Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 22 settembre 2017, n. 22092

Imposte indirette - IVA - Accertamento - Dichiarazione - Rettifica - Forniture d’acqua

 

Fatti di causa

 

1. A seguito di ispezione effettuata da propri funzionari e correlato processo verbale di constatazione, l'Ufficio di Milano dell'Agenzia delle entrate notificava alla N. W. Direct (Italia) s.r.l. avviso di rettifica della dichiarazione IVA presentata per l'anno di imposta 2004, sul rilievo che la società avesse erroneamente applicato a forniture di acqua (della sorgente di Ormea) effettuate ad imprese o studi professionali - raccolta in appositi contenitori dotati di dispenser - l'aliquota del 4% in luogo di quella del 20%.

2. Il ricorso proposto dalla società contribuente veniva rigettato dalla C.T.P. di Milano.

Proposto appello dalla società, la C.T.R della Lombardia, in parziale riforma della sentenza impugnata, con sentenza 76/29/11, dichiarava applicabile l'aliquota IVA del 10%, con conseguente rideterminazione delle sanzioni ad opera dell'Agenzia delle entrate. Disattesa l'eccezione di difetto di motivazione dell'avviso di accertamento impugnato, il giudice di appello - per quel che ancora rileva in questa sede - da un lato escludeva l'applicabilità dell'aliquota del 20%, poiché le forniture in esame non riguardavano acqua minerale, bensì acqua di sorgente, per la cui cessione era prevista l'aliquota del 10% ai sensi della voce 81) della Tabella A, parte III, allegata al d.P.R. n. 633/1972; dall'altro escludeva anche l'applicabilità dell'aliquota del 4%, non ricorrendo, nella fattispecie, l'ipotesi normativa della vendita del prodotto mediante distributori automatici (voce 38 della Tabella A, parte II). Osservava che una tassazione così agevolata sarebbe stata giustificata nell'ipotesi in cui l'imposta avesse gravato sul consumatore finale, il quale sosteneva il costo del prodotto acquistato, e non nel caso di specie, in cui per il cliente destinatario delle forniture l'IVA non costituiva un onere, potendo essere dedotta dall'imposta dovuta sulle operazioni attive. Disattendeva, infine, la richiesta di disapplicazione delle sanzioni, non potendo la società contribuente invocare il legittimo affidamento su un orientamento dell’Amministrazione finanziaria inerente una fattispecie del tutto diversa e non sussistendo incertezza sulla portata o interpretazione delle disposizioni tributarie.

3. Avverso la suddetta sentenza la N. W. Direct (Italia) s.r.l. in liquidazione propone ricorso per cassazione, sulla base di tre motivi.

Resiste con controricorso l'Agenzia delle entrate.

 

Ragioni della decisione

 

1. Con il primo motivo la ricorrente deduce «Omessa o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all'art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. - Omessa pronuncia che determina la nullità della sentenza in relazione all'art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c.». Sostiene che la motivazione dell'atto impositivo, contenendo due distinte tipologie normative ed una duplice rappresentazione dei fatti posti a fondamento della ripresa (assenza di un distributore automatico/cessioni rese nei confronti di soggetti intermediari e non di consumatori finali), avrebbe leso il diritto di difesa della contribuente. Lamenta, inoltre, l'omessa pronuncia della C.T.R., in violazione dell'art. 112 c.p.c., sul dedotto mancato riscontro da parte dell'Ufficio alle osservazioni formulate dalla contribuente con la memoria ex art. 12 L. 212/2000.

Con il secondo motivo si deduce «Violazione e falsa applicazione della voce 38) Tabella II allegata al DPR n. 633/1972 e dell'art. 19- bis1, lett. f) DPR n. 633/1972 in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all'art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c.». Censura la ricorrente la sentenza impugnata per avere escluso, con motivazione inadeguata, l'applicazione dell'aliquota agevolata del 4%, nonostante ricorressero, nella specie, tutti i presupposti richiesti dalla citata voce 38).

2. I due motivi, da trattarsi congiuntamente per connessione, sono infondati.

La motivazione dell'atto impositivo muove dai medesimi presupposti di fatto evidenziati dai verificatori (oggettiva diversità della cessione dei contenitori di acqua rispetto alla somministrazione di bevande mediante distributori automatici), esplicitando poi le ragioni giuridiche - autonomamente valutate - poste a base della ripresa a tassazione.

Quanto alla lamentata omessa pronuncia sul mancato dedotto riscontro da parte dell'Ufficio alle osservazioni formulate dalla contribuente con la memoria ex art. 12 L. 212/2000, va osservato che «in tema di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, è valido l'avviso di accertamento che non menzioni le osservazioni presentate dal contribuente ai sensi dell'art. 12, 7° comma, I. n. 212 del 2000, atteso che la nullità consegue solo alle irregolarità per cui essa sia espressamente prevista dalla legge, oppure, in difetto di previsione, allorché ricorra una lesione di specifici diritti o garanzie tali da impedire la produzione di effetti da parte dell'atto cui ineriscono» (Cass. n. 3583 del 2016). Non va pertanto dichiarata la nullità della sentenza per omessa pronuncia, poiché esigenze di economia processuale impongono di evitare la cassazione con rinvio quando la pretesa, sulla quale si riscontri mancare la pronuncia, avrebbe dovuto essere rigettata o potuto essere decisa nel merito, purché senza necessità di ulteriori accertamenti in fatto (Cass. n. 21257 del 2014).

La decisione impugnata ha fatto corretta applicazione della previsione di cui alla voce 38), Tabella A, parte II, allegata al d.P.R. n. 633/1972, nel testo vigente ratione temporis, che regola le «somministrazioni di alimenti e bevande effettuate mediante distributori automatici collocati in stabilimenti, ospedali, case di cura, uffici e scuole, caserme ed altri edifici destinati alla collettività», prevedendo per esse l'aliquota del 4%. E' di tutta evidenza che il tratto caratterizzante di tale disposizione è costituito dalla circostanza che i distributori in questione siano collocati in luoghi destinati alla collettività, dovendosi ritenere che l'applicazione dell'aliquota agevolata anzidetta trovi giustificazione nella funzione - per così dire - sociale, che contraddistingue la somministrazione di alimenti e bevande negli edifici contemplati dalla norma. Una simile funzione non può ravvisarsi nella fattispecie in esame, posto che i distributori di acqua collocati in imprese o studi professionali non sono utilizzati da un numero indeterminato di individui, essendo per contro destinati alla fruizione di una ristretta cerchia di persone (dipendenti o collaboratori) che operano all'interno della struttura.

3. Con il terzo motivo si deduce «Violazione e falsa applicazione dell'art. 10, comma 3, L. n. 212/00, dell'art. 6 D.Lgs. n. 472/97 e dell'art. 8 D.Lgs. n. 546/92 in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. e insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all'art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c.». Sostiene la ricorrente, con riguardo alla richiesta disapplicazione delle sanzioni, che, contrariamente a quanto affermato dalla C.T.R., l'interpretazione fornita dalla D.R.E. della Valle d'Aosta con nota del 10.2.2005 concerneva una fattispecie analoga a quella in esame, così da giustificare il legittimo affidamento della contribuente, e che sussistevano obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull'ambito di applicazione delle disposizioni tributarie.

4. Il motivo è infondato.

L'orientamento espresso dalla D.R.E. della Valle d'Aosta attiene, come rilevato dalla C.T.R. con idonea motivazione, a fattispecie diversa (è fatto riferimento alla somministrazione mediante cialde/capsule) da quella in esame.

Va inoltre osservato che, per consolidata giurisprudenza, in tema di sanzioni amministrative per violazioni di norme tributarie, l'incertezza normativa oggettiva, causa di esenzione del contribuente dalla responsabilità amministrativa tributaria, alla stregua dell'art. 10, 3° comma, d.lgs. n. 212 del 2000 e dell'art. 8 d.lgs. n. 546 del 1992, postula una condizione di inevitabile incertezza su contenuto, oggetto e destinatari della norma tributaria, riferita non già ad un generico contribuente, né a quei contribuenti che, per loro perizia professionale, siano capaci di interpretazione normativa qualificata, né all'ufficio finanziario, ma al giudice, unico soggetto dell'ordinamento cui è attribuito il potere - dovere di accertare la ragionevolezza di una determinata interpretazione (da ultimo, Cass. n. 23845 del 2016). Il giudice di appello ha accertato, con apprezzamento da ritenere conforme a legge, che non ricorrevano, nella fattispecie, obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull'ambito di applicazione della norma tributaria tali da escludere la irrogazione di sanzioni.

5. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.

Stante la novità della questione trattata, le spese del presente giudizio sono compensate tra le parti.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso.

Spese compensate.