Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 20 aprile 2017, n. 10054

Tributi - Redditometro - Beni indice - Onere probatorio

 

Rilevato

 

che la Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall'art. 380 bis c.p.c. delibera di procedere con motivazione sintetica;

che E.C. propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale del Friuli Venezia Giulia, che aveva respinto il suo appello contro la decisione della Commissione tributaria provinciale di Gorizia.

Quest'ultima, a sua volta, aveva rigettato il ricorso della contribuente avverso un avviso di accertamento riguardante l'IRPEF per l'anno 2007;

che, nella decisione impugnata, la CTR ha affermato che, a fronte della presunzione derivante dall'applicazione del redditometro, la C. non aveva documentato né tanto meno indicato elementi contrari, essendosi limitata a sollevare questioni pregiudiziali;

 

Considerato

 

che il ricorso è affidato a due motivi;

che, col primo, la C. deduce omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, ai sensi dell'art. 360 n. 5 c.p.c. Il giudice del gravame non avrebbe esaminato la circostanza che i beni indice, individuati nelle autovetture, erano state acquistati dall'azienda, di cui ella era titolare, utilizzando le disponibilità economiche dell'azienda medesima. Avrebbe inoltre obliterato l'ulteriore circostanza, dedotta dalla difesa che all'utile dovessero aggiungersi i costi dedotti per gli ammortamenti e l'accantonamento del T.F.R., il che avrebbe determinato una maggiore disponibilità reddituale dell'azienda;

che, col secondo, la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell'art. 38 comma 6° DPR n. 600/1973, 2697 c.c., ai sensi dell'art. 360 n. 3 c.p.c.: la CTR avrebbe erroneamente ritenuto che la prova documentale, pur fornita dalla ricorrente, di aver acquistato e mantenuto i beni-indice con redditi diversi da quelli a lei imputabili e tassabili a fini IRPEF, non l'avesse liberata dal corrispondente onere probatorio;

che l'intimata si è costituita con controricorso;

che il primo motivo è inammissibile;

che la CTR ha richiamato il contenuto della sentenza di primo grado, secondo cui l'accertamento sintetico è volto a determinare il reddito che si deve possedere per giustificare il possesso dei beni-indice, e non l'entità delle spese sostenute.

E, con riguardo all'imputazione delle autovetture, l'esclusione dell'attribuzione di una di esse in capo alla società era conseguenza della mancata iscrizione nel libro cespiti;

che, pertanto, con riguardo al primo dei fatti segnalati, la sentenza impugnata contiene il minimo necessario per ritenere assolto l'obbligo motivazionale (Sez. U, n. 8053 del 07/04/2014), mentre, con riguardo al secondo, si tratta di una circostanza non decisiva, di fronte alla motivazione dirimente in merito alla mancata iscrizione nel libro cespiti;

che il secondo motivo è inammissibile;

che, infatti, la ricorrente non indica quali siano, in punto di diritto, le affermazioni contrarie alla legge, sicché la doglianza si traduce in realtà in una critica sulla valutazione degli elementi di prova (contraria) da parte della CTR, che attiene al libero convincimento del giudice e non ai possibili vizi del percorso formativo di tale convincimento (Sez. 5, n. 25332 del 28/11/2014);

che al rigetto del ricorso segue la condanna della ricorrente alla rifusione delle spese processuali in favore della controricorrente, nella misura indicata in dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio, liquidate in euro 2.500,00 oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.