Giurisprudenza - CORTE DI GIUSTIZIA CE-UE - Sentenza 17 maggio 2017, n. C-365/16

«Rinvio pregiudiziale - Regime fiscale comune applicabile alle società capogruppo e controllate di Stati membri diversi - Direttiva 2011/96/UE - Prevenzione della doppia imposizione - Contributo aggiuntivo del 3% all’imposta sulle società»

 

1. La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), e dell’articolo 5 della direttiva 2011/96/UE del Consiglio, del 30 novembre 2011, concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi (GU 2011, L 345, pag. 8), come modificata dalla direttiva 2014/86/UE del Consiglio, dell’8 luglio 2014 (GU 2014, L 219, pag. 40) (in prosieguo: la «direttiva madri-figlie»).

2. Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra l’Association française des entreprises privées (AFEP) (associazione francese delle imprese private) e 17 società (in prosieguo: l’«AFEP e a.»), da un lato, e il ministre des Finances et des Comptes publics (ministro delle Finanze e dei Conti pubblici, Francia), dall’altro lato, in relazione ad un ricorso per l’annullamento di una dottrina amministrativa relativa al contributo aggiuntivo all’imposta sulle società applicabile ad una società madre residente in occasione della distribuzione degli utili, compresi quelli percepiti dalle società figlie non residenti.

 

 Contesto normativo

 

 Diritto dell’Unione

 

3. La direttiva madri-figlie, ai sensi del considerando 3, intende esentare dalle ritenute alla fonte i dividendi e altre distribuzioni di utili pagati dalle società figlie alle proprie società madri ed eliminare la doppia imposizione su tali redditi a livello della società madre.

4. I considerando 7 e 9 di tale direttiva dispongono quanto segue:

«(7) Quando una società madre, in veste di socio, riceve dalla società figlia utili distribuiti, lo Stato membro della società deve astenersi dal sottoporre tali utili a imposizione, oppure sottoporli a imposizione, autorizzando però detta società madre a dedurre dalla sua imposta la frazione dell’imposta pagata dalla società figlia a fronte di detti utili.

(...)

(9) La corresponsione degli utili a una stabile organizzazione della società madre come pure la percezione degli utili da parte della stessa dovrebbe dar luogo al medesimo trattamento applicabile tra una società figlia e la società madre. Dovrebbe essere contemplato il caso in cui una società madre e la propria società figlia sono nel medesimo Stato membro e la stabile organizzazione è in un altro Stato membro. D’altro canto, pare che le situazioni in cui una stabile organizzazione e una società figlia sono situate nel medesimo Stato membro possono, salva l’applicazione dei principi del trattato, essere trattate sulla base del diritto interno dello Stato membro interessato».

5. L’articolo 4, paragrafi 1 e 3, di detta direttiva prevede quanto segue:

«1. Quando una società madre o la sua stabile organizzazione, in virtù del rapporto di partecipazione tra la società madre e la sua società figlia, riceve utili distribuiti in occasione diversa dalla liquidazione della società figlia, lo Stato membro della società madre e lo Stato della sua stabile organizzazione:

a) si astengono dal sottoporre tali utili a imposizione nella misura in cui essi non sono deducibili per la società figlia e sottopongono tali utili a imposizione nella misura in cui essi sono deducibili per la società figlia; o

b) li sottopongono a imposizione, autorizzando però detta società madre o la sua stabile organizzazione a dedurre dalla sua imposta la frazione dell’imposta societaria relativa ai suddetti utili e pagata dalla società figlia e da una sua sub-affiliata, a condizione che a ciascun livello la società e la sua sub-affiliata ricadano nelle definizioni di cui all’articolo 2 e soddisfino i requisiti di cui all’articolo 3 entro i limiti dell’ammontare dell’imposta corrispondente dovuta.

(...)

3. Ogni Stato membro ha la facoltà di stipulare che oneri relativi alla partecipazione e minusvalenze risultanti dalla distribuzione degli utili della società figlia non siano deducibili dall’utile imponibile della società madre.

In tal caso, qualora le spese di gestione relative alla partecipazione siano fissate forfettariamente, l’importo forfettario non può essere superiore al 5% degli utili distribuiti dalla società figlia».

6. L’articolo 5 della direttiva madri-figlie prevede quanto segue:

«Gli utili distribuiti da una società figlia alla sua società madre sono esenti dalla ritenuta alla fonte».

 

 Diritto francese

 

7. Risulta dal fascicolo trasmesso alla Corte che, per quanto concerne il trattamento fiscale degli utili che rientrano nel campo di applicazione della direttiva madri-figlie, la Repubblica francese ha optato per un sistema di esenzione, fatta salva l’imposizione di una quota parte di spese ed oneri, forfettariamente fissata al 5%, costituenti le spese e gli oneri sopportati dalla società madre, riferibili alla sua partecipazione nella società figlia che ha distribuito detti utili. Pertanto, gli utili in questione sono esenti nella misura del 95%.

8. L’articolo 235 ter ZCA del code général des impôts (codice generale delle imposte; in prosieguo: il «CGI») così dispone:

«I. Le società o enti francesi o esteri soggetti all’imposta sulle società in Francia, ad esclusione degli organismi di investimento collettivo menzionati al punto II dell’articolo L. 214-1 del code monétaire et financier [codice monetario e finanziario] e di quelli che rientrano nella definizione di microimprese, piccole imprese e medie imprese di cui all’allegato I al regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione, del 17 giugno 2014, che dichiara alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato interno in applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato, sono assoggettati a un contributo aggiuntivo a detta imposta calcolato sugli importi che essi distribuiscono ai sensi degli articoli da 109 a 117 del presente codice.

Il contributo è pari al 3% degli importi distribuiti (...)

(...)».

 

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

 

9. L’AFEP e a. hanno depositato dinanzi al Conseil d’État (Consiglio di Stato, Francia) un ricorso per l’annullamento della dottrina amministrativa, e in particolare del paragrafo 70 della instruction BOI-IS-AUT-30-20160302 (Bulletin officiel des finances publiques-impôts, 2 marzo 2016), relativa al contributo aggiuntivo all’imposta sulle società sugli importi distribuiti (in prosieguo: il «contributo aggiuntivo») di cui all’articolo 235 ter ZCA del CGI.

10. A sostegno del ricorso, l’AFEP e a. hanno sollevato una questione prioritaria di legittimità costituzionale in base all’articolo 61-1 della Costituzione. Fanno inoltre valere, in via principale, che il contributo aggiuntivo è contrario all’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva madri-figlie e, in via subordinata, all’articolo 5 della citata direttiva.

11. Il ministro delle Finanze e dei Conti pubblici sostiene che i motivi proposti dall’AFEP e a. non sono fondati.

12. Il giudice del rinvio ritiene che l’interpretazione delle disposizioni di diritto dell’Unione di cui trattasi influenzi la sua decisione in merito al rinvio della questione prioritaria di costituzionalità al Conseil constitutionnel (Consiglio costituzionale, Francia). Da un lato, detto giudice precisa che le società o gli enti che hanno percepito i proventi delle partecipazioni di loro società figlie, quando procedono alla ridistribuzione di tali proventi, sono assoggettati al contributo aggiuntivo all’imposta sulle società. Inoltre, le modalità di riscossione e di reclamo applicabili a detto contributo aggiuntivo e quelle previste per l’imposta sulle società sono identiche.

13. Per contro, il fatto generatore del contributo aggiuntivo sarebbe diverso da quello dell’imposta sulle società, posto che il contributo non si applica all’atto della percezione dei dividendi, ma al momento della loro ridistribuzione da parte della società che li ha percepiti.

14. Il giudice del rinvio espone inoltre che la base imponibile del contributo aggiuntivo stesso, che tiene conto in particolare degli utili distribuiti derivanti da utili accantonati a riserva, è diversa da quella dell’imposta sulle società. Alla luce di ciò, la questione se il contributo aggiuntivo costituisca un’imposta sugli utili contraria all’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), della direttiva madri-figlie presenta, secondo il giudice del rinvio, una difficoltà significativa.

15. Dall’altro lato, detto giudice sottolinea che, considerato che il fatto generatore del contributo aggiuntivo è il versamento di dividendi, che la sua base imponibile è l’importo dei dividendi versati, che il soggetto passivo è la società che distribuisce i dividendi e che non è previsto credito d’imposta a favore dell’azionista, il contributo aggiuntivo di cui trattasi non sembra presentare - tenuto conto dei criteri elaborati dalla Corte nella sua sentenza del 26 giugno 2008, Burda (C-284/06, EU:C:2008:365) - le caratteristiche di una ritenuta alla fonte. Tuttavia, tenuto conto della sentenza del 4 ottobre 2001, Athinaïki Zythopoiïa (C-294/99, EU:C:2001:505), il giudice del rinvio si pone la questione se, nel caso in cui il contributo aggiuntivo non costituisse un’imposizione vietata dall’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), della direttiva, esso non possa essere considerato come una «ritenuta alla fonte», da cui devono essere esentati, in forza dell’articolo 5 della direttiva in parola, gli utili distribuiti.

16. Alla luce di tali considerazioni, il Conseil d’État (Consiglio di Stato) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se l’articolo 4 della direttiva [madri-figlie], e in particolare il suo paragrafo 1, lettera a), osti a un’imposta come quella prevista all’articolo 235 ter ZCA del [CGI], che è riscossa in occasione della distribuzione di utili da parte di una società soggetta all’imposta sulle società in Francia e la cui base imponibile è costituita dagli importi distribuiti.

2) In caso di risposta negativa alla prima questione, se un’imposta come quella prevista all’articolo 235 ter ZCA del [CGI] debba essere considerata come una "ritenuta alla fonte", da cui sono esenti gli utili distribuiti da una filiale in forza dell’articolo 5 della direttiva».

 

 Sulla domanda di apertura della fase orale del procedimento

 

17. Con lettera del 31 marzo 2017, il governo francese ha chiesto l’apertura della fase orale del procedimento a motivo, in sostanza, della mancanza di discussione sull’applicazione, nel procedimento principale, delle soluzioni proposte dall’avvocato generale Kokott nelle sue conclusioni nella causa X (C-68/15, EU:C:2016:886).

18. A tal proposito, l’articolo 83 del regolamento di procedura della Corte prevede che quest’ultima, in qualsiasi momento, sentito l’avvocato generale, può disporre l'apertura o la riapertura della fase orale del procedimento, in particolare se essa non si ritiene sufficientemente edotta o quando, dopo la chiusura di tale fase, una parte ha prodotto un fatto nuovo, tale da influenzare in modo decisivo la decisione della Corte, oppure quando la causa dev’essere decisa in base a un argomento che non è stato oggetto di discussione tra le parti.

19. Nel caso di specie, la Corte, sentito l’avvocato generale, ritiene di avere a disposizione tutti gli elementi necessari per statuire nella presente causa. Non occorre, pertanto, disporre la riapertura della fase orale del procedimento.

 

 Sulle questioni pregiudiziali

 

 Sulla prima questione

 

20. Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), della direttiva madri-figlie debba essere interpretato nel senso che tale disposizione osta ad una misura fiscale dello Stato membro di una società madre, quale quella di cui al procedimento principale, che prevede la riscossione di un’imposta in sede di distribuzione dei dividendi da parte della società madre e la cui base imponibile è costituita dagli importi dei dividendi distribuiti, compresi quelli percepiti dalle società figlie non residenti.

21. Risulta dal considerando 3 della direttiva madri-figlie che tale direttiva intende eliminare la doppia imposizione sugli utili distribuiti da una società figlia alla società madre a livello della società madre.

22. A tal fine, l’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva madri-figlie rimette agli Stati membri la scelta tra due sistemi, ossia tra il sistema di esenzione e quello d’imputazione. Infatti, conformemente ai considerando 7 e 9 di detta direttiva, tale disposizione precisa che quando una società madre o una sua stabile organizzazione, in virtù del rapporto societario tra società madre e società figlia, ricevono utili distribuiti non in sede di scioglimento di quest’ultima, lo Stato membro della società madre e quello della sua stabile organizzazione si astengono dal sottoporre tali utili a imposizione nella misura in cui essi non sono deducibili per la società figlia e sottopongono tali utili a imposizione nella misura in cui essi sono deducibili per la società figlia, oppure li sottopongono a imposizione, autorizzando però la società madre e la sua stabile organizzazione a dedurre dall’imposta la frazione dell’imposta relativa ai suddetti utili e pagata dalla società figlia e da qualsiasi sub-affiliata (sentenza del 17 maggio 2017, X, C-68/15, punto 71 e giurisprudenza ivi citata).

23. Tuttavia, ai sensi del paragrafo 3 di detto articolo 4, gli Stati membri hanno la facoltà di stipulare che oneri relativi alla partecipazione e minusvalenze risultanti dalla distribuzione degli utili della società figlia non siano deducibili dall’utile imponibile della società madre. Risulta parimenti da tale disposizione che se, in tal caso, le spese di gestione relative alla partecipazione sono fissate forfettariamente, l’importo forfettario non può essere superiore al 5% degli utili distribuiti dalla società figlia.

24. Pertanto l’articolo 4 della direttiva mira ad evitare che gli utili distribuiti ad una società madre residente da parte di una società figlia non residente siano tassati in un primo tempo in capo alla società figlia nello Stato di residenza della stessa, ed in un secondo tempo in capo alla società madre nello Stato di residenza di quest’ultima.

25. Nel caso di specie, si deve da un lato precisare che, come menzionato al punto 7 della presente sentenza, la Repubblica francese ha optato per l’esenzione, nella misura del 95%, degli utili provenienti da una società figlia non residente di una società madre residente.

26. Dall’altro lato, si deve rilevare che, nei limiti in cui la base imponibile del contributo aggiuntivo all’imposta sulle società è costituita dai dividendi distribuiti da una società madre, tale base imponibile può anche comprendere utili provenienti da società figlie di detta società madre residenti in altri Stati membri, circostanza che comporta l’assoggettamento degli utili in questione ad un’imposizione che supera il limite del 5% previsto all’articolo 4, paragrafo 3, della direttiva madri-figlie.

27. Si pone pertanto il problema se una simile tassazione degli utili sia contraria alla direttiva madri-figlie.

28. Secondo i governi francese e belga, gli utili ridistribuiti da una società madre ai propri azionisti non rientrano nel campo di applicazione dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), della direttiva madri-figlie, in quanto tale disposizione è applicabile solamente quando una società madre percepisca utili distribuiti dalla società figlia.

29. Una simile interpretazione non può essere accolta.

30. Come risulta dalla sentenza del 17 maggio 2017, X (C-68/15, punto 78), si deve constatare che tale interpretazione non discende né dal tenore letterale della citata disposizione, né dal contesto o dalle finalità della stessa.

31. La Corte ha precisato, ai punti 79 e 80 della citata sentenza X, da un lato, che, nel prevedere che lo Stato membro della società madre e lo Stato membro della stabile organizzazione «si astengono dal sottoporre tali utili a imposizione», tale disposizione vieta agli Stati membri di sottoporre ad imposizione la società madre o la sua stabile organizzazione a titolo di utili distribuiti dalla società figlia alla società madre, senza distinguere a seconda che l’imposizione della società madre abbia come fatto generatore la percezione di tali utili o la loro ridistribuzione.

32. Dall’altro lato, poiché la direttiva madri-figlie persegue, in conformità al suo considerando 3, l’obiettivo di eliminare la doppia imposizione degli utili distribuiti da una società figlia alla società madre a livello della società madre, una tassazione di tali utili da parte dello Stato membro della società madre in capo a tale società al momento della ridistribuzione di questi ultimi, che produca l’effetto di assoggettare detti utili ad una tassazione che eccede la soglia del 5% prevista dall’articolo 4, paragrafo 3, della direttiva in parola, comporterebbe una doppia imposizione a livello di tale società, vietata dalla suddetta direttiva.

33. Peraltro, si deve osservare, in tale contesto, che poco rileva che la misura fiscale nazionale sia o meno qualificata come imposta sulle società. A tal proposito, è sufficiente constatare che l’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), della direttiva madri-figlie non limita la propria applicazione a una determinata imposta. Infatti, detta disposizione prevede che lo Stato membro della società madre si astenga dal sottoporre ad imposizione gli utili distribuiti dalla società figlia non residente. La disposizione in parola mira quindi ad evitare che gli Stati membri adottino misure fiscali che comportino una doppia imposizione degli utili in questione in capo alle società madri.

34. Tale conclusione non è rimessa in questione dal punto 105 della sentenza del 12 dicembre 2006, Test Claimants in the FII Group Litigation (C-446/04, EU:C:2006:774), dal momento che, al citato punto, la Corte si è unicamente pronunciata circa la conformità con la direttiva madri-figlie di talune modalità di calcolo dell’importo del pagamento anticipato dell’imposta sulle società allorché una società madre residente ridistribuisca dividendi percepiti da una società figlia non residente, e non sulla conformità a tale direttiva della riscossione, in una simile ipotesi, di tale imposta.

35. Alla luce delle considerazioni che precedono, si deve rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), della direttiva madri-figlie dev’essere interpretato nel senso che tale disposizione osta ad una misura fiscale prevista dallo Stato membro di una società madre, quale quella di cui al procedimento principale, che prevede la riscossione di un’imposta in sede di distribuzione dei dividendi da parte della società madre e la cui base imponibile è costituita dagli importi dei dividendi distribuiti, compresi quelli percepiti dalle società figlie non residenti di tale società.

 Sulla seconda questione

36. Tenuto conto della risposta fornita alla prima questione, non occorre rispondere alla seconda questione.

 

 Sulle spese

 

37. Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

P.Q.M.

 

L’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2011/96/UE del Consiglio, del 30 novembre 2011, concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi, come modificata dalla direttiva 2014/86/UE del Consiglio, dell’8 luglio 2014, dev’essere interpretato nel senso che tale disposizione osta ad una misura fiscale prevista dallo Stato membro di una società madre, quale quella di cui al procedimento principale, che prevede la riscossione di un’imposta in sede di distribuzione dei dividendi da parte della società madre e la cui base imponibile è costituita dagli importi dei dividendi distribuiti, compresi quelli percepiti dalle società figlie non residenti di tale società.