Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 09 maggio 2017, n. 11396

Accertamento - Riscossione - Cartella di pagamento - Crediti - Versamento - Contributo unificato

 

Rilevato

 

- Che la Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall'art. 380 bis c.p.c. delibera di procedere con motivazione sintetica;

- che M.R. propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Liguria, che aveva accolto l'appello dell'Agenzia delle Entrate contro la decisione della Commissione tributaria provinciale di Genova. Quest'ultima, a sua volta, aveva accolto il ricorso del contribuente avverso una cartella di pagamento per l'anno 2007;

- che, nella decisione impugnata, la CTR ha rilevato che l'Agenzia delle Entrate, titolare del credito, aveva pieno diritto di impugnare la sentenza per essa sfavorevole, ed ha aggiunto che la notifica della cartella al contribuente, cittadino italiano residente all'estero, avrebbe dovuto reputarsi del tutto regolare: da ciò la tardività del ricorso introduttivo, notificato il 5/8/2011 e la conseguente inammissibilità dello stesso, rilevabile d'ufficio;

 

Considerato

 

- che il ricorso è affidato a cinque motivi;

- che, con i primi tre motivi, si ripropone - sotto vari aspetti, tutti ex art. 360 n. 3° c.p.c., - la questione dell’inammissibilità dell'appello. Per un verso, si deduce la violazione dell'art. 329 c.p.c., perché la CTR avrebbe omesso di dichiarare l'inammissibilità del gravame, pur a fronte dell'acquiescenza dell'Agenzia rispetto alla decisione di primo grado. Per altro verso, si invoca la violazione dell'art. 345 c.p.c. e dell'art. 57 D.L. n. 546/1992, giacché la stessa Agenzia, in primo grado, aveva chiesto la declaratoria di difetto di legittimazione passiva, rispetto alla domanda del contribuente di annullamento della cartella di pagamento, mentre in appello aveva proposto la domanda nuova di accertamento dell’inammissibilità del ricorso introduttivo. Da ultimo, si sostiene la violazione dell'art. 324 c.p.c. per avere la CTR omesso di dichiarare il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado, in conseguenza del mancato tempestivo appello da parte dell'Agente della riscossione;

- che, con il quarto motivo, il ricorrente afferma la violazione del combinato disposto degli artt. 25 e 26 DPR n. 602/1973 e 160 c.p.c., in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c., giacché la CTR non avrebbe rilevato l'inesistenza o la nullità della notifica della cartella di pagamento e la sopravvenuta decadenza dell'amministrazione finanziaria dal diritto di riscuotere le somme riportate;

- che l'ultimo motivo attiene alla violazione dell'art. 36 ter D.P.R. n. 600/1973 e 6 comma 5° legge n. 212/2000, in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c.: la CTR avrebbe omesso di rilevare e dichiarare la nullità assoluta e insanabile della cartella di pagamento de qua, perché non preceduta dalla notifica dell'avviso bonario e/o dalla comunicazione degli esiti del controllo formale;

- che sia l'Agenzia delle Entrate che Equitalia Nord s.p.a. hanno depositato controricorso;

- che il primo motivo è infondato, non essendovi dubbi sul fatto che l'Agenzia delle Entrate possa impugnare una decisione concernente il credito posto in riscossione (Sez. 5, n. 9762 del 07/05/2014), e ciò ancorché abbia impostato differentemente la propria difesa; che il secondo motivo è infondato, poiché l'inammissibilità del ricorso introduttivo per tardività è rilevabile d'ufficio, in ogni stato e grado del giudizio (Sez. 5, n. 7410 del 31/03/2011); che, a proposito della memoria ex art. 380 bis c.p.c., va doverosamente precisato che ove proposta, dopo la pronuncia della sentenza impugnata, la certificazione attestante la pendenza del procedimento di falso non può essere depositata, quale documento nuovo, in sede di ricorso per cassazione, con conseguente inapplicabilità dell'istituto della sospensione necessaria, di cui all'art. 295 cod. proc. civ., con riferimento al giudizio di legittimità (Sez. 3, n. 22517 del 23/10/2014); che il terzo motivo è parimenti infondato, non tenendo conto dell'autonomia degli interessi (e delle posizioni) dell'Agenzia delle Entrate da un lato e di Equitalia Nord dall'altro; che il quarto motivo è inammissibile, giacché propone una questione non sollevata nei precedenti gradi (Sez. 6 - 1, n. 17041 del 09/07/2013);

- che il quinto motivo resta assorbito, stante la ritenuta tardività del ricorso introduttivo;

- che al rigetto del ricorso segue la condanna del Rossi alla rifusione delle spese processuali in favore delle controricorrenti, nella misura indicata in dispositivo; che, ai sensi dall'art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall'art. 1, comma 17 della I. n. 228 del 2012, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in favore dell'Agenzia delle Entrate in euro 3.000, oltre spese prenotate a debito, ed in favore di Equitalia Nord in euro 3.000, oltre alle spese forfettarie in misura del 15%.

Ai sensi dall'art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall'art. 1, comma 17 della I. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.