Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 14 novembre 2017, n. 26933

Imposte dirette - IRPEF - Accertamento - Ordinamento tributario nazionale - Indagini a tavolino - Contraddittorio preventivo tra Amministrazione finanziaria e contribuente

Rilevato che

Con sentenza in data 9 maggio 2016 la Commissione tributaria regionale dell' Abruzzo, sezione distaccata di Pescara, accoglieva l'appello proposto da S.P.N. avverso la sentenza n. 801/1/15 della Commissione tributaria provinciale di Chieti che ne aveva respinto il ricorso contro l'avviso di accertamento IRPEF ed altro 2005. La CTR osservava in particolare che era fondata e doveva essere accolta l'eccezione del contribuente di illegittimità dell'atto impositivo impugnato, poiché nella motivazione dello stesso espressamente si affermava di non aver valutato le memorie difensive endoprocedimentali del contribuente stesso, ciò costituendo violazione aperta della relativa previsione normativa (art. 12, comma 7, legge 212/2000) e quindi appunto causa di invalidità dell'atto impositivo medesimo.

Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione l' Agenzia delle entrate deducendo un motivo unico.

Resiste con controricorso il contribuente, che successivamente ha depositato memoria.

 

Considerato che

 

Con l'unico motivo addotto - ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. - l'agenzia fiscale ricorrente lamenta violazione/falsa applicazione dell'art. 12, comma 7, legge 212/2000 e dell'art. 21 octies, legge 241/1990, poiché la CTR ha sancito l'illegittimità dell'avviso di accertamento oggetto della lite in quanto nella motivazione del medesimo si è dato espressamente atto della mancata valutazione delle difese endoprocedimentali proposte con memorie dal contribuente.

In via preliminare si deve rilevare l'infondatezza dell'eccezione di inammissibilità del mezzo proposta dal controricorrente, essenzialmente basata sulla "novità" della questione giuridica posta nel presente grado dall'agenzia fiscale, non essendosi nei gradi di merito da parte della medesima contestato alcunchè in ordine ai rilievi di controparte sul thema decidendum del contraddittorio endoprocedimentale.

Trattasi invero di "mera difesa", peraltro basata non su di un ampliamento fattuale dell'oggetto della controversia, ma esclusivamente argomentata in diritto e pertanto pienamente sottoponibile al giudizio di legittimità di questa Corte nei termini formulati (cfr. in questo senso, Sez. U, Sentenza n. 2951 del 16/02/2016, in motivazione alle pagine 13 e seguenti).

Ciò posto, la censura è fondata.

Va infatti ribadito che:

-«In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l'Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l'invalidità dell'atto purché il contribuente abbia assolto all'onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un'opposizione meramente pretestuosa, esclusivamente per i tributi "armonizzati", mentre, per quelli "non armonizzati", non è rinvenibile, nella legislazione nazionale, un analogo generalizzato vincolo, sicché esso sussiste solo per le ipotesi in cui risulti specificamente sancito» (Sez. U., Sentenza n. 24823 del 09/12/2015, Rv. 637604 - 01);

-«In tema di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, è valido l'avviso di accertamento che non menzioni le osservazioni del contribuente ex art. 12, comma 7, della I. n. 212 del 2000, atteso che, da un lato, la nullità consegue solo alle irregolarità per le quali sia espressamente prevista dalla legge oppure da cui derivi una lesione di specifici diritti o garanzie tale da impedire la produzione di ogni effetto e, dall'altro lato, l'Amministrazione ha l'obbligo di valutare tali osservazioni, ma non di esplicitare detta valutazione nell'atto impositivo» (Sez. 6 - 5, Ordinanza n. 8378 del 31/03/2017, Rv. 643641 - 01; conforme, Sez. 5, Sentenza n. 3583 del 24/02/2016).

Dai principi di diritto espressi in tali arresti giurisprudenziali si deve desumere che:

- qualora non previsto da specifiche disposizioni legislative non vi è alcun obbligo sanzionato di contraddittorio endoprocedimentale nella fase di attuazione autoritativa dei tributi, salvo che per l'IVA, ciò derivando dal diritto eurounitario, ma in questo caso con necessità che il giudice del merito valuti la "non pretestuosità" della opposizione del contribuente ("prova di resistenza");

- che la nullità (invalidità) di un atto impositivo non possa che derivare da specifiche previsioni, peraltro assenti nel caso di omessa motivazione nell'avviso a riscontro delle difese endoprocedimentali del contribuente.

Orbene, nel caso di specie sarebbe sufficiente notare che, trattandosi di attività di verifica non espletata presso il contribuente, ma derivante da accertamenti presso società delle quali il contribuente stesso era socio, comunque non poteva trovare applicazione l'art. 12, comma 7, legge 212/2000, né per quanto riguarda il termine dilatorio né per quanto riguarda la "valutazione" delle difese del contribuente medesimo in tale disposizione legislativa previsti.

Peraltro, secondo un canone di comune logica, seguendo il secondo arresto giurisprudenziale citato, se non vi può essere declaratoria di illegittimità dell'atto impositivo in caso di motivazione omessa sulle difese endoprocedimentali del contribuente, a maggior ragione nemmeno vi può essere qualora, come nel caso di specie, vi sia una espressa dichiarazione di omissione, peraltro motivata e giustificata dall'imminente scadere del termine decadenziale per l'emanazione dell'avviso di accertamento.

Infatti l'effetto giuridico dell'omessa motivazione è comunque equivalente all'omessa valutazione e comunque in entrambi i casi non vi è alcuna espressa comminatoria normativa di invalidità.

Pertanto non è corretta la contraria affermazione contenuta nella sentenza impugnata, che appare basata sull'erronea interpretazione del principio di diritto de quo analogamente affermato da questa Corte in una precedente pronuncia (la già citata Sez. 5, Sentenza n. 3583 del 24/02/2016, Rv. 639031 - 01).

La sentenza impugnata va dunque cassata in relazione al motivo dedotto, con rinvio al giudice a quo per nuovo esame.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale dell'Abruzzo, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.