Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 12 maggio 2017, n. 11899

Rapporto di lavoro - Trattamento economico integrativo - Riconoscimento - Conseguimento dei risultati di gestione

 

Fatti di causa

 

M.F., Direttore tecnico incaricato dall'ARTA Abruzzo (Agenzia Regionale per la Tutela dell'Ambiente) dal novembre 2005 al dicembre 2007, conveniva l'Ente davanti al Tribunale di Pescara deducendo il mancato riconoscimento del trattamento economico integrativo ex art. 2, comma 5 del d.p.c.m. n. 502/1995 il quale stabilisce che "...il trattamento retributivo può essere integrato da una ulteriore quota, fino al 20% dello stesso, sulla base dei risultati di gestione ottenuti e della realizzazione degli obiettivi fissati annualmente dal Direttore Generale e misurati da appositi indicatori". Il Tribunale di Pescara respingeva il ricorso, sul presupposto che non ricorressero le imprescindibili condizioni per dar luogo all'atteso riconoscimento, consistenti nella previa fissazione degli obiettivi da raggiungere da parte dell'Agenzia e dei relativi indicatori. Il F. ricorreva, pertanto, alla Corte d'Appello di L'Aquila, la quale, con sentenza in data 22 aprile 2011, annullava la sentenza del giudice di prime cure, ritenendo che il dipendente avesse conseguito tutti i risultati di gestione che l'ARTA si era prefissata per il periodo 2004-2006 e che, pertanto, la retribuzione integrativa di risultato dovesse essere corrisposta al F., in base ai parametri adottati dall'Ente per la determinazione della stessa nell'anno precedente. Condannava perciò, l'ARTA Abruzzo alla liquidazione in favore del ricorrente del trattamento economico di risultato, oltre agli interessi legali.

Avverso tale decisione interpone ricorso in Cassazione l'ARTA Abruzzo, affidando le sue ragioni a tre motivi.

L'appellato si costituisce con controricorso. L'ARTA deposita memoria.

1° Motivo. Erroneità della sentenza impugnata per violazione e/o falsa applicazione dell'art. 2, comma 5, del d.p.c.m. n. 502 del 19 luglio 1995 (art. 360 n. 3, cod. proc.civ.).

Nel primo motivo ritiene parte ricorrente che il giudice d'Appello nel riconoscere il diritto del F. all'indennità integrativa per avere lo stesso svolto esclusivamente le attività ordinarie dell'Agenzia, già normalmente retribuite attraverso il compenso omnicomprensivo, avrebbe compiuto un'indebita invasione nel campo valutativo affidato alla discrezionalità amministrativa degli organi di controllo interno a ciò deputati, ed esaminato i documenti versati in atti con esiti illogici oltre che contrari alle finalità incentivanti legate alla retribuzione di risultato. Secondo la ricorrente, infatti, l'effetto della pronuncia del giudice d'Appello, sarebbe quello di avere aperto alle posizioni di vertice la possibilità di vedersi riconosciuta l'integrazione di risultato quale effetto automatico della posizione, del tutto slegato dalle ragioni proprie dell'istituto e dalla sua disciplina.

2° Motivo. Erroneità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell'art. 437, comma 2, cod. proc.civ.(art. 360, n. 3 cod. proc. civ.).

Nel secondo motivo parte ricorrente afferma che la Corte territoriale, contravvenendo al disposto dell'art. 437, co. 2., cod.proc.civ., avrebbe dovuto ritenere inammissibili alcuni documenti prodotti solo nel giudizio d'Appello, in luogo di attribuire ad essi rilevanza probatoria decisiva, in quanto, trattandosi di documenti formatisi anteriormente al deposito del ricorso di primo grado, il ricorrente avrebbe potuto e dovuto allegarli nel momento genetico del procedimento davanti al Tribunale. Secondo parte ricorrente, la pronuncia della Corte d'Appello avrebbe sanato - immotivatamente - l'inerzia dimostrata dal F. nel corso del giudizio di primo grado, non dichiarando intervenuta la decadenza per decorso dei termini perentori.

3° Motivo: Erroneità della sentenza impugnata per omessa, contraddittoria e insufficiente motivazione, in relazione all'interpretazione delle delibere ARTA Abruzzo, n. 11834 del 17 giugno 2009 e n. 101 del 24 maggio 2007 (art. 360, n.5 cod. proc.civ.).

Nel terzo motivo parte ricorrente censura il percorso argomentativo seguito dal giudice d'Appello là dove, nel ricercare indicatori che soccorressero nella concreta determinazione dell'indennità di risultato, si riporta alle due delibere di cui in epigrafe, onde rintracciare quegli elementi di cui la fattispecie esaminata era parsa sfornita, per comune ammissione. In particolare, quanto agli obiettivi, la Corte ha ritenuto di poterli mutuare dalla delibera n. 101 del 2007, che prevedeva i criteri per il conferimento dell’indennità di posizione, per il periodo di sua applicazione, sebbene, secondo il ricorrente, tale delibera fosse richiamata impropriamente, laddove riferentesi alle sole posizioni di Direttore Tecnico e di Direttore Amministrativo e non anche a quella di Direttore Generale.

Il primo motivo è fondato e va accolto. Dalle fonti normative applicabili emerge la natura squisitamente contrattuale della retribuzione di posizione (e di risultato), la quale è corrisposta dall'amministrazione una volta attivati i necessari passaggi negoziali contemplati dalla legge e consistenti nell'attribuzione delle responsabilità, nell'assegnazione degli obiettivi e nella determinazione dei parametri per definirne il raggiungimento. Da ciò consegue che, come ha più volte avuto modo di affermare questa Corte in analoghe fattispecie (sent. 27/5/2015, n. 10969; sent. 21/4/2015, n. 8084), dalla previsione di una retribuzione di risultato non discende in capo al potenziale destinatario della stessa un diritto soggettivo. L'indennità, che trae titolo da un'espressa volontà negoziale, è erogata, in base ai parametri prestabiliti, una volta che sia giunta a compimento la positiva verifica del raggiungimento degli obiettivi fissati preventivamente. Il secondo e il terzo motivo restano assorbiti.

La sentenza impugnata va, pertanto, cassata in relazione al motivo accolto con rinvio anche per le spese del giudizio di legittimità alla Corte di Appello indicata in dispositivo. I restanti motivi vanno dichiarati assorbiti.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il primo motivo e dichiara assorbiti il secondo e il terzo. Cassa, in relazione al motivo accolto, la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di L'Aquila in diversa composizione.