Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 14 maggio 2018, n. 11649

Pensione di vecchiaia - Anzianità contributiva - Computo - Requisiti - Neutralizzazione - Condizioni

 

Fatti di causa

 

1. La Corte d'appello di Firenze, con sentenza n. 1047 pubblicata il 9.10.2012, in riforma della sentenza di primo grado, ha respinto la domanda del ricorrente di riliquidazione della pensione di vecchiaia con esclusione delle ultime 260 settimane di contribuzione obbligatoria, maturata nel corso del rapporto di lavoro subordinato, e della contribuzione volontaria successiva.

2. La Corte territoriale ha ritenuto che non fosse consentito escludere dal computo della pensione di vecchiaia, oggetto di domanda di riliquidazione, contributi già utilizzati ai fini del conseguimento della pensione di anzianità.

3. Ha accertato come nel caso di specie i contributi accreditati presso il Fondo lavoratori dipendenti, di cui era stata chiesta la neutralizzazione ai fini del calcolo della pensione di vecchiaia, fossero stati determinanti per raggiungere il requisito di anzianità contributiva necessario ai fini della pensione di anzianità; difatti, la somma dei contributi esistenti nella gestione artigiani (n. 403 settimanali) e di quelli versati sul Fondo lavoratori dipendenti, esclusi i n. 298 contributi di cui era stata chiesta la neutralizzazione (n. 260 settimane di contribuzione obbligatoria e n. 38 settimane di contribuzione volontaria), non avrebbe raggiunto la quota necessaria di n. 1.820 contributi (pari a 35 anni) per il conseguimento della pensione di anzianità.

4. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso il sig. R.E., affidato ad un unico motivo, illustrato da memoria, cui ha resistito con controricorso l'Inps.

 

Ragioni della decisione

 

1. Con l'unico motivo di ricorso il sig. R. ha dedotto violazione dell'art. 3, comma 8, L. n. 297 del 1982, come risultante per effetto degli interventi della Corte Costituzionale, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.

2. Ha anzitutto evidenziato come la decisione adottata dalla Corte d'appello, in riforma della pronuncia di primo grado, non avesse alcuna attinenza con la ragione addotta dall'Inps nel respingere la domanda di riliquidazione della pensione.

3. L'Istituto, infatti, aveva respinto la domanda con la seguente motivazione: "la riduzione della retribuzione ha avuto inizio anteriormente alle ultime 260 settimane di contribuzione", quindi sul rilievo che anche una parte della contribuzione anteriore all'ultimo quinquennio incidesse negativamente sull'entità della pensione.

4. Secondo il ricorrente, la decisione della Corte territoriale sarebbe anche priva di attinenza col disposto dell'art. 3, comma 8, L. n. 297 del 1982 su cui si fondava il ricorso in appello dell'Inps, atteso che il solo limite del diritto alla neutralizzazione di parte della contribuzione finale che incide negativamente sul livello di pensione deve ravvisarsi nel venir meno, per effetto della neutralizzazione medesima, del requisito contributivo necessario per la pensione di vecchiaia.

5. Dalla giurisprudenza costituzionale (sentenza n. 388 del 1995), secondo parte ricorrente, non sarebbe desumibile un limite alla contribuzione da neutralizzare, che può quindi superare l'ultimo quinquennio, purché l'anzianità contributiva residua soddisfi il requisito richiesto per la pensione da liquidare. Con la conseguenza che i periodi di contribuzione finale con retribuzione ridotta, se pure utilizzati in quanto necessari ai fini della pensione di anzianità, dovranno essere neutralizzati al compimento dell'età richiesta per la pensione di vecchiaia, ove ciò comporti un trattamento pensionistico più favorevole.

6. Il riferimento all'ultimo quinquennio contenuto in alcune sentenze della Corte Costituzionale, come limite al periodo suscettibile di neutralizzazione, è dovuto al fatto che nelle fattispecie concrete esaminate la retribuzione pensionabile era calcolata in base alla media degli ultimi cinque anni, ai sensi dell'art. 3, L. n. 297 del 1982, laddove oggi, secondo il disposto dell'art. 13, D.Lgs. n. 503 del 1992, il quinquennio finale rileva solo per la determinazione della quota A di pensione, mentre ai fini della quota B deve tenersi conto della media retributiva dell'ultimo decennio.

7. La giurisprudenza costituzionale, ha aggiunto il ricorrente, con numerose decisioni, ha introdotto nell'ordinamento un principio generale di irriducibilità del livello virtuale di pensione raggiunto in itinere, in virtù del quale una volta perfezionato il requisito minimo, l'ulteriore contribuzione non può compromettere la misura della prestazione potenzialmente maturata fino a quel momento.

8. Deve premettersi, in contrasto con i rilievi mossi sul punto dall'Istituto contro ricorrente, come il ricorso in esame investa la ratio decidendi adottata dalla Corte d'appello in quanto censura, tra l'altro, la mancata applicazione del principio, che si assume affermato dalla giurisprudenza costituzionale, in base al quale, ove pure i periodi di contribuzione ridotta fossero necessari ai fini della pensione di anzianità, gli stessi devono essere neutralizzati, al compimento dell'età pensionabile, se ciò comporta il conseguimento di una pensione di vecchiaia più favorevole, (cfr. ricorso, in particolare, pagg. 4, 5, 6, 7).

9. Nessun rilievo può attribuirsi alla dedotta divergenza della decisione adottata dalla Corte d'appello rispetto ai motivi di rigetto della domanda di riliquidazione della pensione da parte dell'Inps, rilevando ai fini di un eventuale vizio di extrapetizione, peraltro non specificamente denunciato, unicamente il confronto tra le domande o i motivi di impugnazione e le pronunce adottate nei diversi gradi di merito.

10. La fattispecie concreta riguarda un'ipotesi di contribuzione mista, versata sia alla Gestione artigiani e sia nel Fondo lavoratori dipendenti, oltre che in maniera volontaria per le ultime 38 settimane.

11. Il ricorrente, raggiunti i 35 anni di anzianità contributiva, grazie alla somma dell'intera contribuzione obbligatoria e volontaria versata, ha usufruito della pensione di anzianità liquidata nella Gestione artigiani dal 1997 al 2003.

12. Al compimento del 65° anno di età, ha chiesto la neutralizzazione di parte della contribuzione finale, non necessaria ai fini del requisito contributivo per la pensione di vecchiaia, e la cui detrazione era idonea a garantire un trattamento di pensione più elevato. Nella memoria depositata ai sensi dell'art. 378 c.p.c., il ricorrente ha dato atto di come la neutralizzazione anche della contribuzione volontaria, non espressamente richiesta, dovesse intendersi inclusa nella domanda giudiziale potendo la neutralizzazione investire solo il periodo finale di contribuzione, nel caso di specie di carattere volontario; ha aggiunto che in tal senso la domanda era stata interpretata dal primo giudice, come si ricava dal quesito sottoposto al consulente d'ufficio nominato.

13. L'art. 3, comma 8, L. n. 297 del 1982 stabilisce: "Per le pensioni liquidate con decorrenza successiva al 30 giugno 1982, la retribuzione annua pensionabile per l'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti è costituita dalla quinta parte della somma delle retribuzioni percepite in costanza di rapporto di lavoro, o corrispondenti a periodi riconosciuti figurativamente, ovvero ad eventuale contribuzione volontaria, risultante dalle ultime 260 settimane di contribuzione antecedenti la decorrenza della pensione".

14. La disposizione suddetta detta solo i criteri di calcolo, con sistema retributivo, delle pensioni "con decorrenza successiva al 30 giugno 1982", mentre restano stabiliti aliunde i requisiti (anagrafici e di anzianità assicurativa e contributiva) per il perfezionamento del diritto a ciascun tipo di pensione.

15. L'art. 3, comma 8, della L. n. 297 del 1982 è stata oggetto di plurime pronunce della Corte Costituzionale.

16. Nella sentenza n. 388 del 1995 la Corte Costituzionale ha ribadito che "nella fase successiva al perfezionamento del requisito minimo contributivo, l’ulteriore contribuzione (qualunque ne sia la natura: obbligatoria, volontaria o figurativa) è destinata unicamente ad incrementare il livello di pensione già consolidatosi, senza mai poter produrre l’effetto opposto di compromettere la misura della prestazione potenzialmente maturata in itinere. Effetto che si appalesa irragionevole, siccome non rispondente all'esigenza di conformità dell'ordinamento ai valori di giustizia ed equità connaturati al principio sancito dall’art. 3 Cost. oltre ad essere in contrasto con le garanzie poste dal successivo art. 38".

17. Lo stesso principio era stato affermato dalla Corte costituzionale, sempre in ipotesi di contribuzione successiva alla maturazione, in costanza di rapporto di lavoro, del requisito assicurativo e contributivo minimo, a sostegno della declaratoria di illegittimità costituzionale della disposizione in esame, nella parte in cui non prevede che la pensione di vecchiaia non potesse essere liquidata in misura inferiore, rispetto a quella che sarebbe spettata al raggiungimento dell'età pensionabile sulla base della sola contribuzione obbligatoria, nelle ipotesi di concorso di contribuzione volontaria (Corte cost. n. 307/89) e di contribuzione obbligatoria commisurata alle minori retribuzioni delle "ultime 260 settimane di contribuzione antecedenti la decorrenza della pensione" (Corte cost. n. 264/94). L'art. 3, comma 8, cit. è stato dichiarato in contrasto con gli artt. 3 e 38 della Cost. anche nella parte in cui non consente, nel caso di godimento di pensione di anzianità in virtù di posizione assicurativa mista, che la pensione di vecchiaia successivamente maturata, al raggiungimento dell'età pensionabile appunto, dovesse essere ricalcolata sulla base della sola contribuzione obbligatoria, qualora essa porti ad un risultato più favorevole per il pensionato, (Corte. Cost. n. 428/92).

18. Ancora, recentemente, lo stesso principio è stato affermato dalla Corte Costituzionale in riferimento ad ipotesi di concorso di contributi per la disoccupazione nelle ultime 260 settimane antecedenti la decorrenza della pensione, (Corte Cost. n. 82/17).

19. Anche la giurisprudenza di legittimità è ormai consolidata nel ribadire che la contribuzione acquisita nella fase successiva al perfezionamento del requisito minimo contributivo non può tradursi nel detrimento della misura della prestazione pensionistica già virtualmente maturata (cfr. Cass. n. 4868 del 2014; Cass. n. 6966 del 2014; Cass. n. 29903 del 2011; Cass. n. 27829 del 2008).

20. Si è, correlativamente, precisato che la neutralizzazione non opera per quei periodi contributivi che concorrano ad integrare il requisito necessario per l'accesso al trattamento pensionistico (Cass. n. 25070 del 2017; Cass. n. 10323 del 2017; Cass. n. 6966 del 2014; Cass. n. 4868 del 2014; Cass. n. 20732 del 2004).

21. La disposizione dell'art. 3, comma 8, L. n. 297 del 1992, come risultante all'esito delle pronunce di illegittimità costituzionale passate in rassegna, non consente di ritenere esistente nell'ordinamento un principio, come quello affermato dalla Corte d'appello, in forza del quale "non è consentito escludere dal computo della pensione di vecchiaia di cui sia chiesta la riliquidazione ... i contributi che siano già stati utilizzati ai fini del conseguimento della pensione di anzianità".

22. La Corte Costituzionale, anche nell'ultima pronuncia n. 82 del 2017, ha ribadito come "sarebbe intrinsecamente irragionevole un meccanismo che, per la fase successiva al perfezionamento del requisito minimo contributivo, si tramutasse in un decremento della prestazione previdenziale, in antitesi con la finalità di favore che la norma persegue, nel considerare il livello retributivo, tendenzialmente più elevato, degli ultimi anni di lavoro" ed è logicamente sottinteso, a tale affermazione, il riferimento al requisito minimo contributivo in relazione allo specifico tipo di pensione richiesta.

23. D'altra parte, la pronuncia della Corte Cost. n. 428 del 1992 aveva ad oggetto una fattispecie sovrapponibile a quella in esame, in cui la pensione di anzianità era stata liquidata con l'apporto determinante della contribuzione volontaria di cui era stata richiesta la neutralizzazione ai fini della pensione di vecchiaia. Ciò non ha impedito al giudice delle leggi di dichiarare l'illegittimità dell'art. 3, comma 8, L. 297 del 1982 "nella parte in cui non consente, in caso di pensione di anzianità, che dopo il raggiungimento dell’età pensionabile, la pensione debba essere ricalcolata sulla base della sola contribuzione obbligatoria qualora porti ad un risultato più favorevole per l’assicurato".

24. Occorre inoltre considerare che, ai sensi dell'art. 22, comma 6, L. n. 153 del 1969, "La pensione di anzianità è equiparata a tutti gli effetti alla pensione di vecchiaia quando il titolare di essa compie l’età stabilita per il pensionamento di vecchiaia", il che comporta l'applicabilità, al compimento dell'età pensionabile, di tutta la disciplina, anche relativa ai requisiti contributivi, dettata per quest'ultimo tipo di pensione.

25. La sentenza della Corte d'appello non si è uniformata ai principi sopra richiamati e, nella parte in cui ha escluso la neutralizzazione, ai fini della pensione di vecchiaia, dei contributi già utilizzati per il conseguimento della pensione di anzianità, merita le censure mosse dal ricorrente.

26. Il ricorso in esame non è invece condivisibile nella parte in cui pretende di estendere la neutralizzazione a periodi anteriori all'ultimo quinquennio, purché si tratti di periodi continuativi collocati nella parte finale del rapporto contributivo.

27. Premesso che ai sensi dell'art. 13, D.Lgs. n. 503 del 1992, applicabile all'epoca di liquidazione della pensione del ricorrente, il riferimento all'ultimo quinquennio ai fini della retribuzione pensionabile è valido solo per la quota A di pensione (cfr. Cass. n. 22315 del 2016), deve richiamarsi quanto statuito sul punto dalla Corte Cost. nella sentenza n. 82 del 2017.

28. L'eccezione di illegittimità costituzionale sollevata dal tribunale di Ravenna investiva, tra l'altro, la mancata previsione del diritto alla neutralizzazione "dei contributi obbligatori, dei contributi per disoccupazione e dei contributi per integrazione salariale anche oltre il limite del quinquennio sempre che, nell'uno e nell'altro caso, gli stessi periodi contributivi non siano necessari per l'integrazione del diritto a pensione".

29. La Corte Costituzionale, nell'accogliere l'eccezione di inammissibilità svolta dall'Avvocatura generale dello Stato, con riguardo alla richiesta di estendere la "neutralizzazione" dei contributi per disoccupazione e integrazione salariale anche oltre i limiti dell'ultimo quinquennio che prelude alla decorrenza della pensione, ha tuttavia precisato come "L'intervento auspicato si riverbera sulla determinazione del periodo di riferimento della retribuzione pensionabile, che esprime una scelta eminentemente discrezionale del legislatore (sentenza n. 388 del 1995, punto 4. del Considerato in diritto, e sentenza n. 264 del 1994, punto 3. del Considerato in diritto), volta a contemperare le esigenze di certezza con le ragioni di tutela dei diritti previdenziali dei lavoratori".

30. L'opzione chiaramente espressa dalla Corte Costituzionale induce a ritenere che non ricorra la non manifesta infondatezza della questione di illegittimità costituzionale sollecitata da parte ricorrente, in via subordinata nella memoria ex art. 378 c.p.c., sul limite temporale alla neutralizzazione posto dalle disposizioni sopra citate.

31. Fermo quindi il limite quinquennale per la neutralizzazione dei periodi contributivi, sarebbe stata necessaria, ai fini della decisività della censura, la specifica allegazione di idoneità della neutralizzazione delle ultime 260 settimane a determinare un trattamento pensionistico di maggior favore.

32. Una simile allegazione difetta del tutto nel ricorso in esame.

33. Nella memoria di cui all'art. 378 c.p.c. è riportato l'esito della consulenza d'ufficio svolta in primo grado da cui si ricava l'esistenza di un beneficio pensionistico correlato però alla neutralizzazione di complessive 298 settimane, comprensive di 260 settimane di contribuzione obbligatoria e di 38 settimane di contribuzione volontaria.

34. Non solo difetta l'allegazione e la prova di decisività della censura, ma ricorrono una serie di indici suggestivi del contrario; in particolare, rileva la motivazione adottata dall'Inps, e riportata a pag. 3 del ricorso in esame, che ha rigettato la domanda di neutralizzazione sul rilievo della riduzione della retribuzione in epoca anteriore al quinquennio; inoltre il motivo di ricorso incentrato sull'erronea limitazione temporale della neutralizzazione e l'eccezione di illegittimità costituzionale sollevata, sia pure in via subordinata, con la memoria ex art. 378 c.p.c., depongono logicamente in senso opposto alla idoneità della neutralizzazione dell'ultimo quinquennio contributivo a garantire un trattamento pensionistico di vecchiaia più favorevole rispetto a quello di anzianità in godimento.

35. Secondo la giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 13184 del 2007; Cass. n. 886 del 2004), il vizio di violazione di legge deve, per regola generale, essere decisivo, ossia tale da comportare, se sussistente, una decisione diversa, favorevole al ricorrente. E' pertanto necessario che il motivo di ricorso indichi non solo la regola che non va applicata al caso concreto, ma anche quella in concreto applicabile e l'idoneità di quest'ultima a determinare una decisione differente, favorevole all’impugnante; in difetto di tali requisiti, non è possibile apprezzare la decisività della censura e, dunque, l’interesse a proporla.

36. Nel caso di specie, il ricorrente ha censurato come erroneo il principio di diritto applicato dalla Corte d'appello ma non ha specificato se, e in base a quali elementi, la neutralizzazione limitata all'ultimo quinquennio contributivo avrebbe potuto determinare un trattamento pensionistico più favorevole.

37. In ragione di ciò, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

38. Le spese del presente giudizio di legittimità sono regolate in base al criterio di soccombenza e liquidate come in dispositivo.

39. Non sussiste l'obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi dell'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1-quater all'art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, trattandosi di ricorso per cassazione notificato in data anteriore al 30 gennaio 2013.

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 3.000,00 per compensi professionali, in euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.