Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 09 novembre 2016, n. 22767

Imposte ipotecaria e catastale - Registrazione telematica - Vendita di fabbricato non ultimato

 

Svolgimento del processo

 

La controversia concerne l'impugnazione dell'avviso di liquidazione, relativo al mancato pagamento, in sede di registrazione telematica, delle imposte ipotecaria e catastale in misura proporzionale, da parte del contribuente, in qualità di notaio rogante, per la vendita di un fabbricato non ultimato, distinto in catasto fabbricati alla categoria D2. Il contribuente ha eccepito che essendo l'oggetto della compravendita un bene strumentale non ultimato, dovesse pagarsi l'imposta fissa ipotecaria e catastale e non quella proporzionale di cui all'art. 1 bis della tariffa allegata al d.lgs. n. 374/90 e all'art. 10 del medesimo testo normativo. Si costituiva l'ufficio ritenendo che fosse ininfluente che il fabbricato oggetto di compravendita fosse più o meno ultimato.

La CTP accoglieva le ragioni del ricorrente, mentre la CTR riformava la sentenza di primo grado, in favore dell'Agenzia delle Entrate.

Avverso quest'ultima pronuncia, il contribuente ha proposto ricorso per Cassazione sulla base di due motivi, mentre l'Agenzia delle Entrate non ha spiegato difese scritte.

 

Motivi della decisione

 

Con il primo motivo di ricorso, la parte contribuente ha denunciato il vizio di violazione di legge, e precisamente dell'art. 53 del d.lgs. n. 546/92, in relazione all'art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., nonché insufficiente o contraddittoria motivazione sul medesimo punto, in relazione all'art. 360 primo comma n. 5 c.p.c., in quanto, la CTR avrebbe disatteso l'eccezione d'inammissibilità dell'appello proposto davanti a lei, formulata dal contribuente, alla luce della norma indicata in rubrica.

La censura è inammissibile per difetto di autosufficienza, in quanto la parte contribuente lamenta la genericità dell'appello dell'ufficio, secondo l'eccezione sollevata in sede di controdeduzioni al medesimo appello, ma i documenti su cui tale eccezione si basa (in particolare, l'atto d'appello) non sono stati riportati nel ricorso in cassazione (quantomeno in parte qua), né ne è stata indicata la loro collocazione nella documentazione afferente al precedente grado, né sono stati allegati, ex art. 366 primo comma n. 6 c.p.c. e 369 secondo comma n. 4 c.p.c.; è, infatti, insegnamento di questa Corte, quello secondo cui "Il ricorrente per cassazione che intenda dolersi dell'omessa o erronea valutazione di un documento da parte del giudice di merito, ha, ai sensi dell'art. 366, primo comma, n. 6, cod. proc. civ., il duplice onere, imposto a pena di inammissibilità del ricorso, di indicare esattamente nell'atto introduttivo in quale fase processuale ed in quale fascicolo di parte si trovi il documento in questione, e di evidenziarne il contenuto, trascrivendolo o riassumendolo nei suoi esatti termini, ai fine di consentire al giudice di legittimità di valutare la fondatezza del motivo, senza dover procedere all'esame dei fascicoli d'ufficio o di parte (Cass. n. 26174/14, sez. un. 28547/08, sez. un. 23019/07, sez. un. ord. n. 7161/10).

Pertanto, nella presente vicenda, questa Corte non è stata messa in condizione di verificare la effettiva sussistenza del vizio; nel merito, tale censura sarebbe, comunque, infondata in quanto dalla lettura del testo della sentenza il motivo di doglianza è stato preso in considerazione dai giudici d'appello, con ragionamento che appare immune dai vizi logici denunciati, di talché è fondato il convincimento che la parte miri a una nuova valutazione nel merito, finalità non consentita nel presente grado di legittimità.

Con il secondo motivo di censura, la parte contribuente ha denunciato la violazione e falsa applicazione del combinato disposto dell'art 10 primo comma nn. 8 bis e 8 ter del DPR n. 633/72, dell'art. 35 comma 10 bis lettere a e b del D.L. n. 223/06 e dell'art. 40 del DPR n. 131/86, in relazione all'art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., in quanto, erroneamente i giudici d'appello avrebbero ritenuto applicabile le imposte ipotecarie e catastali in misura proporzionale, alla cessione di beni strumentali non ultimati, in spregio al principio di alternatività e alla circostanza che la cessione di beni immobili strumentali in corso di costruzione è un'operazione non rientrante nell'ambito applicativo dell'art. 10 nn. 8 bis e 8 ter del DPR n. 633/72, anche alla luce della circolare ministeriale n. 12/E del 12.3.2010.

Il motivo non merita adesione, in quanto nella sentenza impugnata i giudici d'appello hanno ben evidenziato come l'immobile trasferito era costituito da un intero corpo di fabbrica, con pertinenze, in fase di ricostruzione, che era già accatastato in D2; da tale circostanza, secondo quanto correttamente evidenziato dai medesimi giudici, si evince come la ultimazione o meno della ricostruzione non potesse incidere sull'applicazione delle imposte ipotecaria e catastale perché la natura del bene era strumentale (come confermato dalla sua distinzione catastale) e ciò era sufficiente per la sua assoggettabilità alle imposte in questione.

La mancata predisposizione di difese scritte da parte dell'ufficio esonera il Collegio dal provvedere sulle spese.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso.