Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 24 aprile 2018, n. 10077

Rapporti controversi di natura subordinata - Assenza di un "progetto" - Caratteri tipici della subordinazione

 

Fatto

 

Ritenuto che l'INPS, in sede di ispezione, assumeva che una serie di lavoratori a progetto impiegati dalla società S. di D.P.D. & C. S.n.c., svolgessero, in realtà, l'attività tipica dei lavoratori subordinati; che, emessa cartella esattoriale per il pagamento dei contributi dovuti per i suddetti lavoratori, la società proponeva opposizione; che, accolta l'opposizione ed appellata la sentenza, la Corte d'Appello di Firenze (sentenza 22.6.2012-5.7.2012 nr. 724 del 2012) accoglieva l'impugnazione, rilevando l'assenza di un "progetto" e, comunque, riscontrando, nell'attività concretamente svolta dai lavoratori, i caratteri tipici della subordinazione;

che propone ricorso per cassazione la società S. di D.P.D. & C. S.n.c. affidato a tre motivi; che, con i primi due motivi, denuncia ( ai sensi dell'art. 360 nr. 3 cod. proc. civ), violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione agli artt. 61 e 69 D. Igs 276/2003 ed all'art. 41 Cost.per aver il giudice di merito: 1) erroneamente escluso la sussistenza dei progetti, invece specifici e conformi alle prescrizioni di legge; 2) travalicato i limiti del controllo giudiziale, interferendo con valutazioni e scelte tipiche della discrezionalità aziendale; 3) operato una presunzione assoluta di subordinazione; che, con il terzo motivo, lamenta (ai sensi dell'art. 360 nr. 5) omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio, avendo ritenuto la subordinazione in base ad una asserita "presunzione assoluta" di sussistenza della situazione delineata dall'art. 2094 cod. civ., senza valutare in maniera esaustiva e completa le risultanze dibattimentali ed omettendo, in particolare, di considerare la circostanza che i lavoratori non erano sempre presenti in azienda - come non sempre lo era il datore di lavoro - e si autodeterminavano nei turni;

che ha resistito l'INPS con controricorso;

 

Diritto

 

Considerato che il ricorso è infondato;

che la corte territoriale ha escluso la sussistenza di " progetti giuridicamente apprezzabili" e, comunque, ritenuto i rapporti controversi di natura subordinata;

che la qualificazione dei rapporti compiuta dal giudice di merito, all'esito della valutazione delle risultanze di causa, è censurabile, ai sensi dell'articolo 360 nr. 3 cod. proc. civ., solo in punto di determinazione e applicazione dei criteri astratti e generali mentre costituisce apprezzamento di fatto, come tale sindacabile in cassazione nei limiti di cui all'articolo 360 nr. 5 cpc, l'individuazione degli elementi che, in concreto, rilevano l'effettività dei prescelti criteri legali;

che, nella fattispecie di causa, la Corte distrettuale, in ragione della natura elementare e routinaria della prestazione, ha adottato quali criteri di qualificazione del rapporto "il rispetto di precisi orari di lavoro, le modalità di pagamento della retribuzione, secondo una cadenza costante, la totale assenza di una struttura organizzativa facente capo ai lavoratori";

che, in tal modo, i giudici di merito hanno fatto corretta applicazione del principio costantemente affermato da questa Corte - ed al quale anche in questa sede va data continuità - secondo cui " ove l'assoggettamento del lavoratore alle direttive altrui non sia agevolmente apprezzabile a causa della peculiarità delle mansioni, occorre fare riferimento a criteri complementari e sussidiari - come quelli della collaborazione, della continuità delle prestazioni, dell'osservanza di un orario predeterminato, del versamento a cadenze fisse di una retribuzione prestabilita, del coordinamento dell'attività lavorativa all'assetto organizzativo dato dal datore di lavoro, dell'assenza in capo al lavoratore di una sia pur minima struttura imprenditoriale - che, privi ciascuno di valore decisivo, possono essere valutati globalmente come indizi probatori della subordinazione" (cfr. ex plurimis, Cass. 17.4.2009 nr. 9256);

che, sotto il profilo del preteso vizio di motivazione, la censura si risolve nella contrapposizione all'iter logico seguito dalla Corte territoriale per pervenire al suo convincimento, esposto esaurientemente e con proposizioni internamente e reciprocamente coerenti, il proprio ed autonomo ordine soggettivo di considerazioni ed apprezzamenti sulla valutazione delle risultanze istruttorie, del tutto irrilevante in questa sede;

che i rilievi esposti appaiono decisivi ed assorbenti;

che, infatti, quando, come nella specie, la sentenza impugnata sia sorretta da una pluralità di ragioni: 1) ritenuta insussistenza dei progetti; 2) accertamento, in fatto, della subordinazione (all'esito cioè della espletata istruttoria e non quale conseguenza di una presunzione legale assoluta), distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione, l'accertamento definitivo di una di esse (verifica, in concreto, della natura subordinata della prestazione) rende inammissibile l'esame delle ulteriori censure (sussistenza di un progetto) perché in nessun caso idonee a produrre l'annullamento della sentenza; ciò in quanto il regime sanzionatorio articolato dall’art. 69 del D.lgs nr. 276 del 2003 contempla due distinte e strutturalmente differenti ipotesi: al comma 1, sanziona il rapporto di collaborazione coordinata e continuativa instaurato senza l'individuazione di uno specifico progetto, realizzando un caso di cd. conversione del rapporto "ope legis" e restando priva di rilievo l'appurata natura autonoma dei rapporti in esito all'istruttoria; al comma 2, disciplina l'ipotesi in cui vengano giudizialmente accertate modalità di tipo subordinato con cui, nonostante l'esistenza di uno specifico progetto, sia stata di fatto resa la prestazione lavorativa ( cfr. Cass. 12820 del 2016);

che la parte ricorrente, rimasta soccombente, deve condannarsi al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in complessive Euro 3.500,00, di cui Euro 200,00 per compensi professionali, oltre al 15% di spese generali ed accessori di legge.