Prassi - MINISTERO FINANZE - Nota 28 febbraio 2017, n. 33802/U

Revisione legale dei conti. Ambito di applicazione del decreto legislativo n. 39/2010, come modificato dal decreto legislativo n. 135/2016. Enti associativi con personalità giuridica. Quesito

 

Con nota del 16 novembre 2016 prot. 3927, codesta Associazione ha chiesto di valutale l’applicabilità della disciplina della revisione legale agli enti diversi dalle società di capitale e precisamente agli enti associativi dotati di personalità giuridica, qualora gli statuti contemplino la revisione legale del bilancio. In particolare, si chiede se in caso di costituzione del collegio sindacale — costituzione che non risponde a un preciso obbligo di legge per la tipologia di enti di cui trattasi - e in assenza di previsioni statutarie circa la disciplina applicabile al collegio stesso, si possa far ricorso, per analogia, alle previsioni del codice civile di cui agli articoli 2397 e seguenti e, nei casi in cui l’organo interno in questione sia incaricato anche della revisione legale, alle previsioni del decreto legislativo n. 39/2010.

Preliminarmente, è evidente che il quesito investe due diversi piani dell’attività di controllo, ovvero quello del controllo interno, solitamente svolto da un apposito organo e il piano del controllo esterno, affidato a un soggetto terzo e indipendente, che potrebbe anche eventualmente consistere in un incarico di revisione legale. Esulano dalla problematica posta nel quesito i controlli esterni pubblici, ovvero svolti da Autorità o Amministrazioni vigilanti e disciplinati puntualmente dalla legge.

Per quanto riguarda il piano dei controlli svolti da un organo interno, si ritiene, per quanto di competenza, la ricostruzione operata nel quesito ampiamente condivisibile. In particolare, l’essenzialità del modello dell’associazione delineato nel codice civile lascia ampi margini di regolamentazione agli statuti, i quali a volte intervengono espressamente ed altre volte operano un semplice rinvio al codice civile. In caso di silenzio dello statuto, invece, è inevitabile ricorrere alla applicazione analogica delle disposizioni vigenti per le società di capitale.

Anche in merito al contenuto degli obblighi di controllo, come precisato dalle raccomandazioni del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili (verifiche contabili, statutarie, fiscali, etc.), non si hanno particolari osservazioni da formulare.

In riferimento al piano dei controlli esterni - ovvero affidati a soggetti terzi e indipendenti - e in particolare per la revisione legale dei conti, è opportuno rammentare, in primo luogo, che tale tipologia di controllo non coincide necessariamente con la revisione legale, essendo possibile ed anzi frequente il conferimento di incarichi di certificazione dei bilanci o della contabilità che non configurano incarichi di revisione legale. È appena il caso di precisare che quegli enti che non conferiscono - o non sono obbligati a conferire - incarichi dì revisione legale non per questo sfuggono a qualsiasi forma di revisione dei conti. Infatti, la revisione legale è semplicemente la veste giuridica, concepita per assicurare particolare rigore e omogeneità nel mercato comune europeo alla tecnica della revisione dei conti.

In secondo luogo, l’obbligatorietà della revisione legale è prevista dal codice civile soltanto per le società per azioni e, ricorrendo determinate condizioni, per quelle a responsabilità limitata. Tale ambito di applicazione obbligatoria non è definito né modificato dal decreto legislativo n. 39/2010 e neppure dal decreto legislativo n. 135/2016.

Anche in tema di revisione legale, peraltro, nulla impedisce che intervengano, nei limiti consentiti dall’ordinamento, le previsioni statutarie. Infatti, possono sussistere molteplici e valide ragioni perché una determinata associazione deliberi il ricorso a della forma di controllo contabile e quelle esposte nel quesito in esame ne costituiscono altrettanti validi esempi. In caso di silenzio dello statuto e, quindi, in tema di applicazione analogica della disciplina societaria, occorre soltanto precisare che detto silenzio non consentirebbe di affermare l’obbligatorietà della revisione legale per le associazioni; ciò, tra l’altro, in funzione del legame tra revisione legale stessa, attività commerciale propria delle società di capitali e conseguenti obblighi in materia di informativa finanziaria.

Tuttavia, qualora lo statuto prevedesse invece la revisione, si ritiene che occorra tenere conto del seguente fondamentale principio. Riconosciuta la possibilità di conferire incarichi di revisione legale ai di fuori della obbligatorietà previsti dalla legge, detti incarichi debbono rispettare rigorosamente la disciplina di cui al decreto legislativo n. 39/2010, come modificato dal decreto legislativo n. 135/2016. In proposito, anche il legislatore europeo della direttiva 2006/43/CE, come modificata dalla direttiva 2014/56/UE, si è posto il problema degli effetti della revisione volontaria, ma soltanto nei riguardi delle piccole imprese e non della generalità degli enti. Dall’articolo 2, paragrafo I, punto 1, lett. c) della direttiva 2014/56/UE, secondo cui si intende per revisione legale dei conti, tra l’altro, quella "effettuata volontariamente su richiesta delle piccole imprese che soddisfano disposizioni giuridiche nazionali equivalenti a quelle relative a una revisione dei conti di cui alla lettera b), ove la normativa nazionale definisca tali revisioni dei conti come revisioni legali dei conti" (NOTA 1) sembra comunque evincersi che la revisione legale, obbligatoria o volontaria, si ha soltanto laddove ricorrano e siano rispettati integralmente gli obblighi posti dalla disciplina nazionale di recepimento della menzionata direttiva 2006/43/CE e successive modifiche. Pertanto, il procedimento di conferimento dell'incarico, le modalità e le tecniche (ovvero i principi professionali di revisioni) di svolgimento dello stesso, le responsabilità connesse, il sistema sanzionatorio e tutte le altre fasi dell’attività in questione devono obbedire alle medesime regole vigenti per le società di capitali per le quali la revisione legale è obbligatoria. In caso contrario, se si esimesse il soggetto revisionato o il revisore legate dal rispetto di taluni di tali obblighi, il bilancio dell’ente revisionato non sarebbe confortato dal medesimo grado di affidamento e credibilità, con conseguenti rilevanti per l’omogeneità della informativa finanziaria nell’intero mercato unico dell’Unione Europea.

L’unico margine consentito ai fini delta attenuazione del rigore della disciplina della revisione legale in funzioni delle caratteristiche del revisore è quello consentito dai principi professionali di revisione, i cosiddetti principi internazionali di revisione Italia o International Standards on Auditing adattati alle esigenze dell’ordinamento italiano o ISA Italia, laddove ammettono una applicazione proporzionale. È evidente, poi, che rientra nella responsabilità dell’ente revisionato, sempre qualora non sia obbligatorio il conferimento dell’incarico di revisione legale, valutarne attentamente costi e benefici, in quanto un incarico, una volta conferito comporta, oltre alla incrementata affidabilità del bilancio nei riguardi dei soggetti terzi (per esempio banche, creditori, associati, etc.) anche rilevanti oneri e costi.

Nei riguardi di altri documenti di ausilio allo svolgimento dell’attività, principi, linee guida o raccomandazioni, si ritiene che il relativo ricorso sia in via generale consentito ed anzi auspicabile ai fini della corretta attuazione degli adempimenti previsti dalla legge; sempre in via generale, si ritiene che l’applicazione di detti documenti possa senza difficoltà aggiungersi all’insieme delle disposizioni che compongono il quadro della revisione legale. Qualora si riscontrasse, tuttavia, un contrasto tra detti documenti con disposizioni di legge oppure con i principi professionali la cui osservanza è richiesta dalla legge, questi ultimi debbano prevalere.

Resta il tema, sottolineato nel quesito, dell’eventuale svolgimento dell’incarico di revisione legale da parte dell’organo interno di controllo. Ovviamente, essendo tale possibilità ammessa dalla legge per le società di capitale, non si può escludere, in ragione di quanto sopra rappresentato, per le associazioni. Altrettanto ovviamente, anche in questo caso deve essere rispettato l’intero corpo della disciplina posta con il decreto legislativo n. 39/2010, iniziando, ad esempio, dai requisiti richiesti in capo ai componenti dell’organo interno di controllo.

Delineato in questi termini il quadro generale entro il quale, ad avviso di questo Dipartimento, dovrebbero collocarsi la disciplina dei diversi tipi di controllo che insistono sull’ente associativo, si passano rapidamente in rassegna alcuni passaggi del quesito in oggetto.

In merito a quelle previsioni statutarie che, espressamente oppure per rinvio definiscono la disciplina dell’organo di controllo e ne delimitano le funzioni, occorre ribadire che quando il rinvio riguarda il decreto legislativo n. 39/2010, non può che trattarsi che dell’esercizio, anche implicito, della facoltà, ammessa dall’articolo 2409-bis del codice civile, di affidare al collegio sindacale o organo interno assimilabile la funzione della revisione legale, restando ferma l’attribuzione di tutti i poteri propri dell’organo interno di controllo. Non potrebbe trattarsi, invece, di un rinvio finalizzato a conferire un contenuto agli obblighi dell’organo interno di controllo, in quanto il decreto legislativo n. 39/2010 definisce soprattutto le procedure cui il revisore deve attenersi, mentre i contenuti delle attività sono posti nei principi professionali di revisione. Dal punto di vista strettamente formale, non si ritiene, pertanto, che il rinvio da parte di norme statutarie al decreto legislativo n. 39/2010 possa classificarsi quale rinvio finalizzato a disciplinare l’organo di controllo interno.

Le stesse considerazioni potrebbero ripetersi anche in merito a quei casi in cui, in assenza di apposite previsioni statutarie, si afferma l’applicabilità del decreto legislativo n. 39/2010 in ragione della scelta dell’ente di nominare un incaricato della revisione, presumibilmente in analogia con quanto previsto dall’articolo 2477 del codice civile.

Si concorda con l’affermazione secondo cui il revisore dell’ente non profit non svolge una funzione coincidente con la revisione legale di cui al decreto legislativo n. 39/2010, ma esercita controlli ulteriori e in parte coincidenti con quelli demandati al collegio sindacale delle società ai sensi dell’articolo 2403 del codice civile. Al riguardo occorre precisare che la distinzione non si limita alle funzioni e alle attività svolte, ma riguarda ancor prima la natura dei soggetti, interna nel caso del collegio, esterna, terza e indipendente nel caso del revisore legale. Può sempre ammettersi il conferimento della revisione legale all’organo interno di controllo, ma in questo caso, come accennato, detto conferimento comporta l’integrale applicazione della disciplina della revisione legale, con il risultato di sovrapporre due tipologie, rispettivamente, di attività, di funzioni e di responsabilità.

Infine, per quanto riguarda il caso di un organo interno di contralto, del quale lo statuto non ponga una espressa disciplina, limitandosi al rinvio alle Linee guida del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili si ritiene opportuno chiarire che l’esercizio della funzione di revisione legale consegue non tanto alla denominazione dell’organo stesso (collegio sindacale o collegio dei revisori), quanto al conferimento, da parte dell’organo assembleare, di apposito incarico in tal senso.

In conclusione, al quesito inviato a questo Ministero può darsi risposta positiva, alle condizioni e nei limiti sopra indicati e riassumibili, in sostanza, nell’applicazione rigorosa e completa della disciplina di cui trattasi e in presenza di una evidente volontà dell’organo competente di conferire un incarico di revisione legale.

 

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- Nota 1 -

1. Il senso di tale formulazione è più chiaro nella versione inglese della direttiva 2006/43/CE: "(c) voluntarily carried out at the request of small undertakings which meets national legal requirements that are equivalent to those for an audit under point (b), where national legislation defines such audits as statutory audits;".