Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 08 settembre 2016, n. 17788

Tributi - Contenzioso tributario - Procedimento - Ricorso in cassazione per omesso esame di un fatto storico decisivo - Necessaria la puntuale indicazione del fatto storico oggetto di discussione processuale e la sua "decisività"

 

Ritenuto in fatto

 

Nella controversia nascente dall'impugnazione da parte di H. degli avvisi di accertamento, portanti Irpef, Irap ed Iva per gli anni di imposta 2006 e 2007 ed emessi a seguito di accertamenti sui conti correnti bancari, la contribuente ricorre, con unico motivo, avverso la sentenza indicata in epigrafe con la quale la Commissione Tributaria di secondo grado di Trento, in accoglimento dell’appello proposto dall'Ufficio, aveva integralmente riformato la prima decisione rigettando il ricorso introduttivo.

L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

A seguito di deposito di relazione ex art. 380-bis c.p.c. è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti.

 

Considerato in diritto

 

1. Con l’unico motivo - rubricato: insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c) - la ricorrente lamenta che la Commissione di secondo grado non avrebbe di fatto considerato la documentazione dalla stessa prodotta ed, in particolare, che l’importo contestato di euro 25.000,00, versato sul conto corrente, era stato effettuato dalla di lei cognata al fine di consentirle di iniziare la sua attività e che il bonifico in uscita aveva quale beneficiario la stessa cognata e trovava causa nella restituzione di quanto ricevuto in precedenza.

1.1 La censura è inammissibile. Le Sezioni Unite di questa Corte (sentenza n.8053/14) hanno statuito che la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, - applicabile anche ai ricorsi avverso le sentenze delle Commissioni Tributarie Regionali - deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall'art. 12 preleggi, come riduzione al "minimo costituzionale" del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l'anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all'esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella "mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico", nella "motivazione apparente", nel "contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili" e nella "motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile", esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di "sufficienza" della motivazione". Ed ancora che "a seguito della riforma del 2012 scompare il controllo sulla motivazione con riferimento al parametro della sufficienza, ma resta il controllo sull’esistenza (sotto il profilo dell’assoluta omissione o della mera apparenza) e sulla coerenza (sotto il profilo della irriducibile contraddittorietà e dell’illogicità manifesta). Alla luce di detti principi il primo profilo di censura attinente ad una dedotta insufficienza della motivazione appare inammissibile.

1.2. Le Sezioni Unite di questa Corte, con l'indicata sentenza, hanno, altresì, specificato che "l'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., riformulato dall'art. 54 del d.l, 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell'ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all'omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente deve indicare il "fatto storico", il cui esame sia stato omesso, il "dato", testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il "come" e il "quando" tale fatto sia stato oggetto di discussioni processuale tra le parti e la sua "decisività", fermo restando che l'omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie".

2. Alla luce di detti principi anche il secondo punto di censura è inammissibile. Dal tenore testuale del capo di sentenza impugnato -con il quale il Giudice di appello ha espressamente motivato che: "la contribuente non ha dimostrato la regolarità delle operazioni, in contabilità non risulta una registratone del debito in corrispondenza del prestito ottenuto" ed ancora " non si è provata con documenti certi la provenienza del prestito non si è dimostrato che l’attività non è iniziata ai primi dell’anno 2006 come risulta dalle bollette della luce" - emerge, infatti, che il Giudice di merito ha vagliato il materiale probatorio offerto, ritenendolo inidoneo allo scopo.

3. Ne consegue il rigetto del ricorso, con condanna della ricorrente, soccombente, al pagamento delle spese processuali, liquidate come in dispositivo.

4. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente alla refusione in favore dell’Agenzia delle Entrate delle spese processuali che liquida in complessivi euro 2,000,00 oltre eventuali spese prenotate a debito.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il/ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.