Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 02 febbraio 2018, n. 2564

Tributi - Imposta di registro ed Invim - Donazione di immobile - Atto di rettifica di valore dell’immobile - Rettifica mediante comparazione di trasferimenti di immobili similari degli ultimi tre anni - Mancata indicazione degli atti di comparazione presi a riferimento - Difetto di motivazione dell’atto di rettifica - Nullità

 

Fatti rilevanti e ragioni della decisione

 

1. F.I.A.C. propone due motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 3850/10 del 22 giugno 2010, con la quale la Commissione Tributaria Centrale - sezione di Roma, in riforma della decisione di secondo grado, ha ritenuto legittimo l'avviso di accertamento notificatogli dall'ufficio del registro atti pubblici di Roma per maggiore imposta di registro ed Invim in relazione all'atto 18 gennaio 1982; atto con il quale egli aveva ricevuto in donazione dalla zia G.C. un appartamento in Firenze, del valore dichiarato di 24 milioni di lire, rettificato dall'ufficio in 80 milioni di lire.

La Commissione Centrale, preso atto che tale valore era stato rideterminato dalla Commissione Tributaria di primo grado in 60 milioni di lire, ha rilevato che: - in relazione al motivo di appello concernente la motivazione dell'avviso di accertamento (a differenza di quanto statuito dalla Commissione Tributaria di secondo grado, che tale avviso aveva annullato per difetto di motivazione), dovevano ritenersi sussistenti i requisiti minimi di legge, atteso che esso faceva richiamo al criterio astratto utilizzato dall'ufficio, con riguardo agli atti di trasferimento di immobili similari anteriori di non oltre tre anni; - la statuizione di primo grado sulla determinazione del valore venale del bene non era stata fatta oggetto di appello da parte del contribuente, con conseguente suo passaggio in giudicato.

Resiste con controricorso l'Agenzia delle Entrate.

Il C. ha depositato memoria.

2.1 Con il primo motivo di ricorso il C. lamenta - ex art. 360, 1^ co. nn. 3 e 5 cod.proc.civ. - violazione o falsa applicazione dell'articolo 324 cod.proc.civ., nonché insufficiente e contraddittoria motivazione. Per avere la Commissione Tributaria Centrale erroneamente affermato l'avvenuta formazione del giudicato, per mancata proposizione di appello, sulla decisione di primo grado relativa al merito dell'imposizione (valore di 60 milioni di lire); nonostante che esso contribuente avesse, nell'atto di appello, formulato espressa domanda subordinata volta a "ritenere assolutamente e totalmente infondato anche il valore di lire 60 milioni, definito dalla commissione di primo grado, con ogni conseguenza di legge".

Con il secondo motivo di ricorso il C. deduce - ex art. 360, 1° co. n. 3 cod.proc.civ. - violazione e falsa applicazione degli articoli 48 e 49 d.P.R. 634/72 (disciplina dell'imposta di registro vigente ratione temporis). Per avere la Commissione Tributaria Centrale ritenuto congruamente motivato l'avviso di accertamento in oggetto, nonostante che esso non indicasse "I dati tenuti in considerazione" ai fini della determinazione del maggior valore; né considerasse che si trattava di immobile "locato dal 1937 e che necessitava di importanti interventi anche strutturali". Inoltre, da esso non era dato conoscere quali fossero stati "gli elementi presi a confronto per accertare il valore".

2.2 Questo secondo motivo è fondato, con assorbimento del primo.

La Commissione Tributaria Centrale ha esaminato la questione della motivazione dell'avviso di accertamento in oggetto, argomentando il proprio convincimento di idoneità e sufficienza di tale motivazione. E ciò essa ha fatto nella stretta applicazione del disposto dell'articolo 49 d.P.R. 634/72 previg., secondo cui l'avviso di rettifica doveva contenere l'indicazione, da un lato, del valore attribuito a ciascuno dei beni o diritti descritti in atto; e, dall'altro, del criterio seguito dall'ufficio per la determinazione di tale valore. Nella concretezza della fattispecie, in particolare, ha ritenuto la commissione tributaria centrale che l'avviso di accertamento in questione rispondesse ai requisiti minimi di legge, proprio perché contenente l'indicazione di entrambi tali parametri; così come desumibili sia dalla specificazione del maggior valore accertato, sia dalla circostanza che tale maggior valore fosse stato desunto dalla comparazione con atti stipulati nel triennio e concernenti beni similari.

La conclusione alla quale è così pervenuta la commissione tributaria centrale si è tuttavia posta in contrasto con l'orientamento di legittimità in materia; estensibile - nella sua portata generale volta a tutelare, da un lato, la correttezza e trasparenza dell'azione amministrativa e, dall'altro, la posizione sostanziale di difesa del contribuente - anche agli accertamenti per imposta di registro ed Invim antecedenti all'entrata in vigore sia dell'art. 7 L. 212/00, sia dell'attuale TUR di cui al d.p.r. 131/86.

L'avviso di accertamento in questione, testualmente riportato nel ricorso per cassazione (pag.10), ha così motivato la rettifica: "Riguardo alla natura, consistenza ed ubicazione dei beni. In particolare, i valori sono stati determinati in relazione al criterio n. 1". Il "criterio n. 1" è stato poi così esplicitato: "riguardo ai trasferimenti a qualsiasi titolo, alle divisioni ed alle perizie giudiziarie, anteriori di non oltre tre anni dalla data dell'atto o a quella di cui se ne produce l'effetto traslativo o costitutivo, che hanno avuto per oggetto gli stessi immobili o altri di caratteristiche e condizioni similari".

L'avviso in esame, in definitiva, non solo non allegava gli atti di comparazione presi a riferimento, né ne riportava il contenuto essenziale a sostegno della pretesa impositiva; ma nemmeno li indicava nei loro estremi di registrazione e pubblicazione. In maniera tale da porre il contribuente in condizione quantomeno di accedere ad essi, e controllarne la reale idoneità comparativa; con riguardo, in particolare, al dato fondamentale costituito dalla effettiva rispondenza delle caratteristiche degli immobili assunti a comparazione con quelle dell'immobile oggetto di rettifica.

La motivazione adottata, in sostanza, si è risolta nella mera riproduzione di formule astratte o ‘di stile’; così da risultare del tutto scollegata dalla specificità del caso, e potenzialmente idonea ad essere riferita a qualsivoglia altro accertamento di maggior valore immobiliare.

La sola indicazione del 'criterio astratto' utilizzato dall'amministrazione finanziaria (criterio comparativo, così come previsto per legge) non poteva dunque dare conto (sebbene in forma sintetica ed essenziale) dei necessari parametri di comparazione concretamente adottati; il che appariva tanto più necessario in una situazione nella quale l'immobile oggetto di rettifica di valore presentava caratteristiche estimative del tutto peculiari, e di almeno problematica comparabilità (quali il risalente stato di occupazione, ovvero la presenza di lesioni strutturali da alluvione).

Va quindi considerato che la mancata indicazione degli estremi di identificazione ed accesso degli atti presi a riferimento e comparazione ha precluso al contribuente la possibilità di formulare specifici motivi di opposizione all'avviso di accertamento; tanto da poter formulare, nella pienezza dei propri diritti difensivi, una contestazione non solo completa e mirata sui reali presupposti dell'imposizione, ma anche tempestiva, perché interamente ed esaurientemente contenuta - come richiesto dal rito - nel ricorso introduttivo del contenzioso.

Si è in materia affermato (tra le altre, Cass. ord. 21066/17) che: "In tema di imposta di registro, l'avviso di rettifica e di liquidazione della maggiore imposta, riguardante atti che hanno ad oggetto beni immobili, adottato a seguito di comparazione con beni simili, deve ritenersi adeguatamente motivato, ove contenga la riproduzione del contenuto essenziale dell'atto utilizzato per la comparazione, e cioè delle parti utili a far comprendere il parametro utilizzato per la rettifica, essendo anche in questo modo adempiuto l'obbligo di allegare all'avviso l'atto utilizzato per la comparazione"; e che (Cass. ord. 9032/13): "l'obbligo di motivazione degli atti tributari può essere adempiuto anche 'per relationem', ovverosia mediante il riferimento ad elementi di fatto risultanti da altri atti o documenti, che siano collegati all'atto notificato, quando lo stesso ne riproduca il contenuto essenziale, cioè l'insieme di quelle parti (oggetto, contenuto e destinatari) dell'atto o del documento necessarie e sufficienti per sostenere il contenuto del provvedimento adottato, la cui indicazione consente al contribuente - ed al giudice in sede di eventuale sindacato giurisdizionale - di individuare i luoghi specifici dell'atto richiamato nei quali risiedono le parti del discorso che formano gli elementi della motivazione del provvedimento".

Nel caso in questione, l'avviso di accertamento è rimasto ben lontano da questo livello minimo - cioè necessario e sufficiente - di motivazione.

Né la commissione tributaria centrale si è fatta carico (a differenza della commissione di secondo grado) della circostanza fondamentale che gli atti assunti a comparazione dall'amministrazione finanziaria (unico criterio di rettifica dichiaratamente adottato) non erano in alcun modo altrimenti conosciuti né conoscibili dal contribuente; sicché la motivazione adottata finiva con l'esaurirsi nella letterale e pedissequa riproduzione del dettato legislativo di riferimento.

In accoglimento del motivo di ricorso in esame, la sentenza della commissione tributaria centrale va dunque cassata.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, si ravvisano i presupposti per la decisione nel merito, ex articolo 384 cpc; mediante accoglimento del ricorso introduttivo del contribuente ed annullamento dell'avviso di accertamento opposto.

La caducazione integrale di tale avviso - per il difetto di elemento essenziale - non può non superare la questione (fatta oggetto della prima censura di legittimità) concernente la quantificazione del valore venale dell'immobile, così come determinata dal giudice di primo grado.

 

P.Q.M.

 

- accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbito il primo;

- cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo del contribuente mediante annullamento dell'avviso di accertamento opposto;

pone le spese del presente giudizio di legittimità a carico dell'Agenzia delle Entrate, liquidandole in euro 2.300,00, oltre rimborso forfettario ed accessori di legge.