Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 08 marzo 2017, n. 5914

Tributi - Accertamento - Fallimento - Sottrazione documenti

 

Svolgimento del processo

 

A seguito di mancata esibizione del registro degli acquisti, su invito dell'agenzia delle entrate notificato al curatore, l'agenzia stessa - disconosciuti costi per un ammontare di lire 768.551.000 - ha notificato al fallimento di V.A.L. avviso di accertamento di maggiori IRPEF con addizionali, IRAP e IVA, oltre sanzioni, per l'anno di imposta 1999.

La commissione tributaria provinciale di Palermo ha rigettato il ricorso della curatela contribuente, ritenendola incorsa nella preclusione probatoria dell'art. 52 co. 5 d.p.r. n. 633 del 1972, richiamato dall'art. 33 del d.p.r. n. 600 del 1973, secondo cui non possono essere considerati a favore del contribuente i documenti sottratti al controllo in sede di accesso dell'ufficio.

La sentenza, appellata dall'organo fallimentare, è stata riformata dalla commissione tributaria regionale della Sicilia in Palermo, che ha accolto il ricorso originario avendo ritenuto "oggettivamente fondate le ragioni addotte dalla curatela fallimentare, organo di giustizia, soggetto terzo rispetto al contribuente", indicate nel non essersi il "registro delle fatture ... potuto ... esibire in quanto non nella disponibilità della curatela, rinvenuto successivamente alla notifica dell'accertamento in una sede dell'impresa in cui erano stati apposti i sigilli per effetto dell'intervenuto fallimento".

Avverso questa decisione l'agenzia propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, rispetto al quale la curatela non svolge difese.

 

Motivi della decisione

 

1.- Con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione dell'art. 132, co. 2, c.p.c. in relazione all'art. 360 co. 1 n. 4 c.p.c., sostenendosi essere meramente apparente la motivazione offerta dalla sentenza impugnata, secondo la quale il contribuente avrebbe provato (con modalità non indicate e che quindi non risulterebbe possibile verificare) la "non volontarietà della sottrazione originaria della documentazione", concretandosi la motivazione sul punto in un richiamo "per relationem" alle ragioni addotte dalla curatela, anch'esse non indicate.

2.- Con il secondo motivo si denuncia violazione dell'art. 52 co. 5 d.p.r. n. 633 del 1972, in relazione all'art. 360 (co. 1 n. 3 c.p.c., sostenendosi aver violato detta norma l'impugnata sentenza nella parte in cui i giudici hanno ritenuto che, per superare la preclusione posta dalla citata norma, il contribuente dovesse provare la non volontarietà della sottrazione dei documenti nel senso dell'assenza di dolo, dovendo invece provarsi l'assenza anche di colpa per errore scusabile.

3. - Con il terzo motivo si denuncia infine ex art. 360, co. 1, n. 5- c.p.c. insufficiente motivazione su fatto controverso e decisivo, indicato nella prova dell'assenza di dolo o colpa nella sottrazione documentale anzidetta e nella condotta del curatore successiva al ritrovamento, evidenziandosi come nella sentenza non si menzioni l'iter attraverso cui si perviene a stabilire che la prova dell'assenza di dolo o colpa sia stata fornita, né si esamini il fatto dedotto per cui anche dopo il ritrovamento documentale il curatore sarebbe rimasto- inottemperante.

4.- Il primo e il secondo motivo - strettamente connessi e quindi da esaminarsi congiuntamente - sono infondati, ciò da cui consegue che resta assorbito l'esame del terzo (per essere quest'ultimo relativo a vizio motivazionale asseritamente occorso nell'ambito di valutazioni in effetti non necessitate alla luce del rigetto del secondo motivo).

5.- In ordine alla denunciata violazione dell'art. 52 co. 5 d.p.r. n.- 633 del 1972, va rilevato che l'impugnata sentenza, richiamando correttamente anche un precedente di questa sezione (n. 1030 del 2002 a sua volta di richiamo dell'arresto nomofilattico delle sez. un. n. 45 del 2000), ha notato come il contribuente - per sottrarsi alla cennata preclusione probatoria  - possa "addurre le non volontarietà della sottrazione originaria", dovendo provare il proprio assunto; prova ritenuta data per essere "oggettivamente fondate le ragioni addotte dalla curatela fallimentare, organo di giustizia, soggetto terzo, rispetto al contribuente" (v. p. 2 della sentenza), indicate nel non essersi il "registro delle fatture ... potuto ... esibire in quanto non nella disponibilità della curatela, rinvenuto successivamente alla notifica dell'accertamento in una sede dell'impresa in cui erano stati apposti i sigilli per effetto dell'intervenuto fallimento" (v. p. 1 della sentenza). In relazione a tale parte della pronuncia impugnata, essendo data per incontroversa nella fattispecie l'insussistenza di una indisponibilità dolosa della documentazione, l'agenzia delle entrate si duole dell'interpretazione data nella sentenza stessa, che ha - sostanzialmente - escluso dall'onere probatorio della curatela (anche) l'indisponibilità colposa, che la ricorrente ritiene doversi anch'essa provare perché sia impedita la preclusione probatoria. All'uopo l'agenzia ha richiamato il precedente di questa sez. n. 7269 del 2009, nel senso indicato dalla stessa agenzia.

6. Al riguardo, va tenuto conto che l’art. 52, co. 5, del d.p.r. n. 633 del 1972 (richiamato dall'art. 33 del d.p.r. n. 600 del 1973) stabilisce che "non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente ai fini dell'accertamento in sede amministrativa o contenziosa" i documenti contabili (libri, scritture, registri, ecc.) che non siano stati acquisiti durante gli accessi, o perché il contribuente ha rifiutato di esibirli o perché ha dichiarato di non possederli o perché, comunque, sottratti al controllo. In tale ambito, ha formato oggetto di contrasto giurisprudenziale la questione relativa al se, affinché operi la preclusione a che i documenti possano essere presi in considerazione, occorra - secondo una prima e prevalente tesi - la non veridicità della dichiarazione di indisponibilità o, più in generale, il suo concretarsi - in quanto diretta ad impedire l'ispezione del documento - in un sostanziale rifiuto di esibizione, accertabile con qualunque mezzo di prova e anche attraverso presunzioni, con la coscienza e la volontà della dichiarazione stessa e il dolo, costituito dalla volontà del contribuente di impedire che, nel corso dell'accesso, possa essere effettuata l'ispezione del documento; o - in base a una seconda tesi - sia invece sufficiente, per l'operare della preclusione, la dichiarazione dell'indisponibilità del documento, anche se imputabile a colpa, quale ad esempio la negligenza e imperizia nella custodia e conservazione (e ferma l'inoperatività della preclusione se l'indisponibilità ascrivibile a caso fortuito o forza maggiore).

7. - Il contrasto di giurisprudenza sul punto è stato composto dalla citata sentenza a sez. un. n. 45 del 2000, cui ha dato continuità la pur già cennata sentenza sez. 5 n. 1030 del 2002, oltre - ad es. - le pronunce nn. 4821 del 2002, 1344 e 16536 del 2010, 14339 e 18921 del 2011, 415 del 2013, 8539 del 2014, 15283 del 2015. Si è verificato peraltro che questa sezione, con la predetta decisione invocata dall'agenzia delle entrate n. 7269 del 2009, richiamando esclusivamente precedenti anteriori all’arresto nomofilattico, abbia dato nuova applicazione all'indirizzo non condiviso dalle sez. un., in ciò seguita da sez. 5 n. 21768 del 2009 e da sez. 6-5 n. 10448 del 2013, esclusivamente richiamanti detto precedente del 2009.

8.- Ciò posto, in adesione all'indirizzo nomofilattico anzidetto, va affermato che la dichiarazione del contribuente di non possedere libri, registri, scritture e documenti, specificamente richiestigli dall'Amministrazione finanziaria nel corso di un accesso, precluda la valutazione degli stessi in suo favore in sede amministrativa o contenziosa e renda legittimo l'accertamento induttivo solo ove sia non veritiera, cosciente, volontaria e dolosa, così integrando un sostanziale rifiuto di esibizione diretto ad impedire l'ispezione documentale. Infatti, l’art. 52, quinto comma, del DPR 26 ottobre 1972, n. 633 a cui rinvia l'art. 33 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ha carattere eccezionale e deve essere interpretato alla luce degli artt. 24 e 53 cost., in modo da non comprimere il diritto alla difesa e da non obbligare il contribuente a pagamenti non dovuti, sicché non può reputarsi sufficiente, ai fini della suddetta preclusione.

9.- Poiché il predetto principio di diritto rende irrilevante, ai fini dell'operare della preclusione, il mancato possesso imputabile a caso fortuito, forza maggiore, o anche negligenza o imperizia nella custodia e conservazione della documentazione contabile, ne deriva l'infondatezza del secondo motivo di ricorso.

10.- Quanto, poi, specificamente, alle questioni in tema di sufficienza della motivazione, di cui al primo motivo, come si evince anche dai passaggi della sentenza impugnata sopra riepilogati la motivazione offerta dalla commissione regionale non è affatto "apparente", diversamente da quanto deduce l'Agenzia. Del resto, il fatto che la commissione regionale abbia ritenuto "oggettivamente fondate le ragioni addotte dalla curatela fallimentare, organo di giustizia, soggetto terzo rispetto al contribuente" (v. p. 2 della sentenza), pur trattandosi di espressione di condivisione delle ragioni della curatela (indicate nel non essersi il "registro delle fatture ...  potuto ... esibire in quanto non nella disponibilità della curatela, rinvenuto successivamente alla notifica dell'accertamento in una sede dell'impresa in cui erano stati apposti i sigilli per effetto dell'intervenuto fallimento" - v. p. 1 della sentenza), non implica mera apparenza della motivazione, non essendo assente una valutazione autonoma ma, anzi, seppur sinteticamente, risultando essa effettuata nel senso della insussistenza di una indisponibilità dolosa della documentazione.

11.- Il permanere, anche dopo la proposizione del ricorso, di pronunce in senso diverso da quello accolto giustifica la compensazione delle spese del giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il primo e il secondo motivo di ricorso, assorbito il terzo, e compensa le spese.