Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 08 marzo 2017, n. 5855

lmprocedibilità dell'appello - Notifica - Termine a difesa

 

Svolgimento del processo

 

1. Corte d'Appello di Venezia, con la sentenza n. 137/10, pronunciata sull'appello proposto da P.L. nei confronti di Azienda U. di Belluno, avverso la sentenza n. 43/2007 emessa, tra le parti, dal Tribunale di Belluno, dichiarava l'improcedibilità dell'appello ex art. 435, terzo comma, cpc, poiché il decreto di fissazione per l'udienza del 2 marzo 2010 era stato notificato solo in data 10-16 febbraio 2010, non rispettando il termine a difesa previsto da tale norma, né veniva giustificato il ritardo.

2. La P. aveva adito il Tribunale quale erede legittima di C.G., medico dipendente della ULS di Agordo, chiedendo il riconoscimento dell'equo indennizzo in ragione delle modalità del decesso di quest'ultimo, riferibili, a proprio avviso, a causa di servizio.

3. Il Tribunale rigettava la domanda.

4. Per la cassazione della sentenza resa in grado di appello ricorre P.L. prospettando un motivo di ricorso.

5. Resiste con controricorso la Azienda U. di Belluno.

 

Motivi della decisione

 

1. Con l'unico motivo di ricorso è dedotta violazione e falsa applicazione degli artt. 435, 291 e 421 cpc; violazione e falsa applicazione dell'art. 164 cpc.

Carenza, insufficienza e contraddittorietà della motivazione.

Assume la ricorrente che solo in caso di omessa notifica e non di tardiva notifica, come accaduto nella specie, il giudice di appello non può concedere termine per il rinnovo della stessa, venendosi a determinare l'improcedibilità dell'appello.

La giurisprudenza di legittimità successiva alla sentenza Cass., S.U. n. 20604 del 2008, richiamata dalla Corte d'Appello, ha chiarito che solo la totale mancanza della notifica del ricorso dà luogo alla improcedibilità, mentre ciò non si verifica per il mancato rispetto del termine a difesa, laddove l'atto abbia raggiunto il proprio scopo (è richiamata Cass., n. 488 del 2010).

Nella specie era intervenuta la costituzione dell'appellato che aveva espresso le proprie difese nel merito, per cui la causa avrebbe dovuto essere trattata senza dilazione dei tempi processuali.

2. Il motivo è fondato e va accolto. La Corte d'Appello, dopo aver richiamato Cass., S.U., n. 20604 del 2008, ha affermato che la notificazione tardiva per causa imputabile all'appellante è totalmente equiparabile, ai fini giuridici, all'omessa notificazione, atteso che ne conseguono il medesimo effetto di dilatazione non giustificata dei tempi del processo e le medesime conseguenze.

Pertanto dichiarava l'improcedibilità dell'appello in ragione della tradiva notificazione del decreto di fissazione dell'udienza.

Tale statuizione non è corretta.

Va precisato che nella specie viene in rilievo la tardiva notifica del decreto di fissazione dell'udienza, in quanto intervenuta prima dell'udienza medesima (fissata per il 2 marzo 2010), ma dopo il cd. termine a difesa (notifica in data 10-16 febbraio 2007).

L'appellata si costituiva eccependo l'improcedibilità dell'impugnazione e in via subordinata, senza voler sanare il vizio dedotto, si difendeva nel merito, prospettando l'infondatezza dell'appello (pag. 7 e 8 del controricorso).

Tanto premesso, occorre chiarire che Cass., S.U., n. 20604 del 2008, ha affermato che «Nel rito del lavoro l'appello pur tempestivamente proposto nel termine previsto dalla legge, è improcedibile ove la notificazione del ricorso depositato e del decreto di fissazione dell'udienza non sia avvenuta non essendo consentito - alla stregua di una interpretazione costituzionalmente orientata (art. 111 Cost., comma 2) - al giudice di assegnare ex art. 421 c.p.c. all'appellante, previa fissazione di una altra udienza di discussione, un termine perentorio per provvedere ad una nuova notifica a norma dell'art. 291 c.p.c.».

Dunque, si tratta di fattispecie diversa da quelle in esame, ove la notifica del decreto di fissazione, sia pure oltre il termine a difesa, è intervenuta.

Né può trovare applicazione il principio affermato da Cass. n. 26489 del 2010 (cui adde Cass. 3959 del 2016) secondo cui «Nel rito del lavoro il termine di dieci giorni entro il quale l'appellante, ai sensi dell'art. 435 secondo comma cod. proc. civ., deve notificare all'appellato il ricorso, tempestivamente depositato in cancelleria nel termine previsto per l'impugnazione, e il decreto di fissazione dell'udienza di discussione non ha carattere perentorio; la sua inosservanza non produce quindi alcuna conseguenza pregiudizievole per la parte, perché non incide su alcun interesse di ordine pubblico processuale o su di un interesse dell'appellato, sempre che sia rispettato il termine che ai sensi del medesimo art. 435, commi terzo e quarto, cod. proc. civ., deve intercorrere tra il giorno della notifica e quello dell’udienza di discussione», atteso che nella specie non risulta tardiva la notifica del ricorso in appello.

Con la recente sentenza di questa Corte, a Sezioni Unite, n. 14916 del 2016 si è statuito che «l'inesistenza della notificazione è configurabile, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell'atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un'attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile quell'atto. L'inesistenza non è, dunque, in senso stretto, un vizio dell'atto più grave della nullità, poiché la dicotomia nullità/inesistenza va, alla fine, ricondotta alla bipartizione tra l'atto e il non atto».

Le Sezioni Unite hanno altresì affermato:

«a) occorre che un "atto", riconoscibile come "notificazione", esista, nei ristretti termini sopra indicati, e che verranno di seguito precisati;

b) se così è, qualunque vizio dell'atto ricade nell'ambito della nullità, senza che possa distinguersi, al fine di individuare ulteriori ipotesi di inesistenza attraverso la negazione del raggiungimento dello scopo, tra valutazione ex ante e constatazione ex post, poiché il legislatore ha chiaramente inteso dare prevalenza a quest'ultima - in piena attuazione del principio della strumentalità delle forme -, cioè ai dati dell'esperienza concreta, sia pure dovuta ad accadimenti del tutto accidentali, rispetto agli elementi di astratta potenzialità e prevedibilità.

2.6. Scopo della notificazione è quello di provocare la presa di conoscenza di un atto da parte del destinatario, attraverso la certezza legale che esso sia entrato nella sua sfera di conoscibilità, con gli effetti che ne conseguono (in termini - per quanto qui interessa - di instaurazione del contraddittorio).

In presenza di una notificazione nulla, così come opera la sanatoria per raggiungimento dello scopo, attraverso la costituzione in giudizio della parte intimata, correlativamente, in mancanza di tale costituzione, il giudice, ai sensi dell'art. 291 cod. proc. civ., deve dispone la rinnovazione della notificazione (fissando a tal fine un termine perentorio), a meno che la parte stessa non abbia a ciò già spontaneamente provveduto. Entrambi i rimedi, che sono previsti a fronte del verificarsi del medesimo presupposto della nullità della notificazione - con l'unica peculiarità che l'attivazione spontanea della parte (con la costituzione o la rinnovazione) rende superfluo l'intervento del giudice -, operano con efficacia ex tunc, cioè sanano con effetto retroattivo il vizio della notificazione (quella originaria, nel caso di rinnovazione): ciò è previsto espressamente nel citato art. 291 ("la rinnovazione impedisce ogni decadenza"), si configura come una normale qualità del concetto di sanatoria e costituisce un'ulteriore espressione del principio di strumentalità delle forme.

Va ribadito, per completezza, che il detto effetto sanante ex tunc prodotto dalla costituzione del convenuto - la quale non è mai tardiva, poiché la nullità della notificazione impedisce la decorrenza del termine (per tutte, Cass., sez. un., n. 14539 del 2001) - opera anche nel caso in cui la costituzione sia effettuata al solo fine di eccepire la nullità (tra altre, Cass., sez. un., n. 5785 del 1994; Cass. nn. 10119 del 2006, 13667 del 2007, 6470 del 2011)».

Già in precedenza, si può ricordare che questa Corte ha affermato (Cass., n. 488 del 2010, n. 25684 del 2015) che «La violazione del termine non minore di venticinque giorni - che deve intercorrere tra la data di notifica dell'atto d'appello e la data dell'udienza di discussione (ai sensi dell'art. 435 c.p.c., comma 3) - configura un vizio della notificazione e, come tale, non produce alcuna nullità se l'atto abbia raggiunto il suo scopo (art. 156 c.p.c., comma, e art. 160 c.p.c.), per effetto - tra l'altro - della costituzione dell'appellato».

Nella specie, quindi, alla luce della giurisprudenza di legittimità, sia delle Sezioni Unite, che delle Sezioni semplici, da ultimo richiamata, la tardività della notificazione del decreto di fissazione dell'udienza non ne determina l'inesistenza, ma vizio sanato, come nella specie (ove l'appellata si costituiva e come si legge nel controricorso oltre ad eccepire l'improcedibilità, si difendeva nel merito), dalla costituzione dell'appellato, o rispetto al quale il giudice deve disporre la rinnovazione della notificazione medesima.

3. Il ricorso deve essere accolto. La sentenza impugnatale va cassata e rinviata anche per le spese del presente giudizio alla Corte d’Appello di Venezia in diversa composizione.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese del presente giudizio alla Corte d'Appello di Venezia in diversa composizione.