Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 25 settembre 2017, n. 22249

Imposte dirette - IRPEF - Accertamento - Cessione a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria - Plusvalenza

 

Rilevato che

 

1. in fattispecie relativa ad avviso di accertamento per Irpef dell’anno d’imposta 2002, con recupero a tassazione del maggior reddito da plusvalenza a seguito di cessione a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria, la C.T.R. ha respinto l’appello con cui l’Agenzia delle entrate chiedeva la riforma della sentenza con cui la C.T.P. aveva accolto il ricorso del contribuente ritenendo che "la perizia di stima potesse essere redatta anche successivamente all’atto di cessione";

2. l’amministrazione ricorrente lamenta la "violazione e falsa applicazione dell’articolo 7 della finanziaria 2002 (l. n. 448/2001, art. 7)" sostenendo che "la perizia, ancorché non asseverata e giurata, deve essere redatta prima del rogito, stante l’obbligo di indicare nel medesimo rogito il relativo valore periziato", mentre nel caso di specie era pacifico che "la perizia giurata (prodotta dalla Parte in fase endoprocedimentale) fosse stata non solo asseverata, ma anche redatta in data 9 settembre 2002 ... successivamente alla stipula dell’atto di compravendita avvenuta in data 5 febbraio 2002";

3. all’esito della camera di consiglio, il Collegio ha disposto la motivazione in forma semplificata.

 

Considerato che

 

3. il ricorso è infondato.

4. invero, nei vari precedenti specifici - caratterizzati dalla medesima contestazione dell’amministrazione finanziaria, nel senso che "la CTR, ai fini dell'applicazione dell'imposta sostitutiva, ha ritenuto che la perizia di stima possa essere redatta anche successivamente all'atto di cessione" - questa Corte ha già auto occasione di affermare l’infondatezza di detta censura, "alla luce dei principi affermati da questa Corte (Cassazione civile Sez- 6, 09/05/2013, n. 11062; Sentenza n. 30729 del 30/12/2011) secondo cui, in tema di imposte sui redditi e con riferimento alla determinatone delle plusvalenze di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 81, comma 1, lett. a) e b), per i terreni edificabili e con destinatone agricola, a norma della L. 28 dicembre 2001, n. 448, art. 7 può essere assunto come valore iniziale, in luogo del costo o del valore di acquisto, quello alla data dell’1 gennaio 2002, determinato sulla base di una perizia giurata, anche se asseverata in data successiva alla stipulazione, attesa l'assenza di limitazioni poste dalla legge a tal proposito e l'irrilevanza di quanto invece previsto da atti non normativi, come le circolari amministrative" (Cass. sez. VI-5, n. 25721/14);

5. l’orientamento è stato anche successivamente confermato, sul rilievo che "l'art. 7 attribuisce al contribuente la possibilità di calcolare la plusvalenza tassabile ai fini dell'imposta sui redditi, assumendo come valore iniziale quello che il bene medesimo aveva alla data del 1 gennaio 2002 in deroga al sistema ordinario di determinazione della plusvalenza tassabile stabilito dall'art. 82 T. U.I.R, vecchia formulazione (Cass. 30729/2011). La suddetta deroga è consentita dalla legge alla duplice condizione che: a) il valore del cespite alla data del 1 gennaio 2002 sia assoggettato ad imposta sostituiva del 4%; b) l’imposta di cui sub a) sia versata entro un determinato termine (Cass. 541/2015)" senza alcun "ulteriore requisito ai fini della facoltà di utilizzare la suddetta deroga di determinazione dell'imponibile, attesa l'assenza di ulteriori limitazioni poste dalla legge a tal proposito e l'irrilevanza di quanto invece previsto da atti non normativi, come le circolari amministrative", ed in particolare senza che "la mancata indicazione, nel rogito di vendita dell'immobile, del valore del cespite come rideterminato L. n. 448 del 2001, ex art. 7, costituisca condizione ostativa alla facoltà per il contribuente di utilizzare la deroga, prevista dalla citata disposizione, al normale criterio di determinatone dell'imponibile" (Cass. n. 19242/16; cfr. Cass. n. 16113/17);

6. alla rigetto del ricorso segue la condanna alle spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo;

7. risultando soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato, in quanto amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Cass. S.U. sent. n. 9338/14; conf. Cass. sez. IV-L, ord. n. 1778/16 e Cass. VI-T, ord. n. 18893/16).

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in favore dell’Agenzia delle entrate in Euro 7.800,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.