Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 10 maggio 2017, n. 11474

Tributi - IRAP - Accertamento - Professionisti - Autonoma organizzazione

 

Ragioni della decisione

 

Costituito il contraddittorio ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ. (come modificato dal decreto-legge 31 agosto 2016, n. 168, convertito con modificazioni dalla legge 25 ottobre 2016, n. 197), osserva con motivazione semplificata:

Gli eredi del prof. G.I., commercialista e membro del C.d.A. di alcune banche tra sui Fineco A.M. S.p.A., ricorrono per la cassazione della sentenza della CTR-Lazio che il 22 settembre 2015 ha negato l’annullamento dell’avviso di accertamento per omesso versamento dell’IRAP-2005. L’Agenzia delle entrate non resiste con controricorso ma deposita nota ai soli fini dell’art. 370 cod. proc. civ..

Tanto premesso, non rileva il giudicato esterno, favorevole alla parte contribuente, formatosi sull’IRAP-2004. La questione, sollevata col terzo motivo, trascura principi regolativi certificati da Cass. n. 20029 del 2011, laddove si afferma che la sentenza del giudice tributario con la quale si accertano il contenuto e l'entità degli obblighi del contribuente per un determinato anno d'imposta fa stato con riferimento alle imposte dello stesso tipo dovute per gli anni successivi solo per quanto attiene a quegli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi di imposta (ad es. le qualificazioni giuridiche preliminari all'applicazione di una specifica disciplina tributaria), assumano carattere tendenzialmente permanente, mentre non può avere alcuna efficacia vincolante quando l'accertamento relativo ai diversi anni si fondi su presupposti di fatto potenzialmente mutevoli (In applicazione del principio, la S.C. ha escluso l'efficacia esterna di un giudicato di annullamento dell'avviso di rettifica in materia di IVA ed IRAP in una controversia relativa ad un avviso riferito ai medesimi tributi ma per diversa annualità. Confi Cass. n. 6953 del 2015; v. anche Cass. n. 26652 del 2016, n. 1018 n. 1390 del 2017, in tema di IRAP).

Nel resto, l'assunto dei ricorrenti si pone, quanto al primo e secondo motivo, in continuità con i principi regolativi della materia compendiati da Cass. n. 4246 e n. 22138 del 2016, nonché, più di recente, da Cass. n. 7377 e n. 7378 del 2017:

A) L'attività del commercialista, infatti, non è soggetta a IRAP se manchi l'autonoma organizzazione, che sussiste solo se il professionista adopera beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile ovvero ricorre in modo non occasionale al lavoro di terzi; il che accade perché la capacità produttiva aggiuntiva rispetto a quella personale del professionista sconta l'imposizione per il "surplus" di quanto ottenuto merce una struttura organizzativa che sia servente rispetto all'opera intellettuale svolta con le proprie conoscenze e gli strumenti minimi indispensabili.

B) Il commercialista, dunque, che sia anche amministratore, revisore e/o sindaco di società non è soggetto a IRAP per il reddito netto di tali attività perché è soggetto a imposizione fiscale unicamente l'eccedenza dei compensi rispetto alla produttività auto-organizzata dell'opera individuale; il che si verifica in quanto per la soggezione a IRAP non è sufficiente che il commercialista operi presso uno studio professionale, atteso che tale presupposto non integra di per se stesso il requisito dell'autonoma organizzazione.

C) Già con Cass. n. 10594 del 2007, n. 15893 del 2011 e n. 3434 del 2012 si era chiarito - con riferimento a fattispecie nella quale si discuteva di redditi realizzati dal libero professionista nell'esercizio di attività sindaco, amministratore di società, consulente tecnico - che non fosse soggetto a imposizione quel segmento di ricavo netto consequenziale a quell'attività specifica purché risultasse possibile, in concreto, lo scorporo delle diverse categorie di compensi conseguiti e verificare l'esistenza dei presupposti impositivi per ciascuno dei settori interessati.

D) Tale accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, solo se adeguatamente motivato secondo i parametri del novellato art. 360, primo comma n. 5) cod. proc. civ.. Il che non risulta nella specie, laddove il giudice d’appello omette l’esame di fatti decisivi quali quelli appurati dalla CTP laddove accerta che "le parti ricorrenti hanno prodotto fatture emesse dal contribuente provando che l’attività svolta era quella di consigliere di amministrazione", in disparte il rilievo operato dai ricorrenti sin dal primo grado circa le mere mansioni di autista affidate a dipendente assunto per brevissimo periodo (Cass., Sez. U, n. 9451 del 2016).

Conseguentemente il ricorso può essere deciso in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375, primo comma, cod. proc. civ. con ordinanza che, rigettando il terzo motivo e accogliendo gli altri, cassi in relazione la sentenza d’appello e rinvii la causa al giudice competente per nuovo esame sulla scorta degli elementi acquisititi e dei principi regolativi sopra enunciati.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso; rigetta il terzo motivo di ricorso; cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti; rinvia alla Commissione tributaria regionale del Lazio in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.