Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 10 marzo 2017, n. 6225

Tributi - Omessa presentazione dichiarazione dei redditi - Accertamento induttivo

 

Fatto

 

Al cospetto dell’omessa presentazione della dichiarazione modello unico per il 2001 da parte del contribuente, l’Agenzia delle Entrate ne ha ricostruito induttivamente il volume di affari, il reddito d’impresa ed il valore della produzione, ai fini dell’Iva, delle imposte dirette e dell’Irap. Ne è scaturito un avviso di accertamento, che A.R. ha impugnato, ottenendone l’annullamento in primo grado, laddove il giudice d’appello, accogliendo parzialmente l’appello dell’ufficio, ha annullato le sole sanzioni, considerando, quanto alla pretesa impositiva, che correttamente è stato svolto l’accertamento induttivo e che il contribuente non ha contestato nel merito il quantum accertato. Contro questa sentenza A.R. ha proposto ricorso per ottenerne la cassazione, che ha affidato a tre motivi, illustrati con memoria, cui la sede centrale dell’Agenzia ha replicato con controricorso.

 

Diritto

 

1.- Il Collegio ha autorizzato la redazione della motivazione in forma semplificata.

2- Il primo motivo di ricorso, col quale si lamenta la violazione dell’art. 39 del d.P.R. n. 600/73, là dove il giudice d’appello non ha considerato che nel caso in esame mancava ogni circostanza rivelatrice di inesattezze, falsità ed omissioni, anche in assenza di qualsivoglia iniziativa dell’Ufficio funzionale al contraddittorio preventivo, è inammissibile perché non decisivo. Ciò in quanto la stessa norma invocata consente l’accertamento induttivo in caso di omessa presentazione della dichiarazione annuale, di guisa che la corrispondente statuizione della sentenza impugnata è conforme a legge.

3. - Infondato è il secondo motivo di ricorso, col quale il contribuente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., nonché l’omessa e insufficiente motivazione circa il fatto della condotta di contestazione da parte sua del quantum accertato, erroneamente rappresentata in narrativa.

Il motivo, che presenta profili d’inammissibilità, perchè al cospetto di un error in procedendo evoca il n. 3 e non il 4 del 1° co. dell’art. 360 c.p.c. e deduce contestualmente anche il vizio di motivazione, che contemporaneamente lamenta come omessa ed insufficiente, è comunque infondato. Ciò in quanto, con riguardo alla pretesa nullità, che assorbe il profilo del vizio di motivazione, pur sempre calibrato sull’art. 132 c.p.c., questa Corte ha già stabilito che anche la mancata esposizione in sentenza dello svolgimento del processo e dei fatti rilevanti della causa ne determina la nullità soltanto allorquando renda impossibile l’individuazione del thema decidendum e delle ragioni che stanno a fondamento del dispositivo (Cass. n. 24610/08). Il che non si è verificato nel caso in esame, in cui il giudice d’appello ha correttamente individuato il thema decidendum, dato dalla legittimità al ricorso all’accertamento induttivo e dalla condivisibilità del suo risultato, specificandone le ragioni, consistenti nell’omessa presentazione della dichiarazione e nell’omessa contestazione nel merito del quantum.

4. - Il terzo motivo, col quale il contribuente si duole del vizio di motivazione della sentenza, là dove il giudice d’appello non ha considerato che sin dall’inizio egli ha lamentato l’erroneità della determinazione del reddito, è inammissibile. Ciò in quanto lo stesso ricorrente specifica che, pur avendo egli proposto la questione in primo grado, non si è costituito in appello (circostanza, questa, evincibile anche dalla sentenza impugnata). Il che comporta l’applicabilità del principio reiteratamente ribadito da questa Corte, secondo cui la norma -stabilita dall’art. 346 c.p.c. e riprodotta, per il giudizio di appello davanti alla commissione tributaria regionale, dall’art. 56 del d.lgs. n. 546/92- per cui le domande e le eccezioni dell’appellato non accolte dalla sentenza di primo grado e non espressamente riproposte in appello si intendono rinunciate, si applica anche quando il contribuente non si sia costituito nel giudizio di appello (Cass. n. 9217/07; n. 25313/10; n. 20062/14)).

5. - Il ricorso va in conseguenza respinto e le spese seguono la soccombenza.

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibili il primo ed il terzo motivo di ricorso, rigetta il secondo e condanna il contribuente a pagare le spese nei confronti della parte costituita, che liquida in euro 5.500,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.