Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 03 ottobre 2017, n. 23056

Sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato - Prova testimoniale - Disponibilità continuativa - Indice di subordinazione -Non necessaria una continuità giornaliera della prestazione lavorativa - Prestazione scadenzata con tempi alternati o diversamente articolati - Legittimità

 

Rilevato

 

Che con sentenza del 19.12.2011 la Corte d'Appello di Roma, riformando la sentenza del tribunale della stessa città, ha respinto la domanda di F.F. ed ha ritenuto non provata la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato intercorso tra la F. e la sas S. dal 1.3.2003 al 21.02.2008 come dedotto dalla lavoratrice in primo grado. Secondo la corte le testimonianze di due colleghe di lavoro, cameriere al piano come la F., presenti solo per poche settimane al lavoro con la ricorrente, non sarebbero state sufficienti per affermare la continuità del rapporto ed inficiare la tesi difensiva della società secondo cui il rapporto sarebbe stato caratterizzato da occasionalità con prestazioni singolarmente retribuite nei giorni in cui, a chiamata, la F. aveva lavorato presso l'albergo. Sarebbe mancata secondo la corte territoriale la prova di una disponibilità continuativa.

Che avverso la sentenza ha proposto ricorso per Cassazione la F. affidato a due motivi, a cui ha opposto difese controricorso la sas S..

 

Considerato

 

Che la ricorrente ha lamentato: 1) la violazione degli artt. 2094, 2222, 2967 c.c. in relazione all'art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c. Avrebbe errato la corte territoriale perché avrebbe fatto assurgere la continuità lavorativa ad elemento discriminante e fondante della prestazione lavorativa; 2) la violazione degli artt. 2967 c.c. e 116 c.p.c., ma anche un'omessa ed insufficiente motivazione, in relazione all'art. 360 c. 1 n. 1 e 5 c.p.c., per non avere la corte di merito considerato che la società aveva eccepito una presenza sebbene saltuaria, ma che si era mantenuta per tutto il periodo dal 2003 al 2006 e comunque svolta con modalità di natura subordinata.

Che i motivi, che in quanto connessi possono esaminarsi congiuntamente, sono parzialmente fondati.

Che la corte territoriale ha escluso la natura subordinata del rapporto di lavoro intercorso tra le parti ritenendo insufficienti gli elementi di fatto desumibili dalle due testimonianze delle colleghe di lavoro C. e S., le quali avevano riferito che la F., nei rispettivi periodi di lavoro insieme (settembre 2003, poi da settembre 2006 a novembre 2006), aveva svolto come loro mansioni di cameriera ai piani, ritenendo inoltre rilevanti le testimonianze di altri due lavoratori presenti presso l'albergo in diversi ma limitati periodi di tempo, i quali avevano riferito di non aver mai visto la F. al lavoro. La Corte ha poi ritenuto che sebbene la mera discontinuità delle prestazioni non sia elemento sufficiente per escludere la subordinazione, mancasse la dimostrazione che la F. fosse stata permanentemente a disposizione della sas S..

Che come rilevato dalla stessa corte territoriale l'elemento della continuità non è indispensabile per caratterizzare la natura subordinata del rapporto di lavoro, potendo le parti concordare una modalità di svolgimento della prestazione che si articoli secondo le richieste o le disponibilità di ciascuna di esse, come previsto nella fattispecie del contratto di lavoro cd a chiamata o intermittente, o anche di part time verticale.

Che le prestazioni di lavoro della F. prima della regolarizzazione del rapporto nel 2007 non siano state soltanto quelle di cui ai periodi confermati dalle testi escusse e prima indicate, settembre 2003 e i tre mesi del 2006, ma che siano continuale ancorché in maniera discontinua secondo la odierna contro ricorrente, si desume dalle difese svolte dalla stessa società nella memoria difensiva in primo grado, atto depositato ai sensi dell'art. 366 c. 1 n. 6 c.p.c. dalla ricorrente, in cui non contestando le modalità della prestazione lavorativa di cameriera ai piani, la convenuta ne ha soltanto evidenziato la saltuarietà in relazione alle necessità aziendali e alla disponibilità della F..

Che invece la corte territoriale non ha tenuto conto di tali elementi fattuali i quali, ove meglio esaminati, avrebbero potuto consentire una più compiuta valutazione della fattispecie al fine di accertare la subordinazione del rapporto di lavoro anche in assenza di prova di una continuità giornaliera relativa a tutto il periodo in contestazione, in presenza di messa in disponibilità da parte di F. delle proprie energie lavorative.

Che invero il concetto di subordinazione di cui all'art. 2094 c.c. non postula necessariamente una continuità giornaliera della prestazione lavorativa, potendo le parti esprimere una volontà, anche con comportamenti di fatto concludenti, di svolgimento del rapporto con modalità che prevedano una prestazione scadenzata con tempi alternati o diversamente articolati rispetto alla prestazione giornaliera o anche con messa in disponibilità del lavoratore a richiesta del datore di lavoro.

Che tale modalità temporale di svolgimento della prestazione, ove sussistente, non esclude quindi l'esistenza di un rapporto a tempo indeterminato, sia pure con diversi effetti sulla regolamentazione del corrispettivo spettante anche con riguardo agli istituti indiretti, dovendo tale corrispettivo essere parametrato alle giornate effettivamente lavorate, in assenza di diversa regolamentazione contrattuale delle parti.

Che la sentenza va pertanto cassata, avendo la Corte territoriale errato nell'escludere l'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato sul presupposto dell'assenza di prova di una continuità giornaliera e di mancata prova di contestuale messa a disposizione da parte di F. delle energie lavorative. La causa va pertanto rinviata alla Corte d'Appello di Roma, in diversa composizione, che dovrà accertare, attenendosi ai principi prima esposti, anche con riferimento a quanto eccepito dalla società nella memoria di costituzione ed in quella difensiva del 3.12.2008 in primo grado della sas S., le concrete modalità in particolare temporali della prestazione lavorativa della F. nel periodo in contestazione, ossia dal settembre 2003 alla regolarizzazione avvenuta nel 2007 e le eventuali differenze retributive ancora spettanti.

Che al giudice di rinvio va demandata anche la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso per le ragioni di cui in motivazione, cassa la sentenza e rinvia, anche per le spese, alla Corte d'Appello di Roma in diversa composizione.