Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 15 febbraio 2018, n. 3775

Tributi - Contenzioso tributario - Atti impugnabili - Istanza di disapplicazione delle norme antielusive in materia di società non operative - Diniego - Impugnabilità

 

Rilevato

 

che la Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall'art. 380 bis c.p.c. delibera di procedere con motivazione semplificata;

che l'Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Puglia che aveva accolto solo parzialmente il suo appello contro la decisione della Commissione tributaria provinciale di Bari. Quest'ultima aveva accolto l'impugnazione della M. s.r.l. contro la richiesta di disapplicazione della disciplina antielusiva in tema di tributi, per l'anno 2011;

 

Considerato

 

che il ricorso è affidato a tre motivi;

che, col primo rilievo, si denuncia nullità della sentenza e del procedimento ex art. 19 D.Lgs. n. 546/1992, in relazione all'art. 360 n. 4 c.p.c.: la CTR avrebbe erroneamente ritenuto impugnabile il diniego circa la disapplicazione di norme antielusive;

che, con la successiva doglianza, ai sensi dell'art. 360 n. 4 c.p.c., si invoca violazione e falsa applicazione dell'art. 100 c.p.c., giacché nella specie sarebbe mancato del tutto l'interesse della controparte ad ottenere la richiesta declaratoria di nullità, non comportando affatto la relativa declaratoria l'autorizzazione preventiva a disapplicare le disposizioni dettate in tema di società non operative;

che, attraverso l'ultima censura, l'Agenzia deduce nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell'art. 36 comma 2° D.Lgs. n. 546/1992 e 118 disp. att. c.p.c., ai sensi dell'art. 360 n. 4 c.p.c.: la sentenza avrebbe omesso di dare conto delle ragioni di fatto e di diritto che avevano determinato il rigetto dell'appello;

che l'intimata non ha resistito;

che il primo motivo è infondato;

che questo Collegio intende dare continuità all'orientamento già espresso dalla Suprema Corte in una fattispecie analoga, secondo cui, in tema di contenzioso tributario, l'elencazione degli atti impugnabili contenuta nell'art. 19 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 ha natura tassativa, ma non preclude la facoltà di impugnare anche altri atti, ove con gli stessi l'Amministrazione porti a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, esplicitandone le ragioni fattuali e giuridiche, sicché è possibile un'interpretazione estensiva delle disposizioni, in materia in ossequio alle norme costituzionali di tutela del contribuente (artt. 24 e 53 Cost.) e di buon andamento dell'amministrazione (art. 97 Cost.), ed in considerazione dell'allargamento della giurisdizione tributaria operato con la legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Sez. 6-5, n. 13963 del 05/06/2017; conf. Sez. 5 n. 11929 del 28/05/2014);

che il contribuente ha dunque la facoltà di impugnare il diniego del Direttore Regionale delle Entrate di disapplicazione di norme antielusive ex art. 37 bis, comma 8, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, atteso che lo stesso non è atto rientrante nelle tipologie elencate dall'art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992, ma provvedimento con cui l'Amministrazione porta a conoscenza del contribuente, pur senza efficacia vincolante per questi, il proprio convincimento in ordine ad un determinato rapporto tributario; che anche il secondo motivo non è fondato, posto che il diniego, provenendo dall'ente impositore, ha portato, comunque, a conoscenza del contribuente una specifica pretesa tributaria (quella appunto risultante dal diniego dell'invocata disapplicazione delle norme antielusive), con esplicitazione delle concrete ragioni fattuali e giuridiche, senza la necessità di una forma autoritativa (Sez. 5 n. 3315 del 19/02/2016; Sez. 5, n. 25297 del 28/11/2014), radicando così il suo interesse, concreto ed attuale, ad agire; che neppure il terzo motivo è fondato, giacché non si può parlare di nullità della sentenza, a fronte della pur succinta giustificazione fornita dalla CTR "in base alla documentazione esibita dalla società a sostegno dell'interpello" ed al fatto che, in ogni caso, l'Agenzia non ha provato di aver sollevato in appello la questione inerente il valore concludente della licenza di esercizio rilasciata in data 25/07/2011, sicché, in ossequio ad un principio di simmetria alla luce del raffronto tra la formulazione dell'atto di gravame e la motivazione del provvedimento impugnato, solo ad argomentazioni specifiche e dettagliate del primo devono corrispondere puntuali argomentazioni, idonee a confutarle, da parte del giudice di appello (Sez. 2, n. 4695 del 23/02/2017); che al rigetto del ricorso non segue la condanna della ricorrente alla rifusione delle spese processuali in favore della controricorrente, stante la mancanza di attività difensiva da parte di quest'ultima.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso.