Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 10 gennaio 2017, n. 374

Tributi - Accertamento catastale - Revisione delle rendite catastali urbane - Preventiva "visita sopralluogo" dell'ufficio - Necessità - Condizioni

 

Fatto e diritto

 

Costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c., osserva quanto segue:

La CTR della Campania, con sentenza n. 5587/17/14, depositata il 3 giugno 2014, non notificata, rigettò l’appello proposto dalla I.R. S.r.l., in persona del legale rappresentante protempore (di seguito società), avverso la sentenza della CTI3 di Napoli, che aveva respinto il ricorso della società avverso avviso di accertamento relativo al classamento d’immobile destinato ad albergo, che aveva elevato la rendita catastale proposta di € 61.112,00 con dichiarazione DOCFA ad € 115.220,00.

Avverso detta pronuncia la società ha proposto ricorso per cassazione affidato a sei motivi.

L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

I motivi presentano in larga misura diversi profili d’inammissibilità.

II primo (rubricato come "violazione obbligo di adeguata motivazione"), il terzo, che reca "violazione all’obbligo della motivazione" ed il quinto "violazione concetto rendita catastale" sono tutti privi dell’indicazione delle norme di legge che si assumo violate e delle parti della decisione che si assumono viziate (circa le modalità di denuncia del vizio di violazione o falsa applicazione di norme di diritto, tra le molte, si vedano Cass. sez. 6- L, ord. 16 gennaio 2016, n. 287; Cass. sez. 6-5, ord. 1 dicembre 2014, n. 25149; Cass. sez. 2, 24 ottobre 2013, n. 24131).

Il quinto, poi, in particolare, tende sostanzialmente a richiedere alla Corte un riesame nel merito in senso difforme alla valutazione espressa dal giudice tributario d’appello, ciò che è precluso in sede di legittimità (tra le molte, più di recente, Cass. sez. 5, 1° aprile 2016, n. 6348; Cass. sez. 2, 4 giugno 2014, n. 12574; Cass. sez. 2, 22 marzo 2013, n. 7330).

Il secondo motivo, con il quale si denuncia violazione dell’art. 7, comma 1, della legge n. 212/2000, nella parte in cui la sentenza impugnata ha rigettato il motivo d’impugnazione della contribuente inerente alla dedotta carenza di motivazione dell’avviso di classamento impugnato, incorre in palese difetto di autosufficienza, non avendo parte ricorrente riportato il contenuto dell’atto impugnato, onde porre la Corte in condizione di verificare la sussistenza della dedotta violazione di legge (Cass. sez. 6.5, ord. 18 luglio 2016, n. 14676; Cass. sez. 5, 17 ottobre 2014, n. 22003; Cass. sez. 5, 19 aprile 2013, n. 9536). Il quarto ed il sesto motivo, che possono essere esaminati congiuntamente, afferendo in sostanza alla medesima censura di "violazione dell’art. 11 del d.l. n. 70/1988", sono manifestamente infondati, essendosi la sentenza impugnata conformata ai principi espressi in materia dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui «in tema di estimo catastale, la revisione delle rendite catastali urbane in assenza di variazioni edilizie non richiede la "previa visita sopralluogo" dell'ufficio, né il sopralluogo è necessario quando il nuovo classamento consegua ad una denuncia di variazione catastale presentata dal contribuente» (come, appunto, nel caso di specie), «atteso che le esigenze sottese al sopralluogo ed al contraddittorio si pongono solo in caso di accertamento d’ufficio giustificato da specifiche variazioni dell’immobile» (tra le altre, cfr. Cass. sez. 6-5, ord. 13 febbraio 2015, n. 2998; Cass. sez. 6-5, ord. 14 novembre 2012, n. 19949; Cass. sez. 5, 3 novembre 2010, n. 22313; sui limiti del contraddittorio endoprocedimentale nell’ambito dell’accertamento tributario, in generale, Cass. sez. unite 9 dicembre 2015, n. 24823).

Né parte ricorrente ha prospettato in ricorso elementi idonei a mutare l’indirizzo dinanzi espresso.

Il ricorso deve essere pertanto rigettato per manifesta infondatezza.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti di legge per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione in favore dell’Agenzia delle Entrate delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 5600,00 per compenso, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 - bis dello stesso articolo 13.