Prassi - MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO - Parere 20 dicembre 2016, n. 404575

Legge 17 agosto 2005, n. 174 recante "Disciplina dell’attività di acconciatore" - Art. 3 "Abilitazione professionale" - Requisiti per ammissibilità ai corsi per l’esercizio dell’attività di acconciatore - Richiesta di parere

 

Si fa riferimento al messaggio di posta elettronica del 19 ottobre 2015, con il quale si chiede il parere dello scrivente sulla "ammissibilità ai corsi per l’esercizio dell’attività di acconciatore" con riferimento, in particolare, alla seguente questione:

" ...è necessario conoscere come il part-time possa essere riconosciuto ai fini dell’iscrizione considerato che l’art. 3 della l. n. 174/2005, .... non specifica la tipologia di attività da prestare ai fini dell’iscrizione al corso teorico (tempo pieno/part-time...).

Il dubbio, trattandosi di normativa nazionale, è dare una interpretazione corretta all’art. 3 sopra richiamato.

.... vi sono casi di allievi iscritti ai corsi che hanno maturato esperienza come acconciatori con contratti di lavoro della durata di 3 o 4 anni con contratto part-time al 50% ora in attesa di conoscere se possano sostenere l’esame."

Per l’esercizio dell’attività professionale di acconciatore in Regione Lombardia si ritiene che occorra fare riferimento, ormai, soltanto alla sopra richiamata legge 17 agosto 2005, n. 174 ("Disciplina dell’attività di acconciatore"). Con l’entrata in vigore del regolamento regionale n. 6 del 28 novembre 2011, difatti, non trova più applicazione il richiamo alla legge 14 febbraio 1963, n. 161 e smi, operato dall’art. 7 della l. n. 174/05, in relazione al termine di vigenza della predetta legge n. 161/63.

Tale termine doveva essere rideterminato, ai sensi del predetto articolo 7, dalle leggi regionali adottate in base ai principi fissati dalla legge nazionale e, nella fattispecie, dovrebbe coincidere con la fine della fase transitoria prevista dall’13 del suddetto regolamento regionale, che per la regolarizzazione delle attività esistenti, dava un termine di 12 mesi, prorogabili di ulteriori 12 mesi, a decorrere dall’ 1 dicembre 2011.

Decorso ormai tale termine, si ritiene che per la definizione delle modalità di accesso all’esercizio della professione di acconciatore occorra fare riferimento esclusivamente alle disposizioni dettate dalla legge n. 174/05.

L’art. 3 della suddetta legge introduce una "abilitazione professionale" le cui modalità di acquisizione sono determinate nei commi 1, 2, 3 e 6 che qui si riportano integralmente:

"1. Per esercitare l’attività di acconciatore è necessario conseguire un’apposita professionale previo superamento di un esame tecnico-pratico preceduto, in alternativa tra loro:

a) dallo svolgimento di un corso di qualificazione della durata di due anni, seguito da un corso di specializzazione di contenuto prevalentemente pratico ovvero da un periodo di inserimento della durata di un anno presso un’impresa di acconciatura, da effettuare nell’arco di due anni;

b) da un periodo di inserimento della durata di tre anni presso un’impresa di acconciatura, da effettuare nell’arco di cinque anni, e dallo svolgimento di un apposito corso di formazione teorica; il periodo di inserimento è ridotto ad un anno, da effettuare nell’arco di due anni, qualora sia preceduto da un rapporto di apprendistato ai sensi della legge 19 gennaio 1955, n. 25, e successive modificazioni, della durata prevista dal contratto nazionale di categoria.

2. Il corso di formazione teorica di cui alla lettera b) del comma 1 può essere frequentato anche in costanza di un rapporto di lavoro.

3. Il periodo di inserimento, di cui alle lettere a) e b) del comma 1, consiste in un periodo di attività lavorativa qualificata, svolta in qualità di titolare dell’impresa o socio partecipante al lavoro, dipendente, familiare coadiuvante o collaboratore coordinato e continuativo, equivalente come mansioni o monte ore a quella prevista dalla contrattazione collettiva. ...omissis ...

6. L’attività professionale di acconciatore può essere esercitata dai cittadini di altri Stati membri dell’Unione europea in conformità alle norme vigenti in materia di riconoscimento delle qualifiche per le attività professionali nel quadro dell’ordinamento comunitario sul diritto di stabilimento e di libera prestazione dei servizi"

E’ stato chiesto come debba essere considerato il periodo di inserimento di cui suddetto all’art. 3, qualora il periodo di attività lavorativa qualificata si sia svolto in regime di part-time anziché con contratto a tempo pieno. A riguardo si ritiene di poter rappresentare quanto segue.

L’attività lavorativa "qualificata" presso un’impresa, a parere dello scrivente, è parte integrante di un insieme formativo previsto dalla legge per conseguire una abilitazione professionale. Non a caso il periodo di inserimento di un anno (nell’arco di due) presso un’impresa di acconciatura può sostituire "un corso di specializzazione di contenuto prevalentemente pratico" (art. 3, comma 1, lett. a) così come il periodo di inserimento di tre anni (nell’arco di cinque) si riduce ad un anno (nell’arco di due) "qualora sia preceduto da un rapporto di apprendistato ... della durata prevista dal contratto nazionale di categoria" (art. 3, comma 1, lett. b).

In relazione a tale ultima fattispecie, occorre evidenziare che la disciplina del rapporto di apprendistato è piuttosto rigorosa. La durata dell’apprendistato professionalizzante per l’acconciatore è stabilita in 5 anni ridotti di 6 mesi qualora l’apprendista sia in possesso di un titolo di studio post-obbligo di qualifica professionale.

L’ultimo contratto nazionale di settore, sottoscritto nel 2014, prevede, inoltre, l’allungamento della durata del tirocinio in presenza di assenze con diritto alla conservazione del posto, quando la somma di tali eventi, ciascuno di almeno 10 gg. consecutivi di calendario, non sia inferiore ai 60 giorni di calendario.

Considerato il predetto quadro normativo, è evidente che non può essere presa in considerazione la possibilità di ammettere una riduzione di fatto del periodo di esperienza professionale "qualificata", uno degli elementi portanti della legge nazionale, in quanto si avrebbe una inevitabile ricaduta sulla qualità della formazione acquisita al termine del percorso lavorativo/formativo individuato dalla norma. E, d’altra parte, in caso contrario, si andrebbe ad operare una illegittima ed arbitraria rideterminazione dei requisiti stabiliti dalla legge nazionale per sostenere l’esame tecnico-pratico, necessario al conseguimento dell’abilitazione professionale.

Alla luce delle predette considerazioni, lo scrivente ritiene valutabile l’esperienza maturata nell’ambito di un rapporto di lavoro a tempo parziale, a condizione che tale periodo lavorativo sia valutato secondo criteri di proporzionalità, per cui, nella fattispecie, a titolo esemplificativo, l’anno di lavoro qualificato (nell’arco di due) previsto dal comma 1, lett. a) del suddetto articolo 3 della legge in commento, se svolto con part-time al 50% sarà considerato equivalente a sei mesi a tempo pieno, calcolati in base alla contrattazione collettiva vigente.

Analogamente l’attività lavorativa qualificata di cui alla successiva lett. b) per un periodo di tre anni con il medesimo regime orario ridotto del 50%, nell’arco dei 5 anni sarà pari a 18 mesi a tempo pieno. Ai sensi del comma 2, del ridetto art. 3, sarà possibile, comunque, frequentare il corso di formazione teorica ivi previsto anche svolgendo attività lavorativa qualificata a tempo parziale, tuttavia, per sostenere l’esame tecnico-pratico prescritto dalla legge per il conseguimento dell’abilitazione professionale, sarà necessario che tale attività sia articolata in modo da assicurare, comunque, un periodo di inserimento presso un impresa del settore equivalente a tre anni a tempo pieno nell’arco di cinque.

Tale principio trova applicazione anche alle attività regolamentate sulle quali lo scrivente è chiamato ad esprimere un parere. Per tutti si cita la circolare del Ministro n. 3597/C del 27 gennaio 2006 emanata per fornire indicazioni applicative sul d.m. 30 giugno 2003, n. 221 (Regolamento recante disposizioni di attuazione dell’art. 17 della l. 5 marzo 2001, n. 57 in materia di riqualificazione delle imprese di facchinaggio).

In questa circostanza si davano indicazioni applicative sottolineando, altresì, il superamento di ogni altra indicazione difforme fornita in passato dall’Amministrazione, e si affermava quanto segue:

"... omissis ...sarà utilmente valutabile altresì, l’esperienza maturata nell’ambito di un rapporto di lavoro a tempo parziale.

Ovviamente, in ossequio anche ai principi adottati dall’Unione europea nella valutazione dei titoli professionali ai fini dell’esercizio di attività regolamentate ... omississ ... tali periodo lavorativi andranno valutati secondo criteri di proporzionalità, per cui, ad esempio, un anno di lavoro ad orario dimezzato, sarà computato come sei mesi di lavoro a tempo pieno."

Si sosteneva, quindi, tale posizione richiamandosi anche alla normativa comunitaria allora vigente relativa alla disciplina del riconoscimento dei titoli professionali ai fini dell’esercizio di attività regolamentate negli Stati membri ed in particolare alla valutazione dell’esercizio a tempo parziale della professione, di cui all’art. 8, comma 1, lett. c) del d. lgs. 2 maggio 1994, n. 319 (recante "Attuazione della direttiva 92/51/CEE relativa al un secondo sistema generale di riconoscimento della formazione professionale che integra la direttiva 89/48/CEE").

Con successive direttive la suddetta disciplina è stata modificata in modo significativo. A partire dalla direttiva 2005/36/CE del 7 settembre 2005, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali che si è concentrata sul consolidamento delle numerose direttive già esistenti in materia, fino, da ultimo, alla direttiva 2013/55/UE del 20 novembre 2013 (recante "Modifica della direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali e del regolamento (UE) n. 1024/2012 relativo alla cooperazione amministrativa attraverso il sistema di informazione del mercato interno («regolamento IMI»)", recepita dal d.lgs. 28 gennaio 2016, n. 15.

Quest’ultima direttiva è stata adottata al fine agevolare e promuovere la mobilità dei cittadini dell'UE all'interno del mercato unico. In particolare, tra l’altro, è stato introdotto il principio di valutazione non solo della formazione o istruzione regolamentata, ma anche delle competenze ed abilità acquisite dal soggetto richiedente nel corso della formazione, del tirocinio, della pratica professionale.

Sono state riformate le condizioni applicabili allo stabilimento e alla mobilità temporanea in regime di libera prestazione di servizi e sono state rese più flessibili le procedure di riconoscimento per l’accesso all’esercizio della professione negli Stati membri.

Tuttavia, è rimasto fermo il predetto principio di proporzionalità sia in relazione ai titoli di formazione, sia per la valutazione del periodo di esercizio della professione svolto in regime di tempo parziale, i quali pertanto vanno considerati in rapporto alla durata della formazione ovvero alle ore effettivamente lavorate.

A tale riguardo si ritiene opportuno evidenziare che l’art. 4 ("Competenze delle regioni") della legge nazionale, in applicazione dell’art. 117, terzo comma, della Costituzione, stabilisce che, ai fini del rilascio dei titoli di abilitazione professionale, le regioni "disciplinano l’attività professionale di acconciatore", "definiscono i contenuti tecnico-culturali dei programmi dei corsi e l’organizzazione degli esami" di cui al suddetto art. 3, comma 1, nel rispetto dei principi fondamentali e delle disposizioni dettate dalla medesima legge, "previa determinazione dei criteri generali" in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, regioni e le province autonome di Trento e Bolzano Stato-Regioni (art. 4).

Il 29 marzo 2007 è stato sancito l’accordo n. 65 fra Governo, Regioni e province autonome di Trento e Bolzano per la definizione dello standard professionale "minimo" della figura dell’acconciatore a livello nazionale, omogeneo e condiviso fra Regioni e Province autonome, all’interno del quale, in accordo alle disposizioni dell’ultimo comma dell’art. 3 della legge nazionale, viene ribadita anche "l’esigenza di assicurare il riconoscimento e la mobilità professionale della figura dell’acconciatore abilitato sull’intero territorio nazionale, nonché nel territorio dell’Unione europea, in conformità ai diritti di stabilimento e libera prestazione dei servizi professionali".

Si ritiene di poter affermare, pertanto, che il soggetto abilitato all’esercizio della professione di acconciatore risultante dalle predette considerazioni, segue un percorso formativo coerente e conforme agli obiettivi che si è posto il legislatore nazionale. Al contempo tale figura professionale potrà beneficiare di nuove prospettive occupazionali, poiché risulterà integrata perfettamente nell’ordinamento comunitario e, pertanto, in grado di accedere ai processi di mobilità all’interno dell’Unione, come, peraltro, auspicato dalla predetta direttiva 2013/55/UE.

Un’ultima riflessione è d’obbligo in relazione al ruolo della giurisprudenza costituzionale nella definizione dei rapporti tra ordinamento comunitario e diritto nazionale, di cui ha preso atto la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 che ha riformulato il predetto art. 117 della Costituzione subordinando la potestà legislativa esercitata dallo Stato (e dalle regioni) al rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.