Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 24 gennaio 2018, n. 1742

Tributi - Imposta di registro - Accertamento - Notificazioni - Tentata notifica per irreperibilità all’indirizzo comunicato all’amministrazione - Notifica nella casa comunale - Validità

 

Rilevato che

 

Agenzia Entrate ha proposto ricorso, sulla scorta di un unico motivo, per la cassazione della sentenza con cui la Commissione Tributaria Regionale di Firenze, confermando la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Firenze, ha rigettato l'appello proposto da Agenzia Entrate, annullando l'atto impositivo costituito da cartella di pagamento e avviso di liquidazione per imposta di registro;

Resiste S.D. SRL in liquidazione con controricorso;

 

Considerato che

 

Il ricorso censura la sentenza sotto il profilo della violazione di legge (artt. 60, comma 1, lett. c) e lett. e), d.p.r. n. 600 del 1973, 145, comma 3, cod. proc. civ.) - per essere stata ritenuta nulla la notificazione dell'avviso di liquidazione effettuata nella casa comunale, ai sensi degli artt. 60, comma 1, lett. e), d.p.r. n. 600 del 1973, e 140 cod. proc. civ., essendo la società risultata sconosciuta al domicilio fiscale comunicato all'ufficio sito in Roma, Piazza (...) e non essendo stato neppure reperito il rappresentante legale, non essendo tenuto il notificatore a compiere altre attività di ricerca;

Il ricorso è fondato, non essendo controverso che, alla data della notificazione, il domicilio fiscale ritualmente comunicato all'amministrazione coincidesse con quello ove è stata tentata la notifica, emergendo che, in seguito, l'indicato domicilio è stato variato in un civico attiguo. Infatti, il costante giurisprudenza di legittimità, secondo il quale «la notificazione degli avvisi e degli atti tributari impositivi, nel sistema delineato dall'art. 60 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, va effettuata secondo il rito previsto dall'art. 140 cod. proc. civ. quando siano conosciuti la residenza e l'indirizzo del destinatario, ma non si sia potuto eseguire la consegna perché questi (o ogni altro possibile consegnatario) non è stato rinvenuto in detto indirizzo, per essere ivi temporaneamente irreperibile, mentre va effettuata secondo la disciplina di cui all'art. 60 cit., lett. e), quando il messo notificatore non reperisca il contribuente perché risulta trasferito in luogo sconosciuto, accertamento, questo, cui il messo deve pervenire dopo aver effettuato ricerche nel comune dov'è situato il domicilio fiscale del contribuente, per verificare che il suddetto trasferimento non si sia risolto in un mero mutamento di indirizzo nell'ambito dello stesso comune» (Sez. 5, Sentenza n. 14030 del 27/06/2011 Rv. 618528 - 01), deve essere combinato con il principio di affidamento che deriva dall'indicazione del domicilio fiscale effettuata dal contribuente; alla stregua di tale condiviso principio «in tema di accertamento delle imposte dei redditi, in caso di originaria difformità tra la residenza anagrafica e quella indicata nella dichiarazione dei redditi, è valida la notificazione dell'avviso perfezionatasi presso quest'ultimo indirizzo, atteso che l'indicazione del comune di domicilio fiscale e dell'indirizzo, da parte del contribuente, ai sensi dell'art. 58, comma 4, d.P.R. n. 600 del 1973, va effettuata in buona fede e nel rispetto del principio di affidamento» (Sez. 6-5, Sentenza n. 15258 del 21/07/2015 (Rv. 636118 - 01; Sez. 5 -, Sentenza n. 25680 del 14/12/2016 Rv. 641942 - 01). A ben guardare, in effetti, il disposto del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, comma 3, (alla cui stregua le variazioni e modificazioni di indirizzo risultanti dai registri anagrafici "hanno effetto" ai fini delle notifiche degli atti dell'Amministrazione finanziaria, ancorché soltanto del trentesimo giorno successivo alla variazione anagrafica) non autorizza la conclusione che - dovendo in ogni caso l'Ufficio, prima di notificare un atto al contribuente, controllare, mediante una verifica sui registri anagrafici, l'attualità dell'indicazione della residenza contenuta nella dichiarazione dei redditi - detta indicazione sia priva di effetti ai fini della notifica degli atti dell'Amministrazione finanziaria. Tale interpretazione renderebbe del tutto priva di scopo l'indicazione della residenza nella dichiarazione dei redditi, prescritta nel D.P.R. n. 600 del 1973, art. 58, comma 4, e urterebbe contro il consolidato indirizzo di questa Corte secondo cui l'indicazione, nella dichiarazione dei redditi, della propria residenza (o di un proprio domicilio in un indirizzo diverso da quello di residenza, ma nell'ambito del medesimo comune ove il contribuente è fiscalmente domiciliato) va effettuata in buona fede, nel rispetto del principio dell'affidamento che deve informare la condotta di entrambi i soggetti del rapporto tributario (vedi Cass. nn. 5358/06, 11170/13, 26715/13, nella quale ultima si legge: "ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 58, al dovere del contribuente di dichiarare un determinato domicilio o sede fiscale ed un determinato rappresentante legale, non corrisponde l'obbligo dell'Amministrazione finanziaria di verificare e controllare l'attualità e l'esattezza del domicilio eletto"). Sulla scorta di tali considerazioni deve allora affermarsi che altro è il caso di un cambio di residenza e altro è il caso di una originaria difformità tra la residenza anagrafica e quella indicata nella dichiarazione dei redditi; in quest'ultimo caso, infatti, la notificazione che si sia perfezionata presso l'indirizzo indicato nella dichiarazione dei redditi (anche quando, come nella specie, il perfezionamento della notifica avvenga tramite il meccanismo della compiuta giacenza dell'atto in casa comunale) deve considerarsi valida, nonostante che tale indicazione sia difforme (non importa se per da errore o per malizia) rispetto alle risultanze anagrafiche;

deve poi giudicarsi inconsistente l'argomentazione sviluppata nel controricorso secondo la quale il ricorso dedurrebbe in modo inammissibile un vizio ex art. 360, comma primo, n. 5, cod. proc. civ., posto che si tratta, in realtà, di un vizio attinente alla violazione della legge processuale della quale la Corte di legittimità è anche giudice del fatto;

l'accoglimento del ricorso implica l'assorbimento della domanda sulle spese, dovendo il giudice di rinvio procedere ad una nuova regolazione delle spese giudiziali in relazione all'esito finale della controversia;

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza, rinvia alla Commissione Tributaria Regionale di Firenze, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.