Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 13 dicembre 2016, n. 25582

Tributi - Irpef - Accertamento maggior reddito

 

Fatto e diritto

 

Costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c., osserva quanto segue:

Il contribuente G.V. ricorre nei confronti dell’Agenzia delle entrate, che resiste con controricorso, per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Basilicata - n. 19313/15, depositata il 6 febbraio 2015, con la quale, in riforma della pronuncia di primo grado, è stato respinto il ricorso avverso l’avviso di accertamento, ex artt. 32 e 39 Dpr 600/73, con il quale era stata accertato un maggior reddito ai fini Irpef in capo al contribuente per l’anno 2006.

La CTR, in particolare, esclusa l’applicabilità al caso di specie della disposizione di cui all’art. 12 comma 7 L. 212/00, in quanto l’accertamento era fondato sulla ricostruzione dei movimenti finanziari effettuati dal contribuente, respingeva altresì l’eccezione relativa alla mancata allegazione o mancanza dell’autorizzazione alle indagini bancarie del direttore centrale, e riteneva che nel merito i rilievi del contribuente dovevano ritenersi inidonee a superare gli elementi presuntivi allegati dall’ufficio.

Il contribuente ha depositato memoria illustrativa.

Con il primo motivo di ricorso il contribuente censura la statuizione della sentenza impugnata che ha escluso l’applicabilità al caso di specie della disposizione dell’art. 12 comma 7 L. 212/00, deducendo la violazione della disposizione suddetta, nonché degli artt. 3 e 21 L. 241/1990 nonché degli artt. 32 e 42 Dpr 600/73.

Il motivo è destituito di fondamento.

Ed invero, come le Ss.Uu. di questa Corte hanno chiarito, in materia di Imposte dirette ed Irap va escluso che sia configurabile un obbligo generalizzato di instaurazione del contraddittorio per tutti gli accertamenti tributari, al di fuori dei casi specificamente previsti dalla legge, sicché esso sussiste solo per le ipotesi in cui risulti specificamente sancito. (Cass. Ss.Uu.24823/2015)

Di conseguenza, le garanzie di cui all’art. 12 comma 7 L. 212/00, consistenti nell’instaurazione di un contraddittorio anticipato con il contribuente e nel rispetto del termine dilatorio di 60 gg. per l’emissione dell’avviso di accertamento, operano esclusivamente nelle ipotesi di accertamenti emessi a seguito di accessi, ispezioni e verifiche fiscali eseguite nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali, non venendo in rilievo nel caso di attività di verifica e controllo effettuate, come nel caso di specie, senza accesso nella sede o nei locali dell’impresa e sulla base della documentazione prodotta dallo stesso contribuente all’esito di questionario inviato dall’ufficio.

Con il secondo motivo si denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 7 e 3 L. 241/1990, dell’art. 7 L. 212/00 in relazione all’art. 360 n.3), censurando la statuizione della CTR che ha escluso la nullità dell’avviso di accertamento per mancata allegazione dell’autorizzazione alle indagini finanziarie.

Il motivo è infondato.

Ed invero, secondo il consolidato indirizzo di questa Corte, affinchè l’erario possa utilizzare il risultato di accertamenti bancari effettuati nei confronti del contribuente, è necessario che tali accertamenti siano stati debitamente autorizzati, ma non anche che il provvedimento di autorizzazione venga esibito al contribuente, potendo l'illegittimità essere dichiarata soltanto nel caso in cui dette movimentazioni siano state acquisite in materiale mancanza dell’autorizzazione e sempre che tale mancanza abbia determinato un concreto pregiudizio per il contribuente (Cass. 16874/2009, 20420/2014, 10675/2010).

Con il terzo motivo di ricorso il contribuente denunzia la violazione dell’art. 112 in relazione all’art. 360 n.4) cpc, deducendo che i diversi motivi di impugnazione dell’avviso di accertamento, contenuti nel ricorso di primo grado e riproposti nell’atto di controdeduzioni erano rimasti inevasi.

La censura è inammissibile per genericità, atteso che il ricorrente si è limitato a riprodurre integralmente i motivi di impugnazione contenuti nel ricorso di primo grado e nell’atto di controdeduzioni, senza specificare ed individuare esattamente su quali domande o eccezioni la CTR avrebbe omesso di pronunciare, non risultando formulata una chiara sintesi dei punti rilevanti per la definizione della omessa pronuncia lamentata (Cass. Ss.Uu. 19255/2010).

Anche nel merito, inoltre la censura è infondata.

Questa Corte ha infatti escluso la configurabilità dell’omessa pronuncia quando, nonostante la mancanza di una specifica , espressa statuizione su una tesi difensiva o un’eccezione, la decisione adottata dal giudice risulti in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte e ne abbia comportato il suo rigetto o assorbimento, ovvero, come nel caso di specie, il rigetto di una domanda sia implicito nella costruzione logico-giuridica con la quale venga accolta una tesi incompatibile con la relativa eccezione (Cass. 15882/2007).

Il giudice non è infatti tenuto ad occuparsi singolarmente di ogni allegazione e prospettazione delle parti, risultando necessario e sufficiente, in base all’art. 132 n.4) cpc, che esponga, in base all’art. 132 n.4) cpc, in maniera succinta gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della decisione, dovendo ritenersi per implicito disattesi tutti gli argomenti e le tesi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e l’iter argomentativo seguito (Cass. n. 407/06).

Nel caso di specie la CTR ha specificamente affermato la legittimità e ritualità dell’ accertamento ex artt. 32 e 38 Dpr 600/73 dell’Ufficio, affermando che le prospettazioni del contribuente non erano state adeguatamente dimostrate, ed erano pertanto inidonee a superare l’efficacia presuntiva derivante dalle risultanze delle movimentazioni bancarie ex art. 32 Dpr 600/73, così disattendendo i motivi di impugnazione proposti dal contribuente medesimo.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso.

Condanna il contribuente alla refusione delle spese del presente giudizio, che liquida in 5.600,00 euro per compensi, oltre a rimborso spese prenotate a debito.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater Dpr 115/2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale.