avendo mai contestato tale qualifica, riteneva la ricorrente ante no-profit a tutti gli effetti. Citava delle sentenze di merito laddove chiarivano che era normale che tali enti per la promozione dello sport equestre erano dotati anche di strutture dove accudire e ricoverare i cavalli e che non era possibile tracciare una linea netta tra attività sportiva e attività di accudimento e cura/pernottamento degli animali. Ancora ribadiva il pieno rispetto dei requisiti previsti per continuare ad operare come un’ASD (Associazione Sportiva Dilettantistica). L’ufficio contestava nell’atto impugnato che l’attività svolta era commerciale anche perché agli associati veniva praticato uno sconto, perché vi erano delle quote differenziate ecc.. Sul punto l’ente evidenziava che era la stessa FISE che caldeggiava ai proprio associati il praticare di sconti alle famiglie al fine di promuovere il più possibile tale tipo di sport. Citava l’art. 7 del D.L. n. 136/2004, che, a suo dire, individuava come unico ente, atto a disconoscere i requisiti di ASD, il CONI e non certo l’ufficio delle entrate.

Eccepiva poi l’errata ricostruzione del reddito, ovvero, l'illegittima determinazione induttiva dei ricavi commerciali e violazione degli artt. 39, comma 1 del D.P.R. 600/73 e dell’art. 54 del D.P.R. 633/72. La ricostruzione induttiva era avvenuta partendo dal libro presenze degli animali tenuto ai fini A.S.L., moltiplicando le presenze per gli importi fissati mensilmente quale quota accudimento cavallo. La ricorrente si doleva del modo del tutto grossolano con cui i verificatori si erano serviti degli elementi raccolti al fine della ricostruzione del reddito. Evidenziava la ricorrente che il n.ro di box differiva nell’anno d’imposta accertato e che il libro presenze A.S.L. non teneva conto delle innumerevoli uscite/entrate degli animali in corso d’anno, ecc... Ancora l’ente evidenziava, a corroborazione della erroneità della ricostruzione dei redditi effettuata come lo stesso aveva optato per il regime di cassa ai sensi della L. 398/1991 e che di questo i verificatori non ne avevano tenuto minimamente conto. Si lagnava poi dell’uso distorto e illegittimo che l’ufficio aveva fatto delle presunzioni di cui agli artt. 39 del D.P.R. 600/73 e 54 del D.P.R. 633/72 - Ancora contestava con fermezza il rilievo sollevato dall’ufficio sull'omessa tenuta delle scritture contabili All’uopo allegava copie di mastrini e rendiconti e altresì dava indicazione del luogo ove le scritture contabili erano tenute e conservate. Ancora sollevava l’illegittimità dell’atto impugnato per mancato assolvimento dell’onere della prova in violazione dell’art. 2697 c.c.. Più precisamente l’ente si doleva del fatto che l’A.F. avesse invertito l’onere della prova facendolo incombere, in modo illegittimo, sulla contribuente, inversione per la quale non vi erano i presupposti, anche alla luce dei grossolani errori fatti nella ricostruzione induttiva del reddito e anche sul fatto che le scritture contabili erano state correttamente tenute. Eccepiva poi la violazione dell’art. 42 del D.P.R. 600/73.

Ancora evidenziava l’illegittimità delle sanzioni irrogate, illegittimità che discendeva direttamente, a monte, dall’illegittimità dell’atto impugnato. Altresì si doleva della mancata applicazione delle disposizioni previste dalla L. 398/91 ciò in quanto, attesa la sussistenza, a suo dire, di tutti i requisiti formali, oggettivi e soggettivi non capiva il motivo per il quale l’ufficio non aveva applicato la determinazione forfettaria della maggiore imposta dovuta. Chiedeva l’accoglimento integrale del ricorso.

In data 7 luglio 2016, l’officio delle entrate diveniva parte nel processo. Esordiva specificando che l’attività svolta dall’ente era di tipo commerciale, affermazione che trovava il proprio fondamento su due ordini di ragioni. La prima attraverso un’analisi puntuale e attenta circa la natura dell’attività esercitata, le modalità di svolgimento della stessa e l’organizzazione dell’ente. La seconda ragione poggiava, essenzialmente, sulla constatata continuità in capo all’ente dell’attività già svolta dalla società "S.r.l.". Sull’asserita violazione dell’art. 42 del D.P.R. 600/73, l’ufficio riteneva tale doglianza infondata alla luce dei principi che regolano la validità e legittimità degli atti amministrativi e della giurisprudenza di Cassazione formatasi sul punto. Nel merito l’ufficio spiegava il perché ha ritenuto sussistente lo svolgimento di attività commerciale. In primis, l’ufficio riteneva che offrire dietro specifici corrispettivi un servizio di pensionamento, per quanto accessorio e/o complementare era attività di natura commerciale anche in forza della tutto marginale attività, riguardante l’organizzazione di eventi sportivi. Specificava infatti che la fonte di maggior introito per l’ente derivava da tale attività di pensionamento che non poteva essere qualificata come accessoria e complementare.

L’ufficio poi seguitava nell’esposizione analitica delle motivazioni per le quali riteneva che l’ente svolgesse attività commerciale, quali ad esempio, l’ampia gamma di servizi; la pubblicità; la scontistica; le quote differenziate; ecc.. Evidenziava poi che oltre alla violazione dei principi di uguaglianza, solidarietà, erano state violate anche importanti norme statutarie relative all’elezione degli organi sociali e alla trasparenza. Sulla contestazione relativa al metodo di ricostruzione dei redditi l’ufficio replicava che tale doglianza non era meritevole di qualsivoglia apprezzamento, poiché priva di qualsiasi supporto documentale e che la ricostruzione effettuata si basava su elementi certi e precisi, ovvero, vale a dire le tariffe di pensionamento e dei servizi aggiuntivi così come comunicate da parte avversa e le presenze degli animali rilevate dal registro equidi. Ancora specificava che l’ente, in violazione del principio della trasparenza non aveva contabilizzato tutte le entrate con la conseguenza che era legittimo presumere un utilizzo improprio delle risorse per finalità non istituzionali. Ancora aggiungeva che dei tre istruttori cui si faceva riferimento nelle osservazioni presentate non vi era traccia nel modello 770 presentato.

Evidenziava poi che non era sufficiente, ai fine della fruizione del trattamento tributario di favore in esame, né la mera appartenenza dell’ente alla categoria delle associazione in questione né l’aver operato secondo le indicazioni fornite dal CONI o dal FISE. Ancora ribadiva che la continuità in capo all’associazione dell’attività già svolta dalla società " S.r.L." Sul punto ripercorreva le vicende che avevano portato alla nascita dell’associazione e specificava che l’ente aveva "ereditato" sia la compagine sociale familiare sia la struttura amministrativa della società, sia la rappresentanza, sia la sede legale stessa, sia lo stesso regolamento che erano identici a quelli relativi all’ex società di capitali. Ebbene l’ufficio riteneva sussistenti e consistenti le evidenze dello svolgimento di attività commerciale. Seguitava poi nell’esporre la modalità di quantificazione dei ricavi e della deducibilità dei costi con l’ausilio di tabelle esplicative, sia ai fini IRES che IRAP, nonché dell’IVA. Sull’onere della prova e, in particolare sull'inversione dello stesso, l’Ade, adduceva come secondo la Cassazione era legittimo un siffatto accertamento pur in presenza di contabilità formalmente corretta, qualora la stessa possa essere considerata complessivamente inattendibile, come nel caso di specie. Di conseguenza l’eccepita illegittimità delle sanzioni veniva a essere totalmente inconferente attesa, a dire dell’ufficio, la perfetta legittimità dell’atto impugnato nonché la colpevolezza del comportamento tributario dell’ente, Sulla mancata applicazione delle disposizioni previste dalla L. 398/91 l’ufficio evidenziava che le stesse non potevano essere applicate poiché la ricorrente aveva svolto le proprie attività in spregio alle clausole, prevista dalla Legge, che imponevano l’assenza di scopo di lucro e l’effettività del rapporto associativo. Chiedeva il rigetto del ricorso.

Il Collegio giudicante accoglie il ricorso alla stregua delle seguenti motivazioni ed argomentazioni.

Nel merito

L’ufficio ritiene che la condotta posta in essere dalla contribuente violi i requisiti posti alla base dell’esercizio di attività sportiva dilettantistica e fonda tale convincimento sulla base che i corrispettivi specifici, corrisposti dietro l’erogazione del servizio di pensionamento degli animali, non sia di natura accessoria e/o complementare. Questo Giudice sul punto, ritiene invece, che siffatti servizi, di ricovero ed accudimento del cavallo, non siano scindibili dall’attività sportiva in quanto, la cura dell’animale rientra, a tutti gli effetti, ira le azioni inerenti e conseguenti lo svolgimento della detta attività sportiva. La contribuente, a mente della sentenza n. 2048 del 16 aprile 2014 della CTR della Lombardia, specificava che scopo delle associazioni di questo tipo era quello della diffusione e della pratica di sport equestri con la conseguenza che la stessa pratica, nei suoi fini istituzionali, comprenda anche l’accoglienza e la cura dei cavalli dei soci e, solo tramite tale ospitalità risulta conseguibile la finalità perseguita dall’associazione, ovvero, vate a dire, la pratica e diffusione dello sport equestre. Altresì questo Collegio rileva che la ricorrente era in regola con la sussistenza di tutti i requisiti formali previsti dall’art. 148 del TUIR. Tali requisiti formali trovano la loro estrinsecazione nella conformità dello statuto - che è il documento che regola l’effettivo svolgimento dell’attività, che prescrive precisi obblighi e divieti, al fine di potere godere dell’agevolazione de qua - alle disposizioni del TUIR. Dalla lettura del fascicolo processuale non risulta a tale organo Giudicante che l’attività svolta dalla ricorrente integri una violazione delle disposizioni ivi contenute. Lo statuto dell’A.S.D. è stato redatto in conformità alla Legge e l’operato della stessa risulta conforme alle disposizioni delle statuto stesso, L’ufficio riteneva invece che tali requisiti fossero stati violati sulla base di una serie di assunzioni le quali però, a giudizio di questo Giudice, non possono rientrare tra quelle considerate dall’articolo da ultimo citato, a memoria del quale, al comma 3, recita che "... non si considerano commerciali le attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici nei confronti degli iscritti, associati o altri partecipanti, di altre associazioni che svolgono la medesima attività ... "La disposizione continua nel prescrivere al comma 8, alcune limitazioni all’operatività del comma 3, le quali, nel caso di specie, risultano non essere sussistenti. Infatti l’agenzia delle entrate ritiene che la ricorrente svolga attività commerciale sulla base dell’ampia gamma di servizi offerti; sulla pubblicità; sulla scontistica; sulle quote differenziate; sulla simmetria tra associato e cliente ed altro ancora. Questo Giudice ritiene che tali elementi, per come sono stati desunti, non integrano in nessun modo la violazione dell’art. 148 del TUIR e la conseguente integrazione degli elementi caratterizzati dal successivo articolo 149 del medesimo decreto presidenziale. Sulla base di ciò, risulta illegittima la ricostruzione del reddito effettuata dall’ufficio, stante la mancanza di prove atte ad autorizzare l’agenzia, ad effettuare un accertamento di tipo analitico-induttivo come invece è accaduto nel caso di specie. Le scritture contabili dell’A.S.D., così come risulta dal verbale giornaliero (sub allegato 15 del fascicolo di parte ricorrente) risultavano essere correttamente tenute e, questo Giudice, ritiene che l’ufficio non ha raccolto sufficienti elementi probativi atti alla dimostrazione della sussistenza di palesi e illogici comportamenti di gestione aziendale idonei ad adombrare il sospetto di una non veritiera esposizione dei valori contabili, tali da giustificare l’accertamento induttivo eseguito. Sono queste le motivazioni per le quali il ricorso viene accolto ed annullato in toto l’avviso di accertamento impugnato. Tenuto conto della peculiarità del caso sottoposto all’attenzione della Commissione giudicatrice le spese vengono compensate.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso. Spese compensate.