Prassi - CONSIGLIO NAZIONALE DOTT COMM E ESP CON - Nota 04 dicembre 2017, n. 68

D.lgs. 25 maggio 2017, n. 90 (nuova normativa antiriciclaggio): gli obblighi di "promozione e controllo" a carico degli ordini professionali

 

Facendo seguito alla nostra informativa n. 39/2017, desidero aggiornarli in merito agli obblighi posti in capo agli ordini professionali dalla normativa in oggetto - attuativa della cd. IV direttiva antiriciclaggio.

Le conclusioni di seguito riportate sono state condivise con il Consiglio Nazionale Forense, all'esito di un percorso comune di riflessione.

A ben vedere, la questione trattata non costituisce una novità in senso assoluto: già la terza direttiva antiriciclaggio, attuata con il d.lgs. n. 231 del 2007, conteneva disposizioni recanti obblighi gravanti sugli ordini professionali, che non a caso suscitarono già a suo tempo talune perplessità e dubbi interpretativi.

La questione di maggiore momento riguarda certamente i poteri-doveri di promozione e controllo dell'osservanza degli obblighi gravanti sugli iscritti, che la disciplina in oggetto pone a carico degli Ordini professionali. La presente informativa mira proprio a precisare i contenuti di tali obblighi, alla luce delle disposizioni vigenti. In particolare, sono stati avanzati quesiti in ordine al contenuto di tali obblighi, la cui effettiva portata non è in effetti precisata dalle fonti conferenti, e deve pertanto essere ricavata in base ad una interpretazione sistematica che tenga conto dei dati testuali, dell'evoluzione della disciplina antiriciclaggio, delle prassi affermatesi negli anni passati, e, soprattutto, del conferente quadro costituzionale in materia di poteri di controllo e vigilanza, in relazione alle conseguenti correlate limitazioni alle situazioni giuridiche soggettive degli iscritti coinvolti.

Va infatti osservato in via preliminare che la normativa previgente recava già una disposizione in materia; l'art. 8, co. 1, del d.lgs. 231/2007 disponeva infatti: "Il Ministero della giustizia esercita l'alta vigilanza sui collegi e gli ordini professionali competenti, in relazione ai compiti di cui al presente comma. I collegi e gli ordini professionali competenti, secondo i principi e le modalità previste dall'ordinamento vigente, promuovono e controllano l'osservanza da parte dei professionisti (..) degli obblighi stabiliti dal presente decreto".

Nella normativa attualmente vigente, l'art. 11, co. 1, del decreto 231/2007, come modificato dal d.lgs. 90/2017 prevede che "(...)" gli organismi di autoregolamentazione, le loro articolazioni territoriali e i consigli di disciplina, secondo i principi e le modalità previsti dall'ordinamento vigente, promuovono e controllano l'osservanza degli obblighi previsti dal presente decreto da parte dei professionisti iscritti nei propri albi ed elenchi".

La funzione di promozione dell'osservanza degli obblighi può essere agevolmente individuata nel compimento di attività di sensibilizzazione delle comunità professionali volte a favorire e sviluppare la conoscenza della normativa antiriciclaggio e la condivisione delle finalità di interesse generale ad essa sottese, per il tramite di iniziative formative e culturali indirizzate agli iscritti. Se ne può trarre conferma dalla lettura delle ulteriori previsioni di cui allo stesso art. 11; ai sensi del comma 2, ultimo periodo, infatti, "I predetti organismi (cioè gli organismi di autoregolamentazione, ndr.) e le loro articolazioni territoriali sono altresì responsabili della formazione e dell'aggiornamento dei propri iscritti in materia di politiche e strumenti di prevenzione del riciclaggio e di finanziamento del terrorismo". Sotto questo aspetto è senz'altro opportuno che i Consigli dell'ordine incrementino nei propri programmi di formazione continua obbligatoria la presenza della disciplina antiriciclaggio, già compresa tra le materie obbligatorie.

Più delicata la precisazione dei contorni della funzione di controllo dell'osservanza degli obblighi.

Va innanzi tutto rilevato che né il decreto del 2007 né quello del 2017 conferiscono agli ordini professionali nuovi specifici poteri ispettivi e/o di acquisizione di informazioni che vedano come soggetti passivi gli iscritti nei rispettivi albi. È appena il caso di evidenziare che poteri di tal genere dovrebbero essere specificamente e tassativamente descritti dal legislatore, a meno di non violare manifestamente il principio di legalità. A fronte di questo tipo di poteri pubblicistici, infatti, sussistono posizioni giuridiche di diritto soggettivo, che non possono essere limitate se non in virtù di una espressa e inequivocabile prescrizione legislativa, in coerenza con il principio di cui all'art. 23 della Costituzione, per cui nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge.

Va invece valorizzato, ai fini della corretta precisazione del contenuto del potere di controllo, il richiamo espresso ai principi e alle modalità dell'ordinamento vigente.

Si tratta infatti di una precisazione fondamentale, in quanto con essa il legislatore riconduce i poteri di cui trattasi entro i binari delle regole già vigenti, e riporta dunque "a sistema" le innovazioni di cui alla normativa antiriciclaggio. Lungi dallo svolgersi in forma "libera", i poteri di promozione e controllo dell'osservanza degli obblighi vanno quindi esercitati:

- nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento vigente, e quindi innanzi tutto dei principi costituzionali sopra richiamati, cosi come del diritto di libertà professionale protetto dall'art. 15 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea;

- secondo modalità già proprie dell'ordinamento: queste modalità non possono che essere quelle ordinarie attraverso le quali le istituzioni ordinistiche assicurano "il corretto esercizio della professione a tutela dell'affidamento della collettività "(Corte costituzionale 24 ottobre - 3 novembre 2005, n. 405), vigilando sull'osservanza, da parte degli iscritti, della legge professionale e di tutte le altre disposizioni che disciplinano la professione. In altre parole, si tratta di una specificazione concreta della generale funzione di vigilanza sugli iscritti che grava sugli Ordini professionali, senza attribuzione di nuovi particolari poteri ispettivi e/o di indagine. In questo quadro, la funzione disciplinare è ovviamente la sede naturale di controllo dell'osservanza degli obblighi previsti dalla normativa antiriciclaggio a carico degli iscritti. Spetterà ai Consigli di disciplina valutare la eventuale violazione della normativa, e applicare le relative sanzioni, secondo le modalità previste dall'ordinamento vigente. Deve al riguardo segnalarsi che la stessa normativa antiriciclaggio opera ora una qualificazione diretta dell'inosservanza degli obblighi in termini di illecito disciplinare e prevede una sanzione specifica: ai sensi dell'art. 66 del d.lgs. 231/2007, come modificato dall'art. 5 del d.lgs. 90/2017, infatti, "violazioni gravi, ripetute o sistematiche ovvero plurime (...) costituiscono presupposto per l'applicazione delle sanzioni disciplinari, ai sensi e per gli effetti dei rispettivi ordinamenti di settore. In tali ipotesi l'interdizione dallo svolgimento della funzione, dell'attività o dell'incarico non può essere inferiore a due mesi e superiore a cinque anni". La disposizione riproduce e specifica (nella parte della normativa dedicata alle sanzioni) la regola peraltro già prevista tra le previsioni di carattere generale: l'art. 11, rubricato "Organismi di autoregolamentazione", prevede infatti al comma 3 che "Gli organismi di autoregolamentazione, attraverso propri organi all'uopo previsti, applicano sanzioni disciplinari a fronte di violazioni gravi, ripetute o sistematiche, ovvero plurime degli obblighi cui i propri iscritti sono assoggettati ai sensi del presente decreto e delle relative disposizioni tecniche di attuazione, e comunicano annualmente ai Ministero dell'economia e delle finanze e al Ministero della giustizia i dati attinenti il numero dei procedimenti disciplinari avviati o conclusi dagli ordini territoriali". Al riguardo il Consiglio nazionale ha avviato una riflessione volta a valutare una eventuale modifica del Codice delle sanzioni disciplinari al fine di regolare in modo specifico le violazioni degli obblighi antiriciclaggio. Gli ordini territoriali saranno ovviamente coinvolti in tale riflessione e non mancheranno di far pervenire le loro preziose osservazioni.

Anche la disposizione qui da ultimo richiamata conferma dunque la linea interpretativa qui sostenuta, recando anch'essa un chiaro esplicito riferimento alle regole di settore già vigenti.

Giova infine osservare, in punto di fatto, che a fronte di una previsione normativa (come si è visto) identica già contenuta nel testo originario del d.lgs. n. 231 del 2007, la prassi cui le istituzioni ordinistiche risultano essersi conformate - peraltro senza contestazioni da parte del Ministero vigilante nell'arco del decennio di vigenza - è appunto quella di ritenere i poteri di controllo dell'osservanza degli obblighi antiriciclaggio una specificazione della generale potestà di vigilanza disciplinare prevista e disciplinata dagli ordinamenti professionali vigenti.

Con lo scopo di adempiere gli obblighi di comunicazione imposti dall’art. 5, co. 7, del d.lgs. 231/2007, il Consiglio Nazionale raccoglierà annualmente i dati e le informazioni sulle attività svolte nell'anno solare precedente dagli ordini territoriali nell’ambito delle loro funzioni di vigilanza, supervisione e controllo, procedendo ad aggregarli e ad inviarli al CSF entro il 30 marzo.

Gli Ordini territoriali potranno pertanto limitarsi a trasmettere al Consiglio nazionale le informazioni da questo richieste in tempo utile per effettuare la comunicazione di cui sopra.