Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 06 ottobre 2017, n. 23348

Imposte dirette - IRPEF - Accertamento - Redditometro - Maggior reddito - Acquisto immobile

 

Rilevato che il sig. L. C. ha impugnato l'avviso di accertamento n. R1P01D01384, notificato in data 20 dicembre 2007, dell'Agenzia delle entrate di Milano, emesso nei suoi confronti, con il quale si determinava un maggior reddito a fini IRPEF e addizionale regionale pari a € 364.016,64 per l'anno di imposta 2002.

Che, il contribuente aveva dedotto la violazione dell'art. 38 comma 4,5 e 6 del d.P.R. 600/73, per non avere il ricorrente sostenuto la spesa, ritenuta incremento del patrimonio, a seguito della conclusione, in data 9 gennaio 2003, del contratto preliminare di acquisto di un immobile, sito in Milano, nel quale aveva semplicemente assunto un impegno a corrispondere il prezzo di acquisto entro il 31 dicembre 2008.

Che, la Commissione di primo grado, ritenendo valide le argomentazioni del contribuente, accoglieva il ricorso e annullava l'avviso di accertamento.

Che l'Ufficio proponeva appello per omessa ed insufficiente motivazione sui punti decisivi e sull'erronea valutazione dei fatti non avendo ritenuto sussistenti quegli elementi e circostanze di fatto certi in base ai quali l'art. 38 del d.P.R. 600/73 legittima l'ufficio alla determinazione sintetica del reddito complessivo netto del contribuente.

Che con sentenza del 20 aprile 2010, la CTR respingeva l'appello dell'Ufficio sul rilievo che la CTP aveva correttamente interpretato l'art. 38 del d.P.R. 600/73 nella parte in cui impone che il reddito sinteticamente determinato debba poggiare su elementi certi e che nella fattispecie in esame non sussistevano in quanto "la spesa" nel periodo in esame non era stata ancora sostenuta dal contribuente, facendo così venir meno il presupposto indispensabile per rendere legittimo l'accertamento impugnato.

Che avverso tale decisione l'Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, sulla base di due motivi, che, con il primo motivo di ricorso deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. 38 comma 4 del d.p.r. 600/73 vigente ratione temporis. La CTR avrebbe erroneamente escluso la correttezza dell'accertamento dell'incremento patrimoniale sull'assunto che la spesa per l'acquisito del bene immobile non era ancora stata sostenuta, e ciò violando il disposto dell'art. 38 che, nella formulazione vigente, stabiliva che qualora l'ufficio determini sinteticamente il reddito complessivo netto in relazione alla spesa per incrementi patrimoniali, la stessa si presume sostenuta, salvo prova contraria, con redditi conseguiti nell'anno i cui è stata effettuata la spesa e nei quattro anni precendenti. La CTR avrebbe violato il disposto normativo atteso che tale norma non attribuiva alcun rilievo al principio di cassa ovvero alla circostanza che la spesa dovesse essere stata sostenuta nel periodo in esame;

che, con il secondo motivo deduce la motivazione insufficiente su un fatto controverso in relazione all'art. 360 n. 5 c.p.c. non avendo chiarito, la CTR, Iter logico giuridico seguito nel dichiarare "più che sufficiente il piano di disinvestimenti immobiliari" a fronte della specifica contestazione dell'Ufficio secondo cui a fronte di un prezzo pagato di € 1.700.000 il ricavato degli investimenti ammontava comunque a € 270.000 e a € 178.000;

che, L. C. ha depositato controricorso con cui chiede il rigetto del ricorso dell'Agenzia delle entrate sul duplice rilievo della corretta interpretazione della legge e segnatamente dell'art. 38 cit, prima della modifica operata nel 2010, posto che la spesa per incremento patrimoniale, che costituisce una presunzione della sussistenza di un determinato reddito, doveva essere effettiva, sicché il mero impegno di spesa, come nel caso in scrutinio, non poteva costituire il presupposto per l'applicazione dell'accertamento presuntivo, e della correttezza della motivazione della sentenza impugnata essendo chiara e adeguata la ratio decidendi, sicché era da escludersi il dedotto vizio di carenza di motivazione.

Ritenuto che il ricorso sia infondato avendo la sentenza impugnata fatto corretta applicazione della legge e segnatamente dell'art. 38 comma 4 del d.p.r. 600/73 vigente ratione temporis, ed avendo esposto con motivazione congrua e immune da censure l'iter logico giuridico della decisione.

che, costituisce orientamento consolidato ( Cfr. Cass. civ.n. 19030/2014) quello secondo cui ai fini dell'accertamento del reddito con il metodo sintetico di cui all'art. 38, quarto e quinto comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (nel testo, vigente "ratione temporis", tra la legge 30 dicembre 1991, n. 413 e il d.l. 31 maggio 2010, n. 78, conv. nella legge 30 luglio 2010, n. 122) ai fini della prova dell'erogazione di spesa per incrementi patrimoniali che costituisce effettiva ed attuale espressione di capacità economica, l'accertamento deve basarsi sulla diretta dimostrazione (risultante, solitamente, da un atto formale) della effettiva erogazione della spesa (Cass. n. 19030/2014, Cass. n. 25473/2015, Cass. n. 4748/2017), e laddove il pagamento del prezzo non è avvenuto, l'acquisto non denota una reale disponibilità economica (Cass. n. 8665/2002, Cass. n. 5991/2006),

che, da quanto esposto deriva che la mera conclusione di un contratto preliminare di vendita con previsione del pagamento del prezzo differito nel tempo, non comportando un effettivo esborso di spesa perché non ancora sostenuta dal contribuente nell'anno di imposta, non costituisce esborso di spesa per incremento patrimoniale.

che, la sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione dello ius receptum ritenendo che la pretesa impositiva dell'ufficio fosse basata su un presunto incremento patrimoniale connesso all'acquisto di un immobile da parte del contribuente,acquisto non perfezionatosi perché non ancora sostenuta la "spesa" in mancanza del pagamento del prezzo per l'anno di imposta a cui si riferiva l'accertamento con metodo sintetico,

che, anche il secondo motivo è infondato. Il provvedimento impugnato è adeguatamente motivato sotto tutti i profili dal momento che il presunto incremento patrimoniale derivante dall'acquisito dell'immobile, posto a base dell'accertamento, non si era ancora verificato poiché non era ancora stata sostenuta la spesa per il suo acquisito e il piano di disinvestimenti immobiliari, documentato dal contribuente, era sufficiente per consentire al contribuente l'integrale pagamento del prezzo pattuito dopo la cancellazione dell'ipoteca che gravava sull'immobile. Sulla base di tali elementi ritenevano i giudici tributari, che il contribuente avesse fornito prova inconfutabile della correttezza del proprio operato. Motivazione congrua e logica, sicché alcuna carenza e/o insufficienza è predicabile,

che, in conclusione, il ricorso va respinto e, in base al principio della soccombenza, la ricorrente deve essere condannata al pagamento dei compensi di lite, come liquidati in dispositivo,

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese che liquida in € 4.000,00 oltre spese generali nella misura del 15% e oltre accessori di legge.