Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 03 novembre 2016, n. 22284

Concordato fallimentare - Opposizione allo stato passivo - Obblighi di assuntore

 

Svolgimento del processo

 

Il curatore del fallimento F. s.p.a., in concordato fallimentare, impugna il decreto del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere del 30 novembre 2009, che ne respinse l'opposizione allo stato passivo del fallimento della E.P. s.r.l., dal quale era stato escluso il credito vantato per l'inadempimento della detta società agli obblighi di assuntore del concordato fallimentare della F..

Secondo il tribunale, una volta omologato il concordato fallimentare, la legittimazione ad agire per l'adempimento delle obbligazioni assunte da terzi in sede concordataria spetta esclusivamente ai creditori già ammessi al passivo, difettando un potere di iniziativa del curatore del fallimento.

Il ricorso è affidato ad un unico motivo, cui resiste con controricorso la curatela del fallimento della E.P. s.r.l., che ha avanzato altresì ricorso incidentale.

 

Motivi della decisione

 

1. - Con l'unico motivo il ricorrente denuncia la violazione dell'art. 136 l. fall., in quanto anche dopo la chiusura del fallimento a seguito dell'omologa del concordato fallimentare, il curatore mantiene la legittimazione ad agire in tutte le azioni relative al patrimonio fallimentare.

2. - Il motivo è infondato.

Com'è noto, ai sensi dell'art. 136 l.fall., una volta omologato il concordato fallimentare, al curatore spetta esclusivamente - di concerto con gli altri organi della procedura - di sorvegliarne l'adempimento, essendo peraltro prevista espressamente oggi, con la novella introdotta dal d.lgs. n. 5 del 2006, anche la necessità, dopo l'approvazione del rendiconto finale del curatore, di un formale provvedimento di chiusura del fallimento (art. 130, comma secondo, l. fall.), con conseguente "decadenza" degli organi del fallimento (art. 120, comma primo, l. fall.).

Ora, secondo l'orientamento di questa Corte espresso con riguardo al fallimento riaperto in seguito alla risoluzione di un concordato fallimentare per inadempimento agli obblighi assunti con la proposta di concordato, la legittimazione ad agire in giudizio, per far valere la garanzia prestata da un terzo per l'esecuzione del concordato poi risolto, non spetta al curatore del fallimento, bensì ai singoli creditori ammessi al passivo prima del concordato, atteso che sono questi ultimi a conservare, nel caso di riapertura del fallimento, ai sensi dell'art. 140, terzo comma, l. fall., il diritto di garanzia verso il terzo, nonostante la risoluzione del concordato; e che non ricorre, in mancanza di una espressa previsione normativa, una ipotesi di sostituzione processuale ai sensi dell'art. 81 c.p.c. (Cass. 28 novembre 2002, n. 16878; Cass. 19 febbraio 1964, n. 372; Cass. 30 settembre 1954, n. 3173).

2.1 - Va soggiunto che la garanzia prestata dal terzo assuntore del concordato, benché corrisponda anche all'interesse del debitore che formula la proposta di concordato cui essa serve da supporto, è ovviamente prestata a beneficio esclusivo dei creditori. La titolarità attiva del rapporto di garanzia non è dunque certamente in capo al fallito; e tanto basta a escludere che la pretesa legittimazione del curatore a escuterla possa trovare fondamento nella previsione dell'art. 43 l.fall., giacché tale norma attribuisce al curatore la legittimazione a far valere in giudizio i diritti esistenti nel patrimonio del fallito, ma non quelli facenti capo a terzi.

La legittimazione del curatore non troverebbe un appiglio sufficiente neppure nella sua naturale funzione di tutore dell'interesse dei creditori tutti e nella conseguente titolarità delle cosiddette azioni di massa. Non è consentito invero sostenere l'esistenza di un generale potere-dovere del curatore di sostituirsi ai creditori del fallito nell'esercizio di azioni corrispondenti a diritti di cui essi siano titolari, quando non si tratti di azioni volte alla ricostruzione del patrimonio del fallito o quando una siffatta legittimazione non sia stata espressamente prevista dal legislatore, come ad esempio accade nel caso dell'azione di responsabilità spettante ai creditori sociali contro gli amministratori della società fallita, che gli artt. 2394 e 2394-bis c.c. esplicitamente legittimano il curatore ad esperire (conforme, Cass. s.u. 18 maggio 2009, n. 11396).

2.2- Nella vicenda in esame, allora, non solo il concordato fallimentare non risulta essere stato risolto, con conseguente riapertura del fallimento e riviviscenza degli organi fallimentari, ma anche a ritenere per ipotesi il curatore nel pieno dei suoi poteri, resta escluso, per le ragioni anzidette, che egli fosse legittimato ad agire in giudizio per fare valere le garanzie prestate dal terzo assuntore in favore dei creditori concorrenti.

3. - In definitiva il ricorso principale deve essere respinto, mentre resta assorbito, per carenza di interesse, il ricorso incidentale proposto dal fallimento della E.P. s.r.l., teso ad ottenere la dichiarazione di inammissibilità dell'opposizione allo stato passivo proposta.

Le spese seguono la soccombenza.

 

P.Q.M.

 

Respinge il ricorso principale e dichiara assorbito quello incidentale.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore del controricorrente, liquidate in € 7.200, oltre accessori.