Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 18 gennaio 2019, n. 1331

Imposte dirette - IRPEF - Accertamento - riscossione - Vedita aree edificabili - Plusvalenza

 

Rilevato che

 

L'Agenzia delle Entrate proponeva appello avverso la sentenza pronunciata dalla Commissione tributaria provinciale di Brescia, con la quale erano stati accolti, previa riunione, i ricorsi proposti da B. V., B. M. e B. Severo avverso gli avvisi di accertamento emessi ai fini del recupero a tassazione di Irpef ed addizionali regionali e comunali, in relazione all'anno d'imposta 2004, riferiti a plusvalenza derivante dalla vendita, da parte dei contribuenti, di aree edificabili in favore della società I. s.r.l.

I giudici di primo grado annullavano l'accertamento ritenendo che il valore accertato ai fini dell'imposta di registro non potesse essere utilizzato ai fini dell'accertamento della plusvalenza, in assenza di altre prove.

Con la sentenza impugnata la Commissione regionale, accogliendo parzialmente l'appello, escludeva le sanzioni irrogate, confermando per il resto gli atti impositivi.

Osservava che l'Amministrazione finanziaria era legittimata a procedere in via induttiva all'accertamento del reddito da plusvalenza sulla base dell'accertamento di valore effettuato in sede di applicazione dell'imposta di registro e che era onere del contribuente superare la presunzione di corrispondenza del prezzo incassato con il valore di mercato accertato in sede di applicazione dell'imposta di registro; riteneva, quindi, che i contribuenti non avevano offerto prova di avere venduto ad un prezzo inferiore al valore definito ai fini dell'imposta di registro, essendosi limitati a produrre copia degli assegni corrisposti dall'acquirente - sulla base dei quali non poteva escludersi che fossero state versate altre somme oltre a quelle documentate - ed una perizia di stima, che si riferiva alla data del 1/1/2003, antecedente a quella dell'avvenuto trasferimento immobiliare.

Avverso la suddetta decisione l'Agenzia delle Entrate ricorre per cassazione, con un unico motivo.

Il contribuente B. M. resiste mediante controricorso e propone ricorso incidentale non condizionato.

I contribuenti B. Severo e B. V. non hanno svolto attività difensiva.

L'Agenzia delle Entrate ha depositato controricorso al ricorso incidentale.

B. M. ha depositato memoria ex art. 380-bis.1. cod. proc. civ.

 

Considerato che

 

1. Con l'unico motivo del ricorso principale l'Agenzia delle Entrate censura, per violazione e falsa applicazione degli artt. 8 d.lgs. 546/1992, 6, comma 2, d.lgs. 472/1997 e 10, comma 3, d.lgs. 212/2000, la sentenza impugnata nella parte in cui la Commissione regionale ha ritenuto di non dover irrogare sanzioni ai contribuenti in ragione della sussistenza di una "obiettiva condizione d'incertezza" sulla portata e sull'ambito di applicazione delle norme tributarie.

Sostiene, con riguardo alla portata del concetto di "obiettiva incertezza", che per consolidato orientamento del giudice di legittimità, il potere del giudice tributario di disapplicare le sanzioni amministrative sussiste esclusivamente nel caso in cui l'obiettiva incertezza concerna le norme tributarie la cui violazione da parte del contribuente ha dato luogo alla emissione dell'avviso di accertamento; nel caso in esame, invece, la presunta "condizione di incertezza" sull'ambito di applicazione delle norme tributarie, cui la sentenza fa riferimento, concerne il mutato orientamento giurisprudenziale manifestatosi con riguardo al valore probatorio della presunzione di corrispondenza tra il corrispettivo della compravendita considerato ai fini dell'applicazione dell'imposta di registro ed il reale valore dell'immobile oggetto di compravendita considerato ai fini della quantificazione e dell'accertamento della plusvalenza realizzata.

2. Con il primo motivo del ricorso incidentale non condizionato, il controricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 86, 67 e 68 del d.P.R. 917/1986, 38 e 39 d.P.R. 600/1973 e 2697 cod. civ., lamenta che la C.T.R. ha erroneamente applicato alla fattispecie sottoposta al suo esame, riguardante un accertamento di redditi diversi avente ad oggetto la cessione di un'area edificabile, l'orientamento giurisprudenziale di legittimità riguardante il diverso caso di un accertamento di redditi d'impresa in via induttiva avente ad oggetto la cessione di azienda.

Nel ribadire che l'avviso di accertamento impugnato riguarda una plusvalenza che costituisce "reddito diverso", percepito da persona fisica non imprenditore, ai sensi degli artt. 67 e 68 del t.u.i.r., e che l'Ufficio non ha effettuato un accertamento induttivo del reddito d'impresa, ai sensi dell'art. 39 d.P.R. 600/1973, il contribuente sottolinea che i giudici di appello avrebbero dovuto integralmente confermare la sentenza di primo grado per insussistenza di una plusvalenza tassabile, stante la mancanza di prova della percezione, da parte del contribuente, di un maggior corrispettivo equivalente al preteso maggior valore dell'area accertato ai fini dell'imposta di registro.

3. Con il secondo motivo del ricorso incidentale, B. M. censura la sentenza oggetto di impugnazione per omessa o insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio rappresentato dalla mancata prova, da parte del contribuente, "di aver venduto ad un prezzo inferiore al valore definito ai fini dell'imposta di registro" e sostiene che i giudici di appello non hanno adeguatamente valutato la rilevanza ai fini del decidere di tutti gli elementi probatori, o comunque indiziari, fatti valere nel giudizio di merito finalizzati a dimostrare la coincidenza tra corrispettivo dichiarato e corrispettivo incassato.

4. Deve essere esaminato per primo il ricorso incidentale, avente priorità logica e giuridica.

5. I motivi del ricorso incidentale, che possono essere trattati congiuntamente in quanto entrambi diretti a denunciare come illegittima la determinazione della base imponibile sulla base del valore separatamente accertato ai fini dell'applicazione dell'imposta di registro, sono fondati.

5.1. Questa Corte ha reiteratamente affermato che l'Amministrazione finanziaria è legittimata a procedere in via induttiva all'accertamento del reddito da plusvalenza patrimoniale sulla base dell'accertamento di valore effettuato in sede di applicazione dell'imposta di registro, con conseguente onere incombente sul contribuente, al fine di superare la presunzione di corrispondenza del prezzo incassato a quello coincidente con il valore di mercato accertato in via definitiva in sede di applicazione dell'imposta di registro, di dimostrare di avere in concreto venduto ad un prezzo inferiore (si veda, tra le altre, Cass. n. 16254 del 31/7/2015; n. 14485 del 19/6/2009).

6. Occorre, tuttavia, rilevare che, nelle more del giudizio è sopravvenuto l'art. 5, comma 3, d.lgs. n. 147/2015, che ha sancito che le disposizioni in tema di imposizione diretta sulle plusvalenze da cessioni di immobili e di aziende ovvero da costituzione ed il trasferimento di diritti reali sugli stessi si interpretano nel senso che, in proposito, l'esistenza di un maggior corrispettivo non è presumibile soltanto sulla base del valore, anche se dichiarato, accertato o definito ai fini dell'imposta di registro di cui al d.P.R. 131/1986, ovvero delle imposte ipotecaria e catastale di cui al d.lgs. n. 347/1990.

La presunzione affermata in via giurisprudenziale circa la corrispondenza del valore di mercato del bene in base al valore definito ai finì dell'imposta di registro, per effetto dello ius superveniens, non è, dunque, più valida.

Alla stregua di tale ultima interpretazione, cui si intende dare continuità, la norma è da ritenersi applicabile anche a situazioni oggetto di giudizi in corso all'atto della sua entrata in vigore (Cass. n. 11543 del 6/6/2016; n. 7488 del 15/4/2016; n. 6135 del 30/3/2016), in base al rilievo che l'esplicita attribuzione alla norma di portata interpretativa di disposizione previgente - se non rende la norma, per ciò stesso, effettivamente interpretativa - le conferisce, di certo, carattere retroattivo, giacché attesta l'intento del legislatore di attribuire alla norma medesima quell'efficacia retroattiva che, delle leggi interpretative, costituisce elemento connaturale (Corte Cost. n. 246 del 1992).

La sentenza impugnata non si è uniformata ai principi sopra richiamati.

7. L'accoglimento del ricorso incidentale consente di ritenere assorbito l'unico motivo del ricorso principale proposto dall'Agenzia delle Entrate riguardante le sanzioni amministrative.

8. In accoglimento del ricorso incidentale, la sentenza deve essere cassata con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, alla quale deve essere demandata anche la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso incidentale e dichiara assorbito il ricorso principale proposto dalla Agenzia delle Entrate; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa compensazione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.