Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 01 febbraio 2017, n. 2634

Rapporto di lavoro - Assegnazione a mansioni superiori - Inadempimento contrattuale - Danno alla professionalità

 

Svolgimento del processo

 

1. La Corte d'appello di Roma, adita dal Ministero degli Affari Esteri, ha confermato sentenza di primo grado che, respinta l'eccezione di difetto di giurisdizione, aveva dichiarato il diritto di P.S. a svolgere le mansioni corrispondenti al livello C2 dal 1.2.2002, data di sottoscrizione del contratto individuale di lavoro, al 9.12.2005 ed aveva condannato il Ministero a pagare la somma di € 36.800,00 a titolo di risarcimento del danno alla professionalità e di € 30.771,97 a titolo di differenze retributive relative alla indennità di servizio all'estero (ISE).

2. La Corte territoriale ha rilevato che, all'esito del superamento da parte del P. del corso-concorso per la promozione al livello C2, tra il primo ed il MAE era stato stipulato in data 1.2.2002 un contratto individuale di lavoro nel quale era stato precisato che il P. veniva inquadrato nella posizione economica C2-profilo professionale di funzionario economico finanziario e commerciale degli Uffici Centrali del Ministero e delle rappresentanze Diplomatiche e consolari, a decorrere, quanto ai fini giuridici dal 19.12.2001, e, quanto a quelli economici, dalla data di sottoscrizione del contratto; che, successivamente alla stipula di detto contratto, al P. non erano stati attribuiti né il nuovo livello di inquadramento né le corrispondenti mansioni; che il P. aveva continuato a ricoprire, presso la sede di Islamabad, il posto funzione di livello inferiore fino al 9.12.2005.

3. Ha ritenuto che l’Amministrazione era rimasta inadempiente all'obbligo, nascente dal contratto individuale, di assegnare il dipendente al posto funzione corrispondente alla qualifica rivestita; che tale inadempimento non poteva ritenersi giustificato dalle dedotte esigenze organizzative e dalla "scarsità di risorse finanziarie disponibili", e nemmeno dalla mancata presentazione da parte del P. di domanda di trasferimento, in quanto il Ministero non aveva dedotto e provato che il lavoratore si fosse rifiutato di accettare un posto funzione proprio della categoria C2.

4. Ha affermato che l'inadempimento contrattuale non poteva ritenersi escluso dalla legislazione speciale invocata dal Ministero (e richiamata nell'art. 45 del D. Lgs 165/2001), atteso che questa si limitava a prevedere (art. 93 DPR n. 18 del 1967) che il personale in servizio all'estero, una volto promosso, può continuare ad occupare un posto non corrispondente a quello previsto per la nuova qualifica solo per il tempo richiesto dalle esigenze di servizio; che la disciplina speciale mira a garantire la continuità dell'azione amministrativa per un tempo limitato e per specifiche esigenze ma non a giustificare il demansionamento, quale quello dedotto in giudizio, protrattosi per anni.

5. La Corte territoriale ha, poi, condiviso i criteri seguiti dal giudice di primo grado in ordine alla quantificazione del danno alla professionalità e quanto alla indennità di servizio all'estero, ha affermato che dall'illegittimità del demansionamento conseguiva, ai sensi dell'art. 1223 c.c., anche l'obbligo di ristoro del danno patrimoniale, essendo irrilevante al circostanza che determinate voci retributive avrebbero potuto subire variazioni anche in nelle ipotesi di illegittimo esercizio di ius variandi.

6. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso il Ministero degli Affari Esteri articolando quattro motivi.

7. Il P. resiste con controricorso, illustrato da successiva memoria.

 

Motivi della decisione

 

Esame dei motivi di ricorso

8. Con il primo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell'art. 360 comma 1, n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 45, comma 5 e art. 52, del D.P.R. n. 18 del 1967, artt. 34 e 171, con riferimento alla specialità dell'ordinamento dell'Amministrazione degli Affari Esteri.

9. Sostiene che la sentenza della Corte di Appello avrebbe errato nell'interpretare l’art. 52 del D.Lgs. n. 165 del 2001 prescindendo dalla disciplina speciale dettata per i dipendenti del Ministero degli affari Esteri dal D.P.R. 5 gennaio 1967, n. 18.

10. Deduce che i "posti funzione" di cui al c. 2 dell'art. 171 del citato D.P.R. sarebbero diversi e distinti dalle posizioni economiche, che, relative all'inquadramento del personale non diplomatico dei ruoli dell'amministrazione, troverebbero disciplina nel contratto collettivo e, specificatamente, nell'art. 13 del C.C.N.L. del comparto dei Ministeri per gli anni 1998-2001; che la necessità di rendere funzionale l'organizzazione degli uffici esteri della rete diplomatico consolare giustificherebbe la predisposizione di una particolare organizzazione (finanziaria, strumentale e di dotazione organica) di" posti funzione" per ogni singola sede.

11. Nella prospettiva difensiva della ricorrente dalla descritta peculiarità normativa ed organizzativa conseguirebbe che il singolo dipendente è tenuto ad adattare la sua aspettativa dì ricoprire un determinato "posto funzione" scegliendo sedi estere dove tali posti sono concretamente disponibili e assoggettandosi alle procedure di trasferimento e di copertura di detti posti secondo le regole dettate dall'art. 34 del citato D.P.R. n. 18 del 1967 e dall'Accordo siglato dalle Organizzazioni Sindacali e dall'Amministrazione il 5.2.2001. La ricorrente evidenzia che il rapporto di lavoro dei dipendenti del Ministero degli Affari Esteri è prestato, di regola, presso l'amministrazione centrale e che l'assegnazione all'estero è solo eventuale e, comunque, subordinata alla presentazione di una specifica domanda in relazione ai posti funzione disponibili.

12. In conclusione, secondo la ricorrente Amministrazione, essa non sarebbe tenuta a modificare l'organizzazione della sede di servizio del lavoratore riqualificato, ma solo ad assicurare nella pianta organica complessiva un numero di posti di livello superiore pari a quelli messi a concorso, da assegnare in base ad una graduatoria delle candidature espresse in esito alla pubblicizzazione dei posti, con lista ordinaria, suppletiva o straordinaria e sulla base di criteri predeterminati.

13. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell'art. 360 c. 1 n. 5 c.p.c., contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo e controverso per il giudizio, per avere la Corte territoriale, nell'escludere che l'inadempimento di essa Amministrazione potesse ritenersi giustificato dalle esigenze organizzative e dalla dedotta scarsità di risorse finanziarie, trascurato di considerare le deduzioni di essa ricorrente, la documentazione allegata e la disciplina applicabile alla vicenda dedotta in giudizio. In particolare, assume che la Corte territoriale non avrebbe considerato che essa Amministrazione aveva, come dovuto, informato il P. dell'inesistenza di un posto funzione C2 nella sede di Islamabad e della possibilità di rientrare presso l'Amministrazione centrale per occupare un posto corrispondente ovvero di presentare domanda per altre sedi estere dove il posto era disponibile.

14. Richiama, all'uopo, il messaggio n. 032/28719 del 32.11.2001 (specificandone la sede di produzione, do. 11 allegato alla memoria di costituzione nel giudizio di primo grado) e ne riporta il contenuto (pg 16 ricorso per cassazione); asserisce che l'affermazione della Corte territoriale secondo cui era irrilevante la circostanza che il P. non avesse presentato domanda di trasferimento "mancando ogni deduzione e prova da parte del Ministero, circa il rifiuto dell'appellato di accettare un posto funzione da C2", sarebbe contraddittoria e dimostrerebbe che la Corte territoriale non aveva tenuto conto della specifica disciplina di settore.

15. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell'art. 360 c. 1 n. 5 c.p.c., contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo e controverso e decisivo per il giudizio, per avere la Corte territoriale confermato acriticamente la sentenza di primo grado in punto di quantificazione della domanda risarcitoria azionata dal P..

16. Richiamate le censure formulate nell'atto di appello, lamenta che la Corte territoriale avrebbe quantificato il danno secondo parametri non specificati, essendosi limitata a fare riferimento alla durata del demansionamento, alla perdita di specifiche indennità correlate al posto funzione, alla lesione della personalità morale e della dignità del lavoratore, per poi quantificare il danno in via equitativa, commisurandolo alla quota della retribuzione per 46 mesi e pur avendo accolto la domanda di condanna al pagamento di differenze retributive proprie del posto funzione C2.

17. Deduce che la motivazione sarebbe insufficiente ed illogica nella parte in cui la Corte territoriale aveva individuato in € 800,00 la quota di retribuzione parametro per la liquidazione del danno asserendo che la retribuzione compensa diversi elementi della prestazione lavorativa e che solo una sua quota (normalmente individuata dalla giurisprudenza nella misura del 20%) corrisponde alla professionalità del lavoratore e lamenta che la Corte territoriale avrebbe applicato la misura del 20% sull'intera retribuzione spettante per la qualifica C2 e non sul differenziale tra la retribuzione C2 e quella C1.

18. Assume che il giudice di appello non avrebbe tenuto conto del fatto che il D.P.R. n. 18 del 1967, art. 93, comma 4 nel testo antecedente la modifica apportata dalla L. 23 aprile 2003 n. 109, art. 11 ratione temporis applicabile, consentiva ad essa Amministrazione di mantenere nella posizione già ricoperta il personale, con mansioni di concetto ed ausiliarie in servizio all'estero, che, promosso occupi un posto non corrispondente a quello previsto per la nuova qualifica per il tempo richiesto dalle esigenze di servizio.

19. Con il quarto motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell'art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c., violazione o falsa applicazione degli artt. 171 e 171 bis del DPR 18/1967, dell'art. 45 c. 5 del D. Lgs n. 165 del 2001, dell'art. 22 c. 32 della legge n. 724 1994 e dell'art. 1227 c.c..

Precisato di avere corrisposto al P. il trattamento proprio dei dipendenti in servizio all' estero proprio della posizione C2, sin dal momento della decorrenza economica della riqualificazione, asserisce che la Corte territoriale avrebbe errato, ai fini della determinazione del danno, nell' includere il trattamento accessorio correlato all'esercizio effettivo di mansioni proprie del "posto funzione" avendo detto trattamento natura indennitaria. Si duole, infine, della mancata applicazione dell'art. 1227 c.c., sostenendo che il P. con l'ordinaria diligenza (presentazione della domanda di rientro nella sede centrale per svolgere le mansioni di C2) avrebbe potuto evitare l'aggravamento del dedotto danno da demansionamento.

Esame dei motivi

20. Il ricorso, diversamente da quanto prospettato nel controricorso, è ammissibile in quanto il ricorrente in conformità a quanto previsto dall'art. 366 c.p.c., non si è limitato ad una mera riproposizione di prospettive difensionali ed argomenti già spesi nel giudizio di merito, ma, come evidenziano i motivi riportati nella parte che precede, ha formulato critiche specifiche e puntuali, richiamando sia le disposizioni di fonte legale e contrattuale collettiva che assume violate o malamente applicate, sia individuando gli specifici fatti controversi e decisivi che addebita alla sentenza di non avere adeguatamente esaminato.

21. Il primo ed il secondo motivo da trattarsi congiuntamente sono fondati.

22. E' utile precisare che è pacifico ed incontestato tra le parti che il P., assegnato alla sede di Islamabad su una posizione C1, in esito ad una procedura di riqualificazione conseguì la qualifica C2 e che sottoscrisse in data 1.2.2002 un contratto individuale di lavoro con il quale fu inquadrato nella posizione economica C2, con decorrenza giuridica dal 19.12. 2001 ed economica dalla data di sottoscrizione del contratto individuale di lavoro, continuando ad occupare il posto funzione occupato prima della sottoscrizione di detto contratto.

23. A norma del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 45, comma 5 "le funzioni ed i trattamenti economici accessori del personale non diplomatico del Ministero degli affari esteri, per i servizi che si prestano presso le rappresentanze diplomatiche, gli uffici consolari e le istituzioni culturali e scolastiche, sono disciplinati, limitatamente al periodo di servizio ivi prestato, dalle disposizioni del D.P.R. 5 gennaio 1967, n. 18, e successive modificazioni ed integrazioni, nonché dalle altre pertinenti normative di settore del Ministero degli affari esteri".

24. Il D.P.R. 5 gennaio 1967, n. 18, art. 34 disciplina, poi, le destinazioni e gli accreditamenti del personale presso le sedi estere e stauisce che "I movimenti del personale sono disposti per esigenze di servizio. Salvo quanto previsto dall'art. 36 per la nomina dei capi delle rappresentanze diplomatiche, la destinazione all'estero, il trasferimento da sede a sede e il richiamo al Ministero del personale sono disposti con decreto del Ministro.

25. L'art. 93 del citato D.P.R., nel testo antecedente la modifica introdotta con la L. 23 aprile 2003, n. 109, e "ratione temporis" applicabile alla fattispecie dedotta in giudizio, nel disciplinare (c. 1) le carriere, i ruoli e le qualifiche speciali del personale del Ministero degli affari esteri, classificate in diplomatica, direttiva amministrativa, del personale di cancelleria, degli assistenti commerciali, esecutiva, ausiliaria e ausiliaria tecnica, individuando altresì (c. 2) i ruoli e le qualifiche speciali, dispone (c. 3) che il personale "presta servizio presso l'Amministrazione centrale, salvo incarichi speciali che rendano necessario il temporaneo invio in missione all'estero" ed " (...) esercita le funzioni inerenti al grado o alla qualifica rivestiti e alla carriera o ruolo cui appartiene", stabilisce, poi che "Fermo restando quanto stabilito per i funzionari della carriera diplomatica dall'art. 101, il personale può, per esigenze di servizio, essere incaricato temporaneamente di mansioni di altro grado o qualifica della stessa carriera o ruolo" e che "Il personale di concetto, esecutivo e ausiliario in servizio all'estero che, promosso, si trovi ad occupare un posto non corrispondente a quello previsto per la nuova qualifica può continuare ad occupare il posto stesso per il tempo richiesto dalle esigenze di servizio. (...)".

26. In sostanza la disciplina dettata per il personale assegnato alle sedi estere prevede che la distribuzione dei posti in organico nelle singole sedi diplomatiche sia rapportata specificatamente alle funzioni che ivi devono essere svolte (posti-funzione) e che l'istituzione e la soppressione dei posti di organico siano modulate sulla base delle esigenze di servizio dell'ufficio (artt. 32 e 33 citato D.P.R.).

27. Questo essendo il quadro fattuale e normativo di riferimento la decisione impugnata non è corretta.

28. Questo Collegio, in adesione al condivisibile orientamento giurisprudenziale espresso nella decisione n. 3811 del 2014 resa in fattispecie sostanzialmente sovrapponibile a quella in esame, ritiene che il dipendente del Ministero degli Affari Esteri, che abbia partecipato, come il P., ad una procedura per il conseguimento di una qualifica superiore non è titolare di un diritto a continuare a prestare la sua attività nella nuova qualifica conseguita nella sede di servizio in precedenza assegnata, ma vanta un interesse legittimo a che l'Amministrazione lo destini ad una sede, estera o dell'Amministrazione centrale, dove sia disponibile un posto funzione di livello corrispondente alla qualifica conseguita.

29. Sulla base del quadro normativo innanzi richiamato deve ribadirsi il principio secondo il quale all'Amministrazione è richiesto, in coincidenza con le procedure di riqualificazione del personale, di assicurare nella pianta organica complessiva un numero di posti pari a quelli messi a concorso e, quindi, sulla base di una graduatoria delle candidature espresse in esito alla pubblicizzazione dei posti, con lista ordinaria, suppletiva o straordinaria e sulla base di criteri predeterminati, è tenuta a disporre l’assegnazione degli aspiranti ai posti funzione disponibili.

30. La peculiarità del rapporto di servizio del personale del Ministero degli affari esteri, che si può svolgere per periodi determinati anche in territorio straniero, nell'interesse proprio dell'Amministrazione ma con l'adesione del dipendente, giustifica, infatti, l'attribuzione della facoltà di mantenere il dipendente nella sede già occupata e nelle mansioni pregresse (D.P.R. n. 18 del 1967, art. 93 cit.).

31. Va al riguardo rilevato, che come già affermato nella richiamata pronuncia di questa Corte, nel bilanciamento degli interessi reciproci, ed in coincidenza di eventi straordinari, quali debbono essere classificati i procedimenti di riqualificazione del personale, idonei a determinare profondi cambiamenti nell'organizzazione degli uffici, risponde a principi di corretta amministrazione graduare le nuove assegnazioni tenendo conto delle preferenze espresse dai singoli aspiranti ed avvalendosi, in relazione ad accertate esigenze di servizio (e per un tempo che è ragionevolmente da individuare nella durata della pur sempre temporanea assegnazione all'estero) della facoltà riconosciuta dalla legge di conservare il dipendente anche in un posto non corrispondente a quello previsto per la nuova qualifica.

32. Tanto vale, a maggior ragione ove lo stesso dipendente, ritualmente interpellato, non abbia espresso la volontà di essere assegnato ad altra sede con posto-funzione vacante della qualifica conseguita.

33. Tanto premesso, la Corte territoriale ha errato nel ritenere che la sola sottoscrizione del contratto individuale in data 1.2.2002 attribuisse il diritto del P. a ricoprire presso la sede di Islamabad il posto funzione C2, indipendente dalla esistenza di un posto di tal qualificazione e nel ritenere, quindi, irrilevanti sia la particolare organizzazione dell'Amministrazione sia la circostanza che il P. non avesse presentato domanda di trasferimento, circostanza che ha ritenuto, comunque, non provata da parte dell'Amministrazione.

34. In tal modo la Corte territoriale ha trascurato di esaminare il contenuto ed il significato del "messaggio" n. 032/28719 del 23.11.2001, che accompagnava il contratto relativo alla attribuzione del profilo professionale C2, e di accertare se l’Amministrazione, nel trasmettere alla sede estera il contratto per la nuova qualifica, fece presente al dipendente che nella sede di servizio mancava il posto funzione relativo alla qualifica conseguita, che al medesimo era consentito di presentare domanda per l'assegnazione ad altra sede, ove vi era una vacanza di posti di C2 nel rispetto delle procedure per i tramutamenti di personale stabilite con Accordo del 5.2.2001, o, comunque, di chiedere il rientro presso la sede centrale e se, in presenza di una comunicazione di tal fatta, il P. rimase inerte. Circostanze queste decisive, sulla scorta di quanto innanzi osservato, per configurare in capo all'odierno ricorrente inadempimento contrattuale.

35. In conclusione, i primi due motivi di ricorso devono essere accolti e, assorbiti gli altri, la sentenza deve essere cassata con rinvio alla Corte di Appello di Roma che, in diversa composizione, farà applicazione del presente principio di diritto "Ai sensi del D.P.R. 5 gennaio 1967, n. 18, e successive modificazioni ed integrazioni, nonché dalle altre pertinenti normative di settore del Ministero degli affari esteri, il dipendente che abbia partecipato, come il P., ad una procedura per il conseguimento di una qualifica superiore non è titolare di un diritto a continuare a prestare la sua attività nella nuova qualifica conseguita nella sede di servizio in precedenza assegnata, ma vanta un interesse legittimo a che l'Amministrazione lo destini ad una sede, estera o dell'Amministrazione centrale, dove sia disponibile un posto funzione di livello corrispondente alla qualifica conseguita. Ove lo stesso dipendente, ritualmente interpellato, non abbia espresso la volontà di essere assegnato ad altra sede con posto - funzione vacante della qualifica conseguita non è configurabile alcun inadempimento in capo alla Amministrazione datrice di lavoro". La Corte di Appello dovrà anche provvedere alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso

Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.