Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 09 maggio 2018, n. 11140

Tributi - IVA - Limitazioni alla detrazione ex art. 19-bis.1, del DPR n. 633/72 - Spese per autoveicoli, manutenzione e carburante - Contrasto con la direttiva n. 77/388/CEE - Inerenza e funzionalità delle spese - Rimborso dell’IVA non detratta - Istanze presentate prima dell'entrata in vigore del D.L. n. 258 del 2006 - Rimborso integrale

 

Rilevato che

 

1. con sentenza n. 138/07/10 del 17/09/2010 la CTR della Lombardia respingeva l'appello proposto dalla Agenzia delle Entrate avverso la sentenza n. 452/36/09 della CTP di Milano, che aveva accolto il ricorso della M.S. - M. T. S.p.a. (d'ora in poi solo M. S.p.a.) avverso il silenzio rifiuto in ordine ad una istanza di rimborso IVA relativa all'anno d'imposta 2004;

1.1. come si evince dalla sentenza della CTR: a) la domanda di rimborso riguardava l'acquisto ed il noleggio di autovetture, spese di manutenzione e di carburante, non essendo più di ostacolo la disposizione dell'art. 19 bis.1, primo comma, lett. c) e d), del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, contrastante con la direttiva n. 77/388/CEE del 17 maggio 1977 (cd. sesta direttiva); b) la CTP accoglieva il ricorso della società contribuente; c) la sentenza della CTP era impugnata dalla Agenzia delle entrate;

1.2. su queste premesse, la CTR motivava il rigetto dell'appello, per quanto ancora interessa in questa sede, evidenziando che: a) con riferimento all'inerenza, «il concetto fondante di tale inerenza è nella destinazione all'impresa e nella funzionalità della medesima, destinazione e funzionalità comprovate dalla contabilità, non contestata e che, pertanto, costituisce riscontro oggettivo per l'imputazione all'impresa delle varie attività e dell'inerenza dei beni e dei servizi acquistati per il suo funzionamento»; b) del resto, «in punto di fatto basta il dato oggettivo che nella specie si tratta di società che gestisce autostrade in cui gli automezzi e la manutenzione e i servizi connessi sono funzionalmente destinati all'attività sociale, né è configurabile una loro parziale o diversa destinazione che escluda la detrazione al 100%»; c) mancava poi l'interesse alla proposizione di una domanda di indebito arricchimento per il rischio di sottrazione di materia imponibile a fini IRPEF ed IRAP, non essendovi stato alcun rimborso del credito d'imposta di cui si discute;

2. l'Agenzia delle entrate impugnava la sentenza della CTR con tempestivo ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi;

3. la M. s.p.a. resisteva con controricorso.

 

Considerato che

 

1. vanno prima di tutto esaminate le eccezioni pregiudiziali proposte da parte controricorrente e concernenti l'inammissibilità del ricorso;

1.1. con una prima eccezione la M. s.p.a. evidenzia che il ricorso è inidoneo a superare il "filtro" per l'accesso in Cassazione di cui all'art. 360 bis cod. proc. civ., essendo state le questioni sottoposte all'esame della CTR risolte in senso conforme all'orientamento consolidato della S.C. e non sussistendo valide ragioni per discostarsi da tale orientamento;

1.2. a parte il fatto che la controricorrente non indica quali siano i precedenti di questa Corte che vanno a costituire tale orientamento conforme, basterà evidenziare in questa sede (sul punto si ritornerà allorquando si esamineranno i singoli motivi di ricorso) che le questioni decise dalla CTR non sono conformi con l'orientamento inaugurato da Cass. n. 8373 del 24/04/2015 e, quindi, l'eccezione di inammissibilità è infondata;

1.3. la seconda eccezione di inammissibilità riguarda la violazione della natura e dei limiti del giudizio di cassazione, in quanto i motivi di ricorso sarebbero volti ad ottenere una nuova e diversa valutazione degli elementi di fatto;

1.4. la terza eccezione di inammissibilità concerne ancora una volta i motivi di ricorso, che sarebbero carenti dei necessari requisiti di specificità;

1.5. le due eccezioni, riguardando i singoli motivi di ricorso e, come tali, saranno esaminate unitamente ai medesimi motivi;

1. con il primo motivo di ricorso l'Agenzia delle entrate deduce motivazione insufficiente su fatto decisivo della controversia, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., evidenziando che la CTR ha affermato apoditticamente che tutti gli acquisti la cui IVA è chiesta a rimborso siano integralmente rispondenti a finalità d'impresa di controparte;

2. il motivo, sufficientemente specifico a differenza di quanto genericamente argomentato da parte controricorrente, è, peraltro, inammissibile;

2.1. è noto che «la motivazione omessa o insufficiente è configurabile soltanto qualora dal ragionamento del giudice di merito, come risultante dalla sentenza impugnata, emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione, ovvero quando sia evincibile l'obiettiva carenza, nel complesso della medesima sentenza, del procedimento logico che lo ha indotto, sulla base degli elementi acquisiti, al suo convincimento, ma non già quando, invece, vi sia difformità rispetto alle attese ed alle deduzioni della parte ricorrente sul valore e sul significato dal primo attribuiti agli elementi delibati, risolvendosi, altrimenti, il motivo di ricorso in un'inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento di quest'ultimo tesa all'ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini de/giudizio di cassazione» (Cass. S.U. n. 24148 del 25/10/2013);

2.2. nel caso di specie, la CTR ha dato conto, sebbene con motivazione succinta, di avere esaminato la documentazione prodotta in giudizio e la contabilità di controparte, non oggetto di contestazione da parte dell'Ufficio, giungendo a conclusioni che non sono illogiche, sicché la pretesa dell'Agenzia delle entrate di porre in discussione l'accertamento di fatto compiuto dal giudice di merito senza indicare gli specifici elementi, trascurati dalla CTR, dai quali potesse evincersi la debolezza del ragionamento del giudice del merito, si rivela inammissibile;

3. con il secondo motivo di ricorso l'Agenzia delle entrate denuncia la nullità della sentenza impugnata per inosservanza dell'art. 112 cod. proc. civ. e dell'art. 7 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, verosimilmente in relazione all'art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., non avendo la CTR deciso sulla domanda dell'Erario volta ad ottenere l'applicazione dell'art. 1 del d.l. n. 258 del 2006 e, pertanto, di determinare l'importo del rimborso IVA spettante al contribuente sottraendo dallo stesso l'ammontare dell'IRES e dell'IRAP non versata per aver considerato erroneamente VIVA predetta quale voce di costo, occupandosi invece della diversa questione dell'arricchimento senza causa per mancato pagamento da parte del contribuente di IRPEG e IRAP;

4. con il terzo motivo di ricorso si deduce la violazione e la falsa applicazione dell'art. 1 del d.l. n. 258 del 2006 e dell'art. 100 cod. proc. civ., in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., evidenziando che la CTR ha errato a concedere il rimborso dell'IVA ritenuta detraibile senza sottrarre l'importo dell'IRES e dell'IRAP non pagate in ragione della considerazione, da parte della società contribuente, di quell'IVA come costo, erroneamente ritenendo che l'Amministrazione finanziaria fosse priva di interesse;

5. i due motivi, tra di loro strettamente connessi, possono essere esaminati unitariamente e sono infondati;

5.1. va prima di tutto evidenziato che la CTR, pur travisando l'oggetto e la natura della domanda proposta dall'Ufficio, fa riferimento al «rischio di sottrazione di materia imponibile ai fini IRPEF ed IRAP, che concretizzerebbe un ingiustificato arricchimento della contribuente ai danni dell'Erario», sicché non può propriamente parlarsi di omessa pronuncia,  come sostenuto con il secondo motivo dall'Agenzia delle entrate;

5.2. piuttosto v'è da dire che il dispositivo di rigetto della domanda dell'Amministrazione finanziaria appare conforme a diritto, dovendosi, peraltro, correggere la motivazione adottata ai sensi dell'art. 384, quarto comma, cod. proc. civ.;

5.3. l'istanza di rimborso della società contribuente è stata presentata in data 25/01/2006 e il silenzio rifiuto avverso la stessa, formatosi dopo novanta giorni, nonché il ricorso per impugnazione avverso tale atto sono tutti antecedenti sia alla sentenza della Corte di giustizia 14 settembre 2006, causa C-228/05, Stradasfalti s.r.I., con cui i giudici comunitari hanno dichiarato il contrasto con l'art. 17, n. 7, della direttiva n. 77/338/CEE del 17 maggio 1977 (sesta direttiva) delle disposizioni di cui all'art. 19 bis.1, primo comma, lett. c) e d), del d.P.R. n. 633 del 1972, che prevedono l'indetraibilità totale dell'IVA afferente l'acquisto e l'importazione dei mezzi di trasporto considerati "autoveicoli", nonché VIVA sulle relative spese di impiego, manutenzione e riparazione, compresi i carburanti e lubrificanti, sia alla entrata in vigore del d.l. n. 258 del 2006, con il quale il legislatore nazionale, per non incorrere nelle più severe sanzioni previste per l'inosservanza degli obblighi nascenti dalla sua appartenenza alla UE, si è immediatamente affrettato a dare attuazione al comandamento ivi contenuto (trattasi di circostanza riportata nella sentenza della CTR, laddove si afferma che la ricorrente ha effettuato la costituzione in giudizio due giorni prima dell'emanazione del menzionato decreto);

5.4. orbene, è pacifico in giurisprudenza che il d.l. n. 258 del 2006, con riferimento alle annualità di imposta cui lo stesso fa riferimento, si applica anche ai giudizi pendenti alla sua entrata in vigore laddove esso è diretto a considerare, per gli acquisti effettuati dall’1. gennaio 2003 al 13 settembre 2006, in ogni caso ampliati i termini di decadenza per la presentazione dell'istanza (Cass. n. 4150 del 21/02/2018, in motivazione; Cass. n. 8373 del 24/04/2015), ma «non può trovare applicazione con riferimento alle formalità prescritte per l'ammissibilità della domanda già presentata» (Cass. n. 26199 del 12/12/2014; cfr. anche Cass. n. 7229 del 10/04/2015); ne consegue che le formalità previste dall'art. 1 del d.l. n. 258 del 2006 non possono essere richieste per le istanze presentate in epoca antecedente all'entrata in vigore del menzionato decreto, laddove si pone al limite un'esigenza di completamento istruttorio (cfr. Cass. n. 7229 del 2015, cit.; Cass. n. 16726 del 09/08/2016);

5.5. la citata disposizione così recita: i soggetti che hanno effettuato «(...) acquisti ed importazioni di beni e servizi indicati nell'articolo 19-bis1, comma 1, lettere c) e d), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, presentano in via telematica entro il 15 aprile 2007 apposita istanza di rimborso, utilizzando uno specifico modello, da approvarsi entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale. Con il medesimo provvedimento sono individuati i dati e i documenti che devono essere indicati o predisposti a fondamento dell'istanza di rimborso.

Al fine di evitare ingiustificati arricchimenti, i dati hanno ad oggetto anche gli altri tributi rilevanti ai fini della complessiva determinazione delle somme effettivamente spettanti. (...)»;

5.6. è chiaro che i dati relativi agli altri tributi relativi alla complessiva determinazione delle somme effettivamente spettanti fanno parte del corredo dell'istanza da presentarsi in via telematica ai sensi dell'art. 1 d.l. n. 258 del 2006 e non possono, dunque, costituire anche il corredo di un'istanza di rimborso presentata antecedentemente alla sua entrata in vigore;

5.7. la disposizione richiamata dall'Agenzia delle entrate non trova, dunque, applicazione all'istanza di rimborso oggetto della presente controversia e, conseguentemente, deve ritenersi che il rimborso deve essere effettuato senza decurtazione dei costi considerati a fini IRES ed IRAP che, se effettivamente dedotti, dovranno essere oggetto di differente accertamento (conf. Cass. 8626 del 29/04/2015);

5.8. l'interpretazione testuale trova conforto nei principi ricavabili dalla giurisprudenza unionale; invero, com'è stato bene evidenziato da Cass. n. 16726 del 2016, cit., va fatta «applicazione del principio stabilito dalla Corte di giustizia (con sentenza 16 maggio 2013, causa C191/12, Alakor; nella giurisprudenza interna, Cass. 15 novembre 2013, n. 25668), secondo il quale il diritto di ottenere il rimborso delle imposte riscosse da uno Stato membro in violazione di norme del diritto dell'Unione costituisce la conseguenza e il complemento dei diritti attribuiti agli amministrati dalle disposizioni del diritto dell'Unione, nell'interpretazione loro data dalla Corte. Gli Stati membri sono quindi tenuti, in linea di principio, a rimborsare i tributi riscossi in violazione del diritto dell'Unione (v., in particolare, sentenza del 19 luglio 2012, Littlewoods Petali e a., C- 591/10, punto 24 e giurisprudenza ivi citata). Di conseguenza, ha statuito la Corte, in linea di principio lo Stato membro deve rimborsare integralmente l'IVA che il soggetto passivo non ha potuto detrarre in violazione del diritto dell'Unione. Ciò in quanto il diritto alla ripetizione dell'indebito è inteso a rimediare alle conseguenze dell'incompatibilità dell'imposta con il diritto dell'Unione, neutralizzando l'onere economico che ha indebitamente gravato l'operatore che, in definitiva, lo ha effettivamente sopportato (sentenza del 20 ottobre 2011, Danfoss e Sauer- Danfoss, C-94/10, Racc. pag. 1-9963, punto 23)» (conf. Cass. n. 5855 del 24/03/2016);

5.9. va, dunque, affermato il seguente principio di diritto: «Alle istanze di rimborso dell'IVA per le quali l'art. 19 bis.1, primo comma, lett. c) e d), del d.P.R. n. 633 del 1972 non prevedeva la detrazione integrale dell'imposta, in violazione della direttiva n. 77/388/CEE del 17 maggio 1977 (sesta direttiva), presentate in data antecedente all'entrata in vigore del d.l. n. 258 del 2006, conv. con modif. nella I. n. 278 del 2006, non trova applicazione l'art. 1 del menzionato decreto, con la conseguenza che il rimborso dell'IVA, anche in applicazione dei principi ricavabili dalla giurisprudenza della Corte di giustizia della UE, deve essere integrale, senza decurtazione dei costi considerati a fini IRES ed IRAP»;

6. con il quarto motivo di ricorso (erroneamente rubricato come terzo) si deduce omessa o insufficiente motivazione su fatto decisivo della controversia, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., in quanto la CTR non avrebbe spiegato perché ha interpretato il motivo di appello dell'Ufficio nel senso della prospettazione della mera possibilità di ingiustificato arricchimento ai suoi danni in relazione alla possibile sottrazione di materia imponibile, anziché nel senso di una violazione dell'art. 1 del d.l. n. 258 del 2006;

7. il motivo resta assorbito in ragione delle considerazioni in diritto che hanno condotto al rigetto del motivo precedente;

8. in conclusione il ricorso va rigettato e l'Agenzia delle entrate va condannata, in favore della controricorrente, alle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo avuto conto di un valore della lite dichiarato di euro 157.777,95.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese di lite, che liquida in euro 5.600,00, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15% e agli accessori di legge.