Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 13 marzo 2017, n. 6405

Lavoratori assunti con contratto a progetto - Accertamento rapporti subordinati - Evasione contributiva - Occultamento rapporti di lavoro - Assoluta mancanza di elementi documentali consentano l'accertamento

 

Svolgimento del processo

 

1. - La Corte d'appello di Brescia, con sentenza del 18 gennaio 2011, accoglieva l'appello proposto dall’Inps e, in via incidentale dall'Inail, contro la sentenza del Tribunale di Cremona, e per l'effetto rigettava le opposizioni proposte dalla G. s.r.l. contro le cartelle di pagamento di contributi e premi evasi relativamente a tre lavoratori assunti con contratti a progetto ma in realtà subordinati.

2. La Corte, premesso che l'impugnazione riguardava solo il calcolo delle sanzioni - avendo il tribunale accertato la natura subordinata dei rapporti di lavoro, senza che sul punto fosse stata proposta impugnazione, e ricalcolato le sanzioni ritenendo configurabile solo la meno grave ipotesi dell'omissione -, riteneva che, nella specie, ricorresse un'ipotesi di evasione contributiva essendo stata la costituzione di un fittizio contratto di lavoro a progetto funzionale al versamento di contributi e premi in forma ridotta.

3. Contro la sentenza la società propone ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo, cui resistono gli enti con controricorsi. La ricorrente e l'Inail depositano memorie.

 

Motivi della decisione

 

1. - Con l'unico motivo di ricorso la società denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 116, comma 8°, n. 388/2000, asserendo che erroneamente la Corte ha ritenuto che i contratti di lavoro a progetto fossero stati preordinati per pagare minori premi e contributi, in mancanza di un qualsivoglia accertamento in tal senso e a fronte della richiesta di iscrizione dei tre lavoratori nella gestione separata, dei versamenti dei relativi contributi e della compilazione da parte di essa ricorrente delle buste paga e dei Cud per i redditi corrisposti.

2. - Il motivo è infondato. Benché non siano mancati contrasti nella giurisprudenza di questa Corte (v. Cass., n. 1230/2011, citata dalla ricorrente, la quale deve tuttavia ritenersi pronuncia isolata), deve ritenersi ormai consolidato il principio secondo il quale, perché ricorra l'ipotesi dell'evasione contributiva, a mente dell'art. 116, comma 8, lett. a) legge n. 388/00, è necessario che vi sia a) occultamento di rapporti di lavoro ovvero di retribuzione erogate; b) tale occultamento sia stato attuato con l'intenzione specifica di non versare i contributi o i premi, ossia con un comportamento volontario finalizzato allo scopo indicato.

3. - Il primo requisito sussiste non solo quando vi sia l'assoluta mancanza di un qualsivoglia elemento documentale che renda possibile l'accertamento della posizione lavorativa o delle retribuzioni, ma anche quando ricorra un'incompleta o non conforme al vero denuncia obbligatoria, attraverso la quale viene celata all'ente previdenziale (e, quindi, occultata) l'effettiva sussistenza dei presupposti fattuali dell'imposizione.

Né a contrario avviso può condurre il rilievo che, in ipotesi di registrazione dei rapporti e delle effettive retribuzioni, l'ente impositore potrebbe venire a conoscenza della situazione effettiva, atteso che tale conoscenza resterebbe, in difetto di una denuncia periodica veritiera, meramente eventuale, collegata cioè ad un altrettanto eventuale accertamento, e non farebbe quindi venir meno, in relazione alla denuncia infedele, l'occultamento dei rapporti o delle retribuzioni (in tal senso, Cass., 27 dicembre 2011, n. 28966).

Come già posto in luce dalla pronuncia delle Sezioni Unite n. 4808/2005, un'interpretazione meno rigorosa del concetto di omissione, esteso a tutte le ipotesi che in qualunque modo abbiano reso possibile all'Ente previdenziale l'accertamento degli inadempimenti contributivi, anche a distanza di tempo, o in ritardo rispetto alle cadenze informative periodiche prescritte dalla legge, aggraverebbe la posizione dell'Istituto, imponendogli un'incessante attività ispettiva, laddove il sistema postula, anche nel suo aspetto contributivo, per la sua funzionalità, una collaborazione spontanea tra i soggetti interessati.

Alla luce di questi principi, emerge evidente l'irrilevanza degli elementi fattuali messi in luce dalla ricorrente, secondo cui i lavoratori erano stati regolarmente denunciati come lavoratori a progetto, che vi era stata richiesta di iscrizione alla gestione separata, che vi erano stati i versamenti contributivi nonché la compilazione di buste paga e dei modelli CUD.

4. - In ordine al secondo requisito, di carattere soggettivo, è agevole rilevare che l'aver qualificato un rapporto di lavoro come di lavoro a progetto, mentre in realtà si trattava di un rapporto di lavoro subordinato, fa presumere l'esistenza di una specifica volontà datoriale di sottrarsi al versamento dei contributi dovuti.

La formulazione della norma (art. 116, comma 8°, lett. b) "in caso di evasione connessa a registrazioni o denunce obbligatorie omesse o non conformi al vero, cioè nel caso in cui il datore di lavoro, con l'intenzione specifica di non versare i contributi o premi, occulta rapporti di lavoro in essere ovvero le retribuzioni erogate..."), attribuisce rilievo all'elemento intenzionale, creando, da un lato, una presunzione iuris tantum della volontà del datore di lavoro di sottrarsi al pagamento dei contributi e, dall'altro, consentendo, anche in ipotesi di denunce omesse o non veritiere, di escludere

l'ipotesi dell’evasione: la suddetta presunzione (proprio perché non assoluta) può essere vinta, con onere probatorio a carico del datore di lavoro inadempiente, attraverso l'allegazione e prova di circostanze dimostrative dell'assenza del fine fraudolento; e il relativo accertamento, tipicamente di merito, resterà, secondo le regole generali, intangile in sede di legittimità ove congruamente motivato (così ancora Cass., 28966/2011, cit.; Cass. n. 10509 del 25/06/2012; Cass. n. 4188 del 20/02/2013; Cass. n. 17119 del 25/08/2015).

9. La Corte territoriale ha con un ragionamento congruo e non adeguatamente censurato dalla ricorrente sotto il profilo del vizio motivazionale, ritenuto che la stipulazione di fittizi contratti di lavoro a progetto è stata preordinata al pagamento dei contributi in forma ridotta. In particolare, la Corte, richiamando la sentenza di primo grado, ha messo in evidenza come i tre rapporti costituivano ordinari rapporti di lavoro "autonomo" (recte: subordinato), in quanto il progetto non possedeva "alcuna delimitazione funzionale rispetto all'attività aziendale e i progetti individuati erano, in realtà, privi del necessario requisito di specificità". Si tratta di un accertamento in fatto, non sindacabile in questa sede in quanto congruo e rispettoso dei principi elaborati in materia da questa Corte. Al riguardo, non può indurre un diverso convincimento, ma anzi in un certo senso conferma le considerazioni su esposte, il precedente di questa Corte n. 1476 del 2015, invocato dalla ricorrente nella memoria ex art. 378 c.p.c., per la peculiarità della fattispecie esaminata in cui si era accertata una erronea qualificazione del rapporto "conseguente ad incertezze sulla sua natura", non emergendo dagli elementi acquisiti al processo "una volontà o il deliberato proposito (della società) di occultare il rapporto di lavoro ".

10. La questione va quindi risolta con l'affermazione del principio di diritto, secondo cui: "In tema di obbligazioni contributive nei confronti delle gestioni previdenziali ed assistenziali, l'accertamento dell'esistenza tra le parti di un contratto di lavoro subordinato in luogo di un lavoro a progetto per la mancanza di uno specifico progetto, benché regolarmente denunciato e registrato, concretizza l'ipotesi di "evasione contributiva" di cui all'art. 116, comma 8, lett. b), della legge n. 388 del 2000 e non la meno grave fattispecie di "omissione contributiva" di cui alla lettera a) della medesima norma, dovendosi ritenere che la stipulazione di un contratto di lavoro a progetto privo dei requisiti prescritti dalla legge implichi occultamento dei rapporti o delle retribuzioni o di entrambi e fa presumere l'esistenza della volontà datoriale di realizzare tale occultamento allo specifico fine di non versare i contributi o i premi dovuti; conseguentemente, grava sul datore di lavoro inadempiente l'onere di provare la mancanza dell'intento fraudolento e, quindi, la sua buona fede, che non può tuttavia reputarsi assolto in ragione della avvenuta corretta annotazione dei dati omessi o infedelmente riportati nelle denunce sui libri di cui è obbligatoria la tenuta; in tale contesto spetta al giudice del merito accertare la sussistenza, ove dedotte, di circostanze fattuali atte a vincere la suddetta presunzione, con valutazione intangibile in sede di legittimità ove congruamente motivata".

Il ricorso deve pertanto essere rigettato e la ricorrente condannata al pagamento delle spese del presente giudizio, in applicazione del principio della soccombenza.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi € 4.200,00, per ciascuno dei controricorrente, di cui € 200 per esborsi, oltre al 15% di spese generali e altri accessori di legge.