Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 14 ottobre 2016, n. 20799

Comunicazione di iscrizione ipotecaria - Fondo patrimoniale - Espropriazione

 

Fatto

 

Con sentenza n 1/5/2012, depositata il 12.1.2012, la Commissione Tributaria Regionale della Puglia rigettava l’appello proposto da Equitalia ETR s.p.a. avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Bari i n. 116/15/2010 che aveva accolto il ricorso proposto da P. M., avverso la comunicazione di iscrizione ipotecaria su un fondo patrimoniale costituito dal contribuente unitamente alla moglie.

La commissione tributaria regionale, in particolare ha affermato che "il bene immobile in questione", diminuito della passività ipotecaria (fondo patrimoniale) assume un valore pari a zero e il concessionario, in ossequio al comma uno dell'articolo 76 del d.p.r. 602/73 non poteva procedere all'espropriazione essendo l'importo complessivo del credito inferiore a C 8000 Equitalia Sud s.p.a (già Equitalia ETR) impugna la sentenza della Commissione Tributaria Regionale deducendo 8 motivi.

L'intimato si è costituito con controricorso.

 

Motivi della decisione

 

Col primo motivo viene censurato l'omessa pronuncia di motivi di appello, dedotti quale violazione o falsa applicazione di norme di diritto, ex articolo 360 numero tre, c.p.c., non avendo la CTR esaminato i motivi impugnazione vertenti sull' errata applicazione della disciplina del fondo patrimoniale e sulla mancata autorizzazione alla chiamata in causa dell'ente impositore.

La censure è inammissibile, oltre che infondata nel merito.

Con riferimento all' errata applicazione della disciplina del fondo patrimoniale, le censure di omessa pronuncia e di violazione dell'articolo 112 c.p.c. sono state erroneamente prospettate quale vizio di violazione e falsa applicazione dì norme di diritto, ex articolo 360, numero tre c.p.c. anziché quali vizi processuali di nullità della sentenza, ai sensi dell'articolo 360, numero quattro, c.p.c..

In proposito, è sufficiente rilevare che, secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimità, la decisione del giudice di secondo grado che asseritamente non esamini e non decida un motivo di censura della sentenza del giudice di primo grado (che non abbia natura processuale) è impugnabile per cassazione non già per violazione dì legge bensì per omessi pronuncia su un motivo di gravame, con la conseguenza che, se il vizio è denunciato ai sensi dell'art. 360 c.p.c., nn. 3 c.p.c., anziché dell'art. 360 c.p.c., n. 4, in relazione all'art. 112 c.p.c., il ricorso deve ritenersi inammissibile (v, tra le altre Cass. 23602/2011; Cass. n. 12952 del 2007 e n. 24856 del 2006).

Il motivo è altresì inammissibile sotto il profilo dell'autosufficienza non essendo stati riportati i motivi di impugnazione, asseritamente dedotti e relativi alle erronea applicazione della disciplina del fondo patrimoniale e sulla mancata autorizzazione alla chiamata dell'ente espositore.

Peraltro i primi giudici hanno accertato che "il bene immobile in questione", diminuito della passività ipotecaria ( fondo patrimoniale) assume un valore pari a zero e il concessionario, in ossequio ai comma uno dell'articolo 76 del d.p.r. 602/73 non poteva procedere all'espropriazione essendo l'importo complessivo del credito inferiore a € 8000.

I giudici di merito (la CTP espressamente, la CTR implicitamente, confermando la decisione dei primi giudici) hanno correttamente applicato i principi di questa Corte che ha rilevato che l’art. 170 c.c., nel disciplinare le condizioni di ammissibilità dell'esecuzione sui beni costituiti nel fondo patrimoniale, detta una regola applicabile anche all'iscrizione di ipoteca non volontaria, ivi compresa quella di cui all’art. 77 del d.P.R. n. 602 del 1973, sicché l'esattore può iscrivere ipoteca su beni appartenenti al coniuge o al terzo, conferiti nel fondo, se il debito sia stato da loro contratto per uno scopo non estraneo ai bisogni familiari, ovvero - nell'ipotesi contraria - purché il titolare del credito, per il quale l’esattore procede alla riscossione, non fosse a conoscenza di tale estraneità, dovendosi ritenere, diversamente, illegittima l'eventuale iscrizione comunque effettuata (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 1652 del 29/01/2016; Cass. sez. 6-5, Ordinanza n. 23876 del 23/11/2015).

Pertanto è vero che l'ipoteca non è un atto di espropriazione forzata o atto esecutivo vero e proprio rappresentando un atto preordinato e strumentale all'espropriazione immobiliare, tuttavia appare corretto ritenere in via interpretativa che l'ambito di applicazione del citato articolo 170 cc possa essere esteso anche all'iscrizione ipotecaria secondo la giurisprudenza di questa Corte che così ha ritenuto in casi analoghi in cui ha escluso la possibilità di iscrivere ipoteca su beni costituiti in fondo patrimoniale solo se derivante da debiti estranei alle esigenze familiari.

Pertanto ritenuto che l'iscrizione ipotecaria possa essere ricondotta al novero degli atti ricompresi nell'ambito di applicazione dell'art. 170 cc latamente inteso, poiché, con accertamento di merito, la CTR ha ritenuto che non vi è prova che il debito sia sorto per soddisfare bisogni estranei della famiglia, appare corretta la valutazione operata dai giudici di merito.

La seconda censura del primo motivo, relativa alla omessa motivazione sulla mancata autorizzazione alla chiamata dell'ente impositore va disattesa.

L’azione del contribuente rivolta a far valere l’illegittimità dell’avviso di iscrizione ipotecaria, non preceduta dalla notificazione della prodromica cartella esattoriale, può essere esercitata indifferentemente nei confronti dell’ente creditore o del concessionario della riscossione, senza che tra costoro si realizzi un'ipotesi di litisconsorzio necessario, essendo rimessa alla sola volontà del concessionario, evocato in giudizio, la facoltà di chiamare in causa l'ente creditore ( Cass. Sez. 5, Sentenza n. 2803 del 09/02/2010), non essendo il giudice tenuto a disporre d'ufficio l'integrazione del contraddittorio.

Il rispetto del diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo impone al giudice (ai sensi degli artt. 175 e 127 cod. proc. civ.) di evitare e impedire comportamenti che siano di ostacolo ad una sollecita definizione dello stesso, tra i quali rientrano quelli che si traducono in un inutile dispendio di attività processuali e formalità superflue perché non giustificate dalla struttura dialettica del processo e, in particolare, dal rispetto effettivo del principio del contraddittorio, da effettive garanzie di difesa e dal diritto alla partecipazione al processo in condizioni di parità, dei soggetti nella cui sfera giuridica l'atto finale è destinato a produrre i suoi effetti. Ne consegue che, in caso di ricorso per cassazione ''prima facie" infondato, appare superfluo, pur potendone sussistere i presupposti, disporre la fissazione di un termine per l'integrazione del contraddittorio ovvero per la rinnovazione di una notifica nulla o inesistente, atteso che la concessione di esso si tradurrebbe, oltre che in un aggravio di spese, in un allungamento dei termini per la definizione del giudizio di cassazione senza comportare alcun beneficio per la garanzia dell'effettività dei diritti processuali delle parti (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 15106 del 17/06/2013, Cass. Sez. U, Sentenza n. 21670 del 23/09/2013).

Le ulteriori censure rimangono assorbite.

Va, conseguentemente, rigettato il ricorso con condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso, condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in €.3.000 per compensi professionali, oltre spese forfettarie e accessori di legge.