Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 24 aprile 2018, n. 10030

Tributi - Reddito d’impresa - Indebita deduzione di costi fittizi per operazioni inesistenti - Oggetto delle fatture estraneo all’attività svolta - Accertamento analitico induttivo - Rideterminazione del reddito in base a pertinente studio di settore - Legittimità

 

Fatti di causa

 

P.G. Srl impugnava l'avviso di accertamento per l'anno d'imposta 2003, per Iva, Ires ed Irap, oltre sanzioni, emesso dall'Agenzia delle Entrate a rettifica del reddito d'impresa, attesa l'indebita deduzione di costi fittizi per operazioni inesistenti e tenuto conto dei parametri reddituali derivanti dal pertinente studio di settore.

La Commissione tributaria provinciale di Roma respingeva l'impugnazione, sentenza poi confermata dalla CTR del Lazio.

La contribuente ricorre per cassazione con otto articolati motivi, cui resiste l'Agenzia delle Entrate con controricorso.

 

Ragioni della decisione

 

1. Il primo motivo (rubricato come II.) denuncia violazione degli artt. 39, primo comma, lett. d, 40, d.P.R. n. 600 del 1973, 62-bis e 62-sexies, comma 3, d.l. n. 331 del 1993, conv. nella I. n. 427 del 1993, 10, comma 3-bis, I. n. 146 del 1998, nonché degli artt. 2697 e 2729 c.c.

1.1. Il secondo motivo (rubricato II.1) denuncia violazione degli artt. 39, primo comma, lett. b, 62-bis e 62-sexies, comma 3, d.l. n. 331 del 1993, conv. nella I. n. 427 del 1993, nonché degli artt. 2697 e 2729 c.c.

1.2. Il terzo motivo (rubricato II.2) denuncia nuovamente violazione degli artt. 39, primo comma, lett. b, 62-bis e 62-sexies, comma 3, d.l. n. 331 del 1993, conv. nella I. n. 427 del 1993, nonché degli artt. 2697 e 2729 c.c.

1.3. Il quarto (rubricato II.3), infine, denuncia violazione dell'art. 10, comma 3-bis, I. n. 146 del 1998.

2. I mezzi, da esaminare unitariamente in quanto logicamente connessi, sono inammissibili, non cogliendo la ratio della decisione.

2.1. Il contribuente, infatti, si duole che la CTR:

- abbia escluso l'illegittimità dell'accertamento analitico induttivo poiché operato dall'Amministrazione finanziaria sulla base di studio di settore, le cui risultanze integrano una presunzione semplice, senza l'instaurazione del preventivo contraddittorio;

- l'accertamento in base allo studio di settore, inoltre, sarebbe stato fondato sull'asserito utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, non provate e, comunque, di scarsa entità rispetto al volume di affari, e in assenza di riscontri su elementi positivi di reddito;

- le gravi incongruenze, necessarie ai fini della rilevanza degli esiti dello studio di settore, sono state riferite alla divergenza tra reddito dichiarato e reddito rettificato anziché ai ricavi, in concreto divergenti nella percentuale del 5%.

2.2. Va peraltro rilevato che, nella specie, l'accertamento è stato di tipo analitico induttivo ma non in base allo studio di settore e, invece, si è fondato, come rilevato dalla CTR (e come risulta dallo stesso avviso di accertamento, riprodotto per autosufficienza dall'Agenzia delle entrate), "sulla individuazione da parte dell'ufficio di fatture relative ad operazioni inesistenti".

Lo studio di settore ("l'applicazione degli studi di settore") è stato utilizzato, invero, solo quale criterio di giudizio per la rideterminazione, in termini oggettivi e comparabili, del reddito d'impresa e, dunque, solo per la valutazione della congruità della ricostruzione induttiva del reddito d'impresa.

Giova ricordare, del resto, che gli studi di settore costituiscono "solo uno degli strumenti utilizzabili dall'Amministrazione finanziaria per accertare in via induttiva, pur in presenza di una contabilità formalmente regolare, ma intrinsecamente inattendibile, il reddito reale del contribuente: tale accertamento, infatti, può essere presuntivamente condotto anche sulla base del riscontro di gravi incongruenze tra i ricavi, i compensi ed i corrispettivi dichiarati e quelli fondatamente desumibili dalle caratteristiche e dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta, a prescindere, quindi, dalle risultanze degli specifici studi di settore e dalla conformità alle stesse dei ricavi aziendali dichiarati" (Cass. n. 20060 del 24/09/2014) e che l'ufficio, ove consideri i dati desumibili dagli studi di settore, "non è tenuto a verificare tutti i dati richiesti potendosi basare anche solo su alcuni elementi ritenuti sintomatici per la ricostruzione del reddito del contribuente" (v. Cass. n. 16430 del 27/07/2011).

In altri termini, il ricorso ai dati ed alle indicazioni dello studio di settore (e, in particolare, agli esiti derivanti dall'applicazione dello stesso) non ha assunto rilievo nell'ambito di un accertamento di tipo parametrico ma, invece, è stato considerato, all'interno di un accertamento analitico induttivo, quale elemento presuntivo apprezzato unitariamente alla riscontrata fittizietà delle operazioni ai fini della rideterminazione del reddito d'impresa.

2.3. Ne deriva l'inammissibilità delle censure intese a lamentare la violazione della disciplina sugli studi di settore, non rilevante nella fattispecie in considerazione.

3. Il quinto motivo (rubricato come III.) denuncia, in relazione alle medesime doglianze, omessa pronuncia sulle eccezioni proposte in appello.

3.1. La doglianza, strettamente correlata a quelle sopra esaminate, è parimenti - e per le medesime ragioni - inammissibile, restando anche carente di decisività.

4. Il sesto motivo denuncia, ai sensi dell'art. 360, n. 5, c.p.c., vizio di "insufficiente pronuncia" (rubricato come IV. 1.) e "illogicità manifesta" (rubricato come IV.2.).

4.1. La doglianza è inammissibile per entrambi i profili.

4.2. Quanto all'asserito vizio di "insufficiente pronuncia" (formula che, di per sé, non è neppure riconducibile ad alcuna delle ipotesi disciplinate dall'art. 360 c.p.c.), il ricorrente si duole, in realtà, con una inammissibile mescolanza di profili, vuoi dell'omessa pronuncia da parte della CTR sulle eccezioni avanzate dalla parte (ed afferenti, in larga misura, alle medesime questioni sopra esposte), vuoi dell'omessa o insufficiente motivazione tanto su questioni in diritto che di fatto, lamentando la mancata indicazione delle ragioni che hanno portato a disattendere le circostanze addotte (ma in totale difetto di autosufficienza) dalla difesa.

4.3. Quanto all'asserita "illogicità manifesta" la doglianza, che, in realtà, attinge alla motivazione della sentenza di primo grado sul presupposto che la CTR ha condiviso le motivazioni della CTP, si incentra sulla percentuale di ricarico per la determinazione del reddito d'impresa ma in una prospettiva di non condivisione delle scelte operate dal giudice di merito, adducendo (e in totale carenza di autosufficienza) elementi generici e solo ipoteticamente suscettibili di condurre ad un diverso esito, e, dunque, neppure decisivi.

Il controllo di logicità del giudizio di fatto, consentito dall'art. 360 n. 5 c.p.c. (testo vigente ratione temporis, anteriore alla I. n. 134 del 2012), non equivale, del resto, a una revisione del "ragionamento decisorio", ossia delle opzioni che hanno condotto il giudice di merito a una determinata soluzione, poiché tale revisione si tradurrebbe in un nuova formulazione del giudizio di merito, incompatibile con la funzione istituzionale della giurisdizione di legittimità.

5. Il settimo motivo (rubricato come V.) denuncia insufficiente motivazione circa le prove sull'effettività delle operazioni contestate come inesistenti.

5.1. Il contribuente, lamenta, in particolare, che la CTR abbia ritenuto l'inesistenza delle operazioni fatturate in relazione all'oggetto sociale della I.P. attesa l'effettività e la compatibilità delle attività (di magazzinaggio e trasporto) effettivamente svolte dal sig. P., legale rappresentante della I.P. stessa, apprezzando elementi irrilevanti (quali lo svolgimento dell'attività di tappezziere dello stesso) ovvero ritenendo che il medesimo avesse agito per proprio conto e non quale legale rappresentante della società.

5.2. Il motivo è infondato.

La CTR, infatti, ha ritenuto, con motivazione logica e lineare ed onnicomprensiva del complesso degli elementi introdotti in giudizio, le fatture emesse per operazioni inesistenti in quanto relative a "prestazioni di mano d'opera, manutenzioni su impianti a gas e trasporti", accertamento in fatto neppure censurato, che "non erano coerenti con l'attività della I.P. esercente l'attività di "produzione, costruzione e vendita di oggetti di plastica e materiali metallici", nonché che la società era "priva di mezzi e di dipendenti, senza contabilità", inadempiente "alle prescritte dichiarazioni e neppure ha versato l'imposta", evidenziando, da ultimo, che "il socio accomandatario, P. è lo zio di S.A. ed esercita l'attività di tappezziere", sicché ha, implicitamente ma univocamente, ritenuto che le dedotte attività svolte dal P. nulla avessero a che fare con quelle oggetto delle fatture emesse dalla società, ad ulteriore conferma dell'oggettiva inesistenza delle prestazioni.

Non è, quindi, rilevante, né decisivo, che il P. avesse svolto attività generiche (magazzinaggio, pulizia, ...), comunque estranee all'oggetto sociale della I.P., in assenza della prova della circostanza, in alcun modo introdotta dal contribuente ma solo suggestivamente ipotizzata, che tale attività sia stata svolta dalla società.

6. L'ottavo motivo (rubricato come VI.) denuncia vizio di motivazione per omessa pronuncia in ordine all'applicazione della percentuale di ricarico.

6.1. Il motivo è inammissibile avendo il ricorrente dedotto, ai sensi dell'art. 360, n. 5, c.p.c., un vizio di omessa pronuncia che, invece, deve essere censurato ai sensi dell'art. 360, n. 4, c.p.c.

Né la diversa qualificazione appare di utilità risultando comunque la censura inammissibilmente difettosa in punto di autosufficienza per l'omessa indicazione e riproduzione, nel ricorso, della specifica censura dedotta in sede di gravame (v. Cass. n. 5344 del 04/03/2013).

7. Il ricorso, pertanto, va rigettato e le spese liquidate per soccombenza.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese a favore dell'Agenzia delle entrate che liquida in complessive euro 8.000,00, oltre spese prenotate a debito.