Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 09 ottobre 2017, n. 23634

Tributi - Contenzioso tributario - Procedimento - Atti impugnabili - Comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria - Esclusione

Rilevato che

1. il contribuente, ricevuta in data 06/04/2012 una comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria - relativa a cartella di pagamento per Iva, sanzioni e interessi dell'anno 1982, notificata il 20/02/2001 "a seguito di sentenza della sentenza del 1996 della CTR di Napoli" - con racc. a/r del 22/05/2012 ha presentato istanza di sgravio, per intervenuta prescrizione, ad Equitalia Sud s.p.a., ricevendone un fax del 18/09/2012 recante la segnalazione della "necessità di una decisione giudiziaria in merito", che il contribuente ha impugnato dinanzi alla C.T.P. di Benevento con ricorso del 04/06/2013;

2. il giudice a quo ha confermato la sentenza con cui la C.T.P. ha dichiarato inammissibile il ricorso "posto che la nota dell'Equitalia del 18.9.2012 non è ricompresa tra gli atti impugnabili tassativamente indicati nell'art. 19 del D.Lgs. n. 546/1992 e pertanto inidoneo a legittimare un'autonoma impugnazione da parte dell'interessato"; ha inoltre aggiunto che "Equitalia non è legittimato passivamente rispetto alla richiesta del contribuente di estinzione della pretesa tributaria per prescrizione del diritto, in quanto unico soggetto legittimato è l'Ente creditore", ed ha infine rilevato la tardività del ricorso introduttivo in quanto "proposto in data 3.6.2013 e pertanto oltre il termine di 60 giorni" rispetto alla "nota dell'Equitalia del 18.9.2012";

3. il contribuente ricorre per cassazione deducendo: 1) "violazione e falsa applicazione dell'art. 19 dlgs. 546/92", stante la non tassatività dell'elenco degli atti impugnabili; 2) "violazione o falsa applicazione dell’art. 39 d.lgs. 112/99", incombendo sul concessionario l'onere di chiamare in causa l'ente creditore passivamente legittimato; 3) "contraddittoria motivazione, violazione falsa applicazione dell'art. 19 co. 2 d.lgs. 546/92 e degli artt. 7 co. 2 e 10 l. 212/00", trattandosi di "ricorso avverso silenio-diniego" e non già di "atto espresso di diniego", il fax di Equitalia costituendo invece una "mera informativa", però irrituale in quanto "priva della indicazione dei modi e dei tempi della eventuale impugnazione", con conseguente "scusabilità dell'errore" e "riammissione in termini per l'impugnativa"; 4) "violazione e falsa applicazione dell'art. 21 d.lgs. 546/92 co. 2", dovendo il fax in questione, in quanto "privo di firma, di data certa di notifica .. e di qualsivoglia altro elemento che possa essere utile a definirlo atto amministrativo impugnabile", ritenersi "quale mera informativa"; 5) "omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su un punto decisivo prospettato dalle parti. Violazione e falsa applicazione dell'art. 2946 c.c.", per non essersi il giudice d'appello pronunciato "sulla eccezione di prescrizione ... sollevata dal contribuente appellante";

4. all'esito della camera di consiglio, il Collegio ha disposto l'adozione della motivazione in forma semplificata.

 

Considerato che

 

5. superato il rilievo preliminare formulato si sensi dell'art. 369 c.p.c. a pag. 3 del controricorso (in calce alla copia della sentenza impugnata risultando l'attestazione di autenticità), i motivi di ricorso presentano profili di inammissibilità e di infondatezza;

6. quanto ai primi, essi inficiano in particolare il terzo ed il quinto motivo, che veicolano cumulativamente mezzi di impugnazione eterogenei, in contrasto con la tassatività dei motivi di ricorso e con il consolidato orientamento per cui una simile tecnica espositiva riversa impropriamente sul giudice di legittimità il compito di isolare le singole censure (ex plurimis, Cass. 19761/16, 19040/16, 13336/16, 6690/16, 5964/15, 26018/14, 22404/14); inoltre, il terzo motivo integra (per quanto risulta in atti) un eccezione nuova, mentre il quinto non solo prospetta profili di vizio incompatibili — come l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, non potendosi logicamente predicare l'assenza di ciò che si critica quanto ad estensione e contenuto (cfr. Cass. Sez. V, 13336/16, 6690/16) — ma integra anche una censura motivazionale difforme dal vigente parametro ex art. 360, comma 1, n. 5), c.p.c., che per le sentenze pubblicate dopo l'11 settembre 2012 (come quella impugnata) richiede l'indicazione di specifici fatti decisivi sui quali sia stata omessa la motivazione (Cass. 19761/16, 19040/16); esso infine censura l'omessa pronuncia su una questione di merito (la prescrizione della pretesa impositiva) che resta invece superata dalla preliminare statuizione di inammissibilità del ricorso; a ciò si aggiunga che il secondo motivo difetta di decisività, poiché censura una ratio decidendi aggiuntiva rispetto a quelle che sorreggono la decisione;

7. nel merito, l'infondatezza del ricorso emerge chiaramente dalla descrizione dell'atto impugnato — il fax spedito da Equitalia in data 18/09/2012 — contenuta a pag. 11 del ricorso: "diamo seguito alla Sua richiesta del 02/06/2012 ... per significarLe che la prescrzione deve essere invocata dinanzi all'Autorità competente e non può essere accolta in autotutela da codesto Ente. L'Occasione ci è gradita per porgere Cordiali Saluti", erroneamente interpretato dal ricorrente quale "silenio-diniego", e come tale impugnato (solo) "decorso il termine di 90 giorni";

8. in realtà, sulla richiesta del contribuente — che integrava pacificamente una istanza di sgravio in autotutela — l'agente della riscossione si è pronunciato in termini espressi, ma quand'anche l'atto avesse integrato un rifiuto tacito, esso non sarebbe comunque rientrato rientra tra gli atti impugnabili davanti alle commissioni tributarie, ai sensi dell'art. 19, comma 1, del d.lgs. n. 546/92;

9. la giurisprudenza di questa Corte è infatti univoca nel rilevare che l'autotutela tributaria (analogamente a quella del diritto amministrativo generale) costituisce un potere discrezionale esercitabile d'ufficio, non già uno strumento di protezione del contribuente (ex multis, Cass. sez. V, 7511/16, 23765/15, 3442/15, 24058/14, 12930/13, 26313/10, 15451/10, 11457/10; S.U. 16097/09, 7388/07, 1547/02, 8685/96), di cui quest'ultimo può solo sollecitare l'esercizio, ai fini della rimozione di una pretesa illegittimità dell'atto impositivo, senza che ciò attivi automaticamente un procedimento da definire con provvedimento espresso; da ciò consegue che, non sussistendo un obbligo dell'amministrazione di pronunciarsi sull'istanza di autotutela, l'eventuale silenzio su di essa non può qualificarsi giuridicamente, per gli effetti che qui ne occupano, un diniego, come tale contestabile in sede giudiziale (cfr. Cass. SU, 7388/07; Cass. Sez. V, 13412/00);

10. al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.1000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall'art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso