Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 12 luglio 2017, n. 17198

Tributi (in generale) - accertamento tributario (nozione) - Avviso di accertamento - Notifica cartella di pagamento - Impugnazione - Tempestiva proposizione del ricorso da parte del contribuente - Sanatoria prevista per gli atti processuali, ex artt. 156 e 160 c.p.c. - Applicabilità - Affermazione - Limiti - Intervenuta decadenza dal potere di accertamento - Operatività della sanatoria - Esclusione.

 

Fatto e diritto

 

Costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal comma 1, lett. e), dell’art. 1 - bis del d.L. n. 168/2016, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 197/2016; dato atto che parte ricorrente ha depositato memoria, osserva quanto segue:

Con sentenza n. 1322/16/2015, depositata il 30 marzo 2015, la CTR della Sicilia - sezione staccata di Siracusa - rigettò l’appello proposto dalla società G.P. S.r.l. in liquidazione nei confronti del Comune di Siracusa e della Riscossione Sicilia S.p.A., quale agente della riscossione per la Provincia di Siracusa, avverso la pronuncia della locale Commissione tributaria provinciale, che aveva rigettato il ricorso proposto dalla contribuente avverso cartella di pagamento ed al ruolo ad essa sotteso per TARSU relativa all’anno 2010.

Avverso la sentenza della CTR la contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi, cui resiste con controricorso l’agente della riscossione.

L’intimato Comune non ha svolto difese.

Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 26 del d.P.R. n. 602/1973 e 60 del d.P.R. n. 600/1973, 148, 156 e 160 c.p.c. e 6, comma 1, della l. n. 212/2000, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto che l’essere la relata di notifica della cartella a mezzo messo notificatore completamente in bianco, essendo priva sia della sottoscrizione della persona che ha ricevuto la cartella sia di quella dello stesso notificatore, costituisse mera irregolarità, sanata dalla tempestiva proposizione del ricorso da parte della contribuente medesima.

Con il secondo motivo la ricorrente lamenta nullità della sentenza e/o del procedimento per violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. in relazione all’eccezione inerente al mancato intervento di agente notificatore abilitato, sulla quale la decisione impugnata avrebbe omesso di pronunciarsi.

Con il terzo motivo, infine, la ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione degli articoli 2697 c.c. e 12, comma 4, del d.P.R. n. 602/1973, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., rilevando come, a fronte di specifica contestazione da parte della contribuente, era onere dell’ente impositore dimostrare che il ruolo era stato sottoscritto, ai sensi del succitato art. 12, comma 4, del d.P.R. n. 602/1973, oppure che era stato validato da soggetto legittimato alla sottoscrizione dello stesso.

Il primo motivo è inammissibile (cfr. Cass. sez. unite 21 marzo 2017, n. 7155), avendo la sentenza impugnata fatto corretta applicazione del principio di diritto costantemente affermato da questa Corte, secondo cui il principio generale della sanatoria di cui all’art. 156, comma 3, c.p.c. trova applicazione anche in relazione alla nullità della notifica di atti non processuali quali, nel caso di specie, la cartella di pagamento, con l’unico limite che non sia intervenuta decadenza dal potere di accertamento (cfr. Cass. sez. unite 5 ottobre 2004, n. 19854 e successiva giurisprudenza conforme, tra cui, ex multis, le pronunce della sezione quinta di questa Corte 25 novembre 2005, n. 24962; 31 gennaio 2011, n. 2272; 31 maggio 2011, n. 12007; 15 gennaio 2014, n. 8374; ed ancora, come ricordato dalla stessa parte ricorrente, Cass. sez. 6-5, ord. 15 luglio 2016, n. 14601, in relazione a fattispecie del tutto analoga a quella oggetto del presente giudizio).

Nel caso di specie, incontroverso in fatto che alcuna decadenza si era verificata in relazione alla pretesa tributaria dell’ente locale, non vi è dubbio che, pur a fronte della relata in bianco, parte ricorrente abbia potuto far valere pienamente le proprie difese con l’impugnativa ritualmente proposta dinanzi alla CTP.

Parte ricorrente insiste, pure in memoria, nel prospettare, anche in riferimento alla recente pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte, 20 luglio 2016, n. 14916, la fattispecie in esame come un’ipotesi di inesistenza della notifica, insuscettibile di sanatoria, perché eseguita da soggetto non abilitato.

In ciò, peraltro, appare evidente come l’assunto di parte ricorrente faccia discendere da un fatto noto (il difetto di sottoscrizione della relata da parte del messo) un fatto ignoto (l’essere il messo soggetto non abilitato) la cui inferenza non si pone in termini di logica consequenzialità; donde l’affermazione dell’inesistenza della notifica si pone in termini non coerenti con l’impianto della pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte da ultimo richiamata da parte ricorrente, che, nell’ambito di una lettura sistematica, delinea la categoria dell’inesistenza della notifica in termini residuali, presupponendo, in relazione a quanto qui in discussione, la certezza che colui il quale abbia fatto da veicolo di trasmissione dell’atto non sia abilitato secondo le leggi vigenti.

Il secondo motivo è manifestamente infondato.

Diversamente da quanto esposto dalla ricorrente, la pronuncia impugnata, nel ritenere la notifica della cartella oggetto di nullità suscettibile di sanatoria, si basa sul presupposto implicito che la relata, pur in bianco, sia riferibile a messo notificatore abilitato.

D’altronde è noto, secondo la giurisprudenza di questa Corte (tra le molte, cfr. Cass. sez. lav. 26 gennaio 2016, n. 1360) che non sussiste il vizio di omessa pronuncia, ex art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. allorché il giudicante abbia anche implicitamente pronunciato, nel caso di specie rigettandola, sull’eccezione proposta dalla parte e nella fattispecie reiterata come motivo d’appello.

Infine è da ritenersi manifestamente infondato anche il terzo motivo. Sulla questione, anche di recente, questa Corte (cfr. Cass. 6-5, ord. 3 ottobre 2016, n. 19761), ha diffusamente osservato che «secondo l’art. 12, comma 4, d.P.R. n. 602/1973 "il ruolo è sottoscritto, anche mediante firma elettronica, dal titolare dell’ufficio o da un suo delegato" e che con la sottoscrizione "diviene esecutivo" (cioè costituisce titolo esecutivo); tuttavia l’art. 1, comma 5- ter lett. e), del d. l. n. 106/05, introdotto dalla legge di conversione n. 156/05, ha previsto che le disposizioni contenute nell’art. 12 cit., primo e quarto comma, "si interpretano nel senso che i ruoli, pur se non tributari, si intendono formati e resi esecutivi anche mediante la validazione dei dati in essi contenuti, eseguita, anche in via centralizzata, dal sistema informativo dell’amministrazione creditrice (cfr. Cass. 23550/15, per cui l’innovazione ha portata retroattiva, trattandosi di legge interpretativa».

La validazione, dunque, è costruita come procedura informatica che conferisce garanzia di autenticità del ruolo formato dall’ufficio impositore.

Peraltro, come ancora osservato dalla citata Cass. n. 19761/16, oltre ad essere il ruolo atto interno dell’amministrazione destinato ad acquisire rilevanza esterna solo attraverso la notifica della cartella, in mancanza di sanzione espressa di nullità, non rinvenendosi essa nel disposto dell’ultimo comma dell’art.12 del d.P.R. n. 602/1973, in forza del principio di tassatività delle nullità, tale sanzione non può trovare applicazione, con specifico riferimento all’omessa sottoscrizione del ruolo, come già pure affermato da Cass. sez. 5, 14 novembre 2014, n. 24322, con opportune precisazioni anche in relazione all’onere di allegazione incombente al contribuente.

Il ricorso va pertanto rigettato.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo nel rapporto processuale tra le parti costituite.

Nulla va statuito in ordine alle spese riguardo al rapporto processuale tra la ricorrente e l’intimato Comune di Siracusa.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 2.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge, se dovuti.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1- fondello stesso articolo 13.