Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 26 maggio 2017, n. 13347

Accertamento - Compravendita terreno - Aree edificabili e non edificabili - Atto di cessione - Lavori di urbanizzazione

 

Esposizione dei fatti di causa

 

1. La società B. s.r.l. impugnava l'avviso di liquidazione e rettifica di imposta di registro notificato dall'agenzia delle entrate in relazione all'atto di compravendita di un terreno sito a Magenta stipulato in data 28.2.2003. Il prezzo di vendita della cessione era stato fissato in euro 294.000,00 e l'ufficio, procedendo alla rettifica, aveva elevato il valore dell'area ad euro 381.719,00. La commissione tributaria provinciale di Milano rigettava il ricorso. Proposto appello da parte della contribuente, la commissione tributaria provinciale della Lombardia lo rigettava sul rilievo che era condivisibile quanto ritenuto dai giudici di primo grado, i quali avevano osservato che l'avviso di accertamento era motivato poiché erano stati analizzati contratti di compravendita similari ed era stata valutata adeguatamente l'ubicazione del terreno compravenduto, con individuazione di valori distinti per aree edificabili ed aree non edificabili in quanto destinate a standard urbanistici. Pertanto l'avviso impugnato appariva legittimo.

2. Avverso la sentenza della CTR propone ricorso per cassazione la contribuente affidato a cinque motivi. L'agenzia delle entrate si è costituita in giudizio con controricorso.

3. Con il primo motivo la ricorrente deduce carenza di motivazione della sentenza impugnata, ai sensi all'articolo 360, comma 1, numero 5, cod. proc. civ., essendosi limitata la CTR ad avallare la decisione di primo grado.

4. Con il secondo motivo deduce violazione di legge, ai sensi all'articolo 360, comma 1, numero 3, cod. proc. civ., in relazione all'art. 7 della legge n. 241/1990 in quanto la CTR non ha considerato che la pretesa esercitata dall'Ufficio era illegittima non avendo l'Ufficio medesimo instaurato il contraddittorio endoprocedimentale prima della notifica dell'atto impositivo a mezzo della comunicazione del procedimento amministrativo.

5. Con il terzo motivo deduce violazione di legge, ai sensi all'articolo 360, comma 1, numero 3, cod. proc. civ., in relazione agli artt. 52 del d.p.r. n. 131/86 e 3 della legge n. 241/1990 poiché la CTR avrebbe dovuto dichiarare l'illegittimità dell'atto impositivo in quanto carente di motivazione.

6. Con il quarto motivo deduce violazione di legge, ai sensi all'articolo 360, comma 1, numero 3, cod. proc. civ., poiché l'avviso di liquidazione avrebbe dovuto essere ritenuto illegittimo in considerazione del fatto che non era stato ad esso allegato il parere di stima dell'Ufficio di Magenta, pur essendo esso menzionato nell'atto.

7. Con il quinto motivo deduce la congruità del prezzo indicato in atto perché l'Ufficio avrebbe dovuto considerare che si trattava di terreno non urbanizzato e che i lavori di urbanizzazione richiedevano un notevole esborso economico.

 

Esposizione delle ragioni della decisione

 

1. Osserva la corte che il primo motivo ricorso è inammissibile, ai sensi dell'art. 366 bis cod. proc. civ., vigente ratione temporis, in quanto non risulta adeguatamente formulato il c.d. quesito di fatto, mancando la conclusione a mezzo di apposito momento di sintesi riferito al fatto concreto, attesa la ratio che sottende la disposizione indicata, associata alle esigenze deflattive del filtro di accesso alla Suprema Corte, la quale deve essere posta in condizione di comprendere, dalla lettura del solo quesito, quale sia l'errore commesso dal giudice di merito (cfr. Cass. n. 24255 del 18/11/2011 e Cass. Sez. Un. N. 16528 del 18/06/2008 ). La ricorrente ha formulato un quesito generico afferente la legittimità in astratto del richiamo delle motivazioni del giudice di primo grado senza esplicitare in forma interrogativa nel quesito stesso se gli specifici richiami effettuati dalla CTR ad argomenti svolti nella sentenza di primo grado fossero bastevoli ad integrare la motivazione della sentenza d'appello.

2. Il secondo motivo è infondato in quanto questo collegio intende dare continuità al principio affermato dalla Corte di legittimità a Sezioni Unite con la sentenza n. n. 24823 del 6/10/2015, pubblicata il 9/12/2015, secondo cui, a differenza dal diritto dell'Unione europea, il diritto nazionale, allo stato della legislazione, non pone in capo all'Amministrazione fiscale che si accinga ad adottare un provvedimento lesivo dei diritti del contribuente, in assenza di specifica prescrizione, un generalizzato obbligo di contraddittorio endoprocedimentale, comportante, in caso di violazione, l'invalidità dell'atto. Ne consegue che, in tema di tributi "non armonizzati", l'obbligo dell'Amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, pena l'invalidità dell'atto, sussiste esclusivamente in relazione alle ipotesi v per le quali siffatto obbligo risulti specificamente sancito.

3. Il terzo ed il quarto motivo sono inammissibili per due ordini di ragioni. In primo luogo per la genericità dei quesiti in quanto, per come formulati, non consentono di addivenire alla decisione della causa poiché, avendo contenuto generico, difettano della sintesi logico-giuridica unitaria della questione, onde consentire alla corte di cassazione l'enunciazione di una regula iuris suscettibile di ricevere applicazione anche in casi ulteriori rispetto a quello deciso dalla sentenza impugnata. La formulazione dei quesiti appare inidonea a chiarire l'errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in relazione alla concreta controversia (cfr. Cass. Sez. Un. n. 21672 del 23/09/2013; Cass. n. 7197 del 25/03/2009 ) in quanto si risolvono nella generica richiesta rivolta al giudice di legittimità di stabilire se sia stata o meno violata la norma di cui agli artt. 52 del d.p.r. n. 131/86 e 3 della legge n. 241/1990 e non investono la ratio deciderteli della sentenza impugnata. La corretta formulazione del quesito esige, invero, che il ricorrente dapprima indichi in esso la fattispecie concreta, poi la rapporti ad uno schema normativo tipico, infine formuli, in forma interrogativa e non assertiva, il principio giuridico di cui chiede l'affermazione.

In secondo luogo i motivi sono privi del requisito dell'autosufficienza sancito dall'art. 366 cod. proc. civ., avendo il ricorrente censurato la sentenza della commissione tributaria regionale sotto il profilo della congruità del giudizio espresso in ordine alla motivazione dell'avviso di rettifica e della mancanza di allegazione del parere reso dall'agenzia delle entrate senza riportarne testualmente i passi che si sono assunti erroneamente interpretati o pretermessi. Ciò facendo il ricorrente non ha consentito la verifica esclusivamente in base al ricorso medesimo, dovendosi considerare che il predetto avviso non è un atto processuale, bensì amministrativo, la cui legittimità è necessariamente integrata dalla motivazione dei presupposti di fatto e dalle ragioni giuridiche poste a suo fondamento ( cfr. Cass. n. 9536 del 19/04/2013; Cass. n. 8312 del 04/04/2013).

4. Il quinto motivo è inammissibile sia per la genericità del motivo, che non è riferito al fatto concreto, sia perché, in relazione alla stima del terreno effettuata dall'Agenzia, la CTR si è espressa in senso favorevole senza tuttavia esplicitare le ragioni della maggior persuasività degli elementi addotti dalla contribuente. Ora, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza della corte di legittimità, il vizio di motivazione che giustifica la cassazione della sentenza sussiste solo qualora il tessuto argomentativo presenti lacune, incoerenze e incongruenze tali da impedire l'individuazione del criterio logico posto a fondamento della decisione impugnata, restando escluso che la parte possa far valere il contrasto della ricostruzione con quella operata dal giudice di merito e l'attribuzione agli elementi valutati di un valore e di un significato difformi rispetto alle aspettative e deduzioni delle parti ( Cass. n. 3198/2015; Cass. N. 11511/14; Cass. n. 19814/13; Cass. n. 1754/07). Il riesame degli elementi oggetto di valutazione, laddove non siano evidenziati vizi logici, costituisce accertamento di merito che esula dai limiti del controllo di logicità della motivazione affidato alla corte di legittimità. Nella specie non sussiste alcuna lacuna nel ragionamento decisorio seguito dalla CTR, tenuto conto che le doglianze della ricorrente si sostanziano nel fatto che le circostanze di causa sono state lette in modo non corrispondente alle proprie aspettative. Ne deriva che non sussiste il dedotto vizio motivazionale per non aver la CTR considerato preponderante la valenza persuasiva di quanto affermato dalla contribuente ed aver ritenuto, per contro, di condividere quanto affermato dai giudici di primo grado, ovvero che il valore indicato dall'agenzia era congruo tenuto conto dei contratti di compravendita similari, della ubicazione del terreno compravenduto e dei valori distinti per aree edificabili ed aree non edificabili in quanto destinate a standard urbanistici.

5. Il ricorso va, dunque, rigettato e le spese processuali, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti a rifondere all'agenzia delle entrate e le spese processuali che liquida in euro 3.000,00 alle spese prenotate a debito.